MotoGP: Biaggi, Cadalora, Gibernau, è l’ora dei "consiglieri". Carta vincente o bluff?

Torna in MotoGP l'era dei "consiglieri". Max Biaggi, Luca Cadalora, Sete Gibernau al fianco di Lorenzo, Rossi e Pedrosa. Saranno davvero utili ai piloti?

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 9 mar 2016
MotoGP: Biaggi, Cadalora, Gibernau, è l’ora dei

La MotoGP iper tecnologica invasa da elettronica e sensori torna all’antico con il ritorno in campo di persone in carne e ossa in veste di “consulenti” in pista di grandi piloti. Abbiamo già trattato la questione con la comparsa di Luca Cadalora nel box Yamaha di Valentino Rossi negli ultimi due test della MotoGP e con il possibile arrivo di Max Biaggi nel box accanto, quello di Jorge Lorenzo. Sia il modenese che il romano, entrambi pluri iridati di alto profilo tecnico e umano, non hanno bisogno di presentazione e hanno tutte le carte in regola per svolgere un ruolo importante quanto delicato e difficile.

[img src=”https://media.motoblog.it/a/a4b/test-motogp-australia-day-2b-14.jpg” alt=”PHILLIP ISLAND, AUSTRALIA – FEBRUARY 18: Luca Cadolora (R) of Italy (working this year with Valentino Rossi of Italy and Movistar Yamaha MotoGP) looks on in box during the 2016 MotoGP Test Day at Phillip Island Grand Prix Circuit on February 18, 2016 in Phillip Island, Australia. (Photo by Mirco Lazzari gp/Getty Images)” align=”left” size=”large” id=”761319″]

Idem per altri personaggi ex piloti di rango già impegnati nel box a supporto di campioni di prima linea, come ad esempio Sete Gibernau a fianco di Dani Pedrosa ecc. Qui non si sta parlando di “amici” di questo o quel pilota con il compito di pulire la visiera del casco o di tener alto il morale del proprio beniamino quando la ruota gira storto, un ruolo da sempre presente nel motociclismo e che negli ultimi anni ha toccato le vette con l’inossidabile binomio Valentino-Uccio. Stavolta l’amicizia conta poco o nulla e il rapporto è squisitamente professionale basato sulla stima reciproca. Il campione ritiene che l’ausilio di un “occhio” e di un “orecchio” esperti possa contribuire a … fare la differenza.

Quanti errori Rossi, Lorenzo, Marquez avrebbero potuto evitare con il “consiglio” di personaggi di tale levatura in grado di dire “la verità” senza condizionamenti di nessun tipo? Già. Nel box dei “big” (ma vale per tutti) l’amico personale è solitamente un … fan “esaltato” incapace di individuare i limiti del proprio pupillo e portato a vedere negli avversari solo le debolezze e gli errori, disconoscendone i meriti. Idem, o peggio, quando l’amico è sostituito dai genitori… Ma anche i team manager e gli uomini del box non si permettono di … “alzare la voce” con i loro campioni perché il palmares pesa anche dentro il box e incute a tutti un certo timore reverenziale. Oggi, poi, grazie alla telemetria, non è facile raccontar balle, l’uno agli altri e viceversa anche se la telemetria registra l’accaduto, non lo anticipa.

Qui sta forse lo spazio per il ruolo del famoso e citato “consulente” alla Luca Cadalora e alla Max Biaggi: personaggi di grande autorevolezza capaci di anticipare ciò che può avvenire, impegnati anche lungo il circuito a verificare traiettorie e debolezze del pilota, capaci di intervenire nello sviluppo delicatissimo di gomme ed elettronica, abilitati a dire quel che pensano senza peli sulla lingua. Insomma, c’è gran differenza fra ruolo e ruolo e negli ultimi anni di fatto prevalgono nel Team due tipologie: il responsabile “tecnico” cui è demandata la decisione finale (d’accordo col pilota) delle problematiche prima dell’ingresso in pista sostanzialmente relative al set up della moto; il team manager, oggi sempre più ruolo di “immagine” esponente di raccordo fra il Team (la Casa) e gli sponsor.

Ovviamente tante altre persone sono importanti per il risultato finale ma ognuno ha una precisa competenza e un preciso impegno da assolvere non potendo andare oltre perché invaderebbe il territorio altrui con l’inceppamento dell’intero meccanismo. Ecco il punto. Il ruolo del “consulente” è delicato e alquanto inconsueto: come renderlo funzionale e produttivo senza interferire negli “ingranaggi” del Team, evitando le solite incomprensioni dettate da egoismi e gelosie che solitamente portano al flop? Questo è il punto vero, questa è la sfida. A meno che sia l’ultima carta di un gioco psicologico per innervosire – con il consulente vicino – l’avversario di turno.

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