Kawasaki Z900: rinascita con sovralimentazione?
Qualcosa bolle in pentola ad Akashi , e tutto sembra far pensare alla rinascita di un vero e proprio mito di casa Kawasaki: la Z900. Con tanto di sovralimentazione
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Non è più un mistero per nessuno che in casa Kawasaki guardino con grande interesse ai motori sovralimentati: la poderosa H2 con il suo quattro cilindri anabolizzato con un compressore centrifugo sembra aver tracciato una strada che vede sempre più presente nei piani di Akashi l’utilizzo della sovralimentazione nei modelli che verranno, in luogo dei più tradizionali propulsori aspirati. E non è nemmeno un mistero che in Kawa stiano affilando gli artigli per gettarsi nella mischia in un segmento che vede il listino delle verdone ancora troppo sguarnito rispetto ai concorrenti: quello delle naked modern-retrò.
L’entusiasmo che il pubblico sta dimostrando per questo genere di motociclette, vintage nell’aspetto ma ultramoderne nella sostanza, non può lasciare indifferente una casa come Kawasaki, che possiede per altro un background storico ideale per conquistare il cuore degli appassionati in questa fetta di mercato: il nome Z900, recentemente registrato dal marchio giapponese, risveglia ancora i bollenti spiriti dei motociclisti a cui è spuntato qualche capello bianco, e non solo.
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Retrò… ma “da sparo”
E come riportato da MCN, è proprio la coincidenza di queste due tendenze -l’interesse delle Case per la sovralimentazione e l’inedita moda delle retrò sportiveggianti- che porta a pensare che uno dei prossimi passi di Kawasaki sia proprio quello di lanciare sul mercato una riedizione della mitica Z900 dotata di compressore, o come dicono oltremanica, supercharghed.
I bozzetti presentati nel 2015, la SC-02 Soul Charger e la SC-01 Spirit Charger vanno proprio in questa direzione: è proprio la SC-01, dotata di un quattro cilindri con compressore centrifugo, che sembra preannunciare le linee guida di quella che sarà la nuova Z900, differenziandosi dalla SC-02 che potrebbe invece raccogliere l’eredità delle mitiche 500 Mach III con un tricilindrico supercharged di media cilindrata.
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Turbo? Compressore meccanico? Un po’ di chiarezza
Troppo spesso, anche tra chi fa informazione, si fa un po’ di confusione parlando di sovralimentazione. Inanzitutto, bisogna fare una distinzione tra i “normali” motori aspirati (che lavorano quindi tendenzialmente a pressione atmosferica, delegando alla semplice differenza di pressione creata dai pistoni in discesa l’aspirazione dell’aria) e i motori dotati di qualche tipo di sovralimentazione.
Questi ultimi, infatti, sono caratterizzati dalla presenza di compressori che, azionati in vari modi, permettono di incrementare notevolmente l’apporto di aria in camera combustione, e di conseguenza aumentare in maniera consistente le prestazioni. A sua volta, la sovralimentazione può essere delegata a un turbocompressore (mosso cioè dagli stessi gas di scarico in uscita) o a un compressore meccanico, come ad esempio un compressore volumetrico.
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Nel caso del sistema Kawasaki (denominato Balanced Supercharger Engine Technology) siamo di fronte a un compressore centrifugo azionato meccanicamente dallo stesso motore tramite una cascata di ingranaggi, ben diverso quindi da un tradizionale turbocompressore. Il vantaggio di un compressore meccanico sta nel fatto che, non dipendendo dal flusso dei gas di scarico che investono la turbina, conferisce al motore un’erogazione piena e corposa fin dai bassi regimi, senza il fastidioso ritardo di risposta tipico dei propulsori turbocompressi.
In questo modo, il sistema adottato da Kawasaki permetterà al contempo di ridurre i consumi e aumentare le prestazioni, senza rinunciare a un’erogazione vigorosa e a una curva di coppia da… strappare le braccia!
Una novità? Assolutamente no!
Quello alla sovralimentazione è un approccio che per molti potrà risultare innovativo, ed effettivamente lo è. Tuttavia, l’adozione di tali sistemi non è certamente una novità assoluta in campo motociclistico: negli anni ’20-’30, prima della Seconda Guerra Mondiale, nelle competizioni vi fu un uso massiccio dei compressori volumetrici (molto utilizzati all’epoca anche sui motori aeronautici), prima che i regolamenti ne decretassero la fine.
Negli anni ’80 invece, in seguito al vero e proprio boom dei motori turbocompressi conseguente all’adozione di tali propulsori in Formula 1, tutte le case giapponesi si avventurarono nella sperimentazione di tale schema tecnico anche in campo motociclistico; la stessa Kawasaki presentò la GPZ750 Turbo per non rimanere indietro rispetto alle altre case nipponiche. Sfortunatamente, i tempi non erano forse ancora maturi e le moto turbocompresse soffrivano di problemi che le fecero diventare poco più di un esperimento. Ma ora la musica è cambiata…
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