Moto3: Binder, chi lo prende più? Sei italiani nella top ten. Sky VR46 Team “in mano” a Bulega

Da Silverstone a Misano con i "giovani leoni" italiani attesi a occupare i primi tre gradini del podio

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 6 set 2016
Moto3: Binder, chi lo prende più? Sei italiani nella top ten. Sky VR46 Team “in mano” a Bulega

Per analizzare la Moto3 iridata dopo Silverstone e prima di Misano meglio far parlare i numeri. Per numeri intendiamo innanzi tutto la classifica generale del campionato che dopo dodici gare disputate e ancora sei da effettuare vede Brad Binder (Ktm) con il titolo praticamente in tasca mentre è apertissima la lotta per il secondo e terzo posto.

Ricapitoliamo: 1° Binder (Ktm 204 punti); 2° Navarro (Honda 118); 3° Bagnaia (Mahindra) 110; 4° Bastianini (Honda) 103; 5° Bulega (Ktm) 100; 6° Fenati (Ktm) 93 già out da tre gare per le arcinote brutte vicende; 7° Di Giannantonio (Honda) 92; 8° Mir (Ktm) 90; 9° Antonelli Honda 74 (squalificato a Silverstone perché moto-pilota in sotto peso di 1 kg!); 10° Kornfeil (Honda) 69; 11° Locatelli (Ktm) 55; 12° Pawi (Honda) 54; 13° Bendsneyder (Ktm) 52; 14° Quartararo (Ktm) 52; 15° Danilo (Honda) 49.

Sei italiani nei primi dieci: non male davvero, ma oramai fuori dai giochi per quel titolo iridato prenotato dai “giovani leoni” anzi tempo anche con eccessiva baldanza che invece va a Binder, che non annuncia vittorie ma poi vince. La rottura fra lo Sky VR46 Team e Fenati, l’italiano più “esperto” della classe cadetta, ha tolto allo squadrone Made in Italy la punta di diamante mettendo a nudo una situazione già nota: per vincere non bastano un ottimo pilota e il prestigio e la forza (economica e strutturale) del Team se è inadeguata la capacità di direzione e di sintesi. In questo senso l’affaire Fenati è una sconfitta per tutti ma – visto l’epilogo – non pare serva da lezione a nessuno.

Al momento, anche altri italiani già rodati nel mondiale (Bastianini, Antonelli, Locatelli ecc.), pur con significative prestazioni, hanno mancato l’obiettivo principale: il titolo. Le vere note lieti vengono dai rookie “veri” quali Nicolò Bulega (con il gap di conoscere le piste mondiali solo in cartolina, con poche eccezioni) e Fabio Di Giannantonio (che invece ha già corso in molti circuiti del mondiale grazie alla Red Bull Rookies Cup), nonché dal superbo 19enne Francesco Bagnaia (il salvatore della Mahindra) e ora da Stefano Manzi, classe ’99 come Bulega, magistrale a Silvemstone.

Nei primi quindici posti sette Ktm, sette Honda, una Mahindra. Vista così non è facile dimostrare una netta superiorità delle moto austriache anche perché, lo ripetiamo, per vincere una gara e soprattutto per vincere un campionato del Mondo la velocità di punta e la potenza del motore sono importanti ma non decisive. In Moto3, anche per i regolamenti molto restrittivi, le moto di punta sostanzialmente si equivalgono, come dimostrano anche i tempi in qualifica e i tempi sul giro effettuati in corsa. Un esempio? La gara di Silverstone vinta da Binder. Ma il giro veloce l’ha fatto Nicolò Bulega (2’15.336) seguito da Mir (2’15.370), da Di Giannantonio (2’15.377), da Navarro (2’15.397), da Migno (2’15.404), da Antonelli (2’15.456), da Canet (2’15.462), da Martin (2’15.487), da Manzi (2’15.500), da Guevara decimo (2’15.586), dal vincitore Binder, undicesimo tempo, (2’15.596). Solo 20° Dalla Porta (2’16.189), un abisso dal suo compagno di squadra Bulega, addirittura dietro alla Peugeot di McPhee 17° tempo (2’15.938).

Le velocità di punta? Binder solo terzo (228,6 Kmh) dietro a Rodrigo (Ktm 229,2) e a Ono (Honda 228,7) e davanti a Migno (Ktm 228,5), Bulega (Ktm 228,0), Norrodin (Honda 227,5), Dalla Porta (Ktm 227,0), Bendsneyder (Ktm) 226,7), Di Giannantonio (Honda 226,7), Guevara (Ktm 226,7), Antonelli (Honda 226,6) ecc. con Manzi 23° (Mahindra 224,1) dopo (MCPhee (Peugeot 224,6), Bagnaia 30° (Mahindra 222,8) davanti a Locatelli (Ktm 222,8) e a Quartararo (Ktm 222,8) e gli ultimi due Valtulini (Mahindra 222,0) e Petrarca (Mahindra 219,3). Fra il primo e l’ultimo ci sono ben 10 Km di differenza ma fra il 15° e il primo ci sono solo 3 chilometri. Su un tracciato come Silverstone le scie annullano di fatto la differenza velocistica formando i trenini che abbiamo visto con i sorpassi sul dritto dovuti più al lancio da scie che a sostanziali differenze di potenza dei motori.

Allora? Non vogliamo dire che le moto sono tutte uguali. Idem per i piloti. Ma ricordiamo che la Moto3 (con ciclistiche differenti fra Ktm, Honda, Mahindra) monta propulsori diversi sul piano progettuale, monocilindrici 4 tempi bialbero raffinatissimi ma con limitatore di giri e con vari obblighi regolamentari imposti per “appiattire” le differenze nella logica della gara combattuta, per lo show, pro tv, alias pro audience, cioè pro business. Chi fa, allora, la differenza? La fa il mix: binomio pilota-moto più equilibrato (e più forte) o, diciamola tutta, la fa il trinomio migliore: pilota-moto- team con il valore aggiunta sempre utilissimo che inizia per “c”. Ecco perché il capoclassifica è Binder (quattro vittorie e numerosi podi), pilota di sostanza, esperto e veloce che sbaglia poco anche in bagarre, su una Ktm iper evoluzione (solo quella di Fenati era presso che uguale), un team che raramente sbaglia tattiche, strategie e soprattutto assetti, anche sul bagnato. Ovvio che in condizioni anomale (per meteo ecc.) il risultato può diventare un terno al lotto, con giornate di gloria anche per gli outsider. Ma di solito i migliori stanno davanti e non dietro e il Campionato, alla fine, lo suggella. Le eccezioni confermano la regola.

Il talento conta o no? Eccome! Altrimenti come potrebbero essere protagonisti al vertice due rookie come il 16enne Nicolò Bulega e il 17enne Fabio Di Giannantonio, spesso in lotta per il podio, con pole e giri veloci, tutt’ora validissimi candidati per la seconda e terza piazza in Campionato, mettendosi dietro piloti “seniores” ben più rodati ed esperti? La Moto3 non fa selezione?

Negli anni ’60 il “rookie” Giacomo Agostini fece il suo primo mondiale a 23 anni sul bestione MV Agusta 500 4 cilindri da 170 kg con compagno di squadra Mike Hailwood, già mitico pluri iridato. Circuiti infidi e super veloci dove un errore costava caro. Sulle moto non c’era elettronica, gomme Dunlop uguale per tutti e le stesse in ogni condizione: contava solo la manetta e il pelo sullo stomaco. Ma la selezione era ben altro da oggi con il terzo arrivato doppiato e gli altri a due e più giri di distacco.

Chi ha visto la Moto3 di Silverstone con un serpentone di 20 piloti in un fazzoletto di pochi centesimi e tutti in grado di vincere come può solo pensare di “criticare” piloti come Manzi, Bagnaia ecc. e – restando sui rookies – ragazzini di gran manico e di gran temperamento come Bulega e Di Giannantonio, a un filo dal podio, a 8 decimi dalla vittoria, candidati al podio iridato 2016? Due storie diverse ma alla fin fine anche convergenti: Fabio si trova in un “signor” Team (quello di Fausto Gresini) con un tostissimo compagno di squadra (Bastianini) con i gradi di capitano che però vede arrivarsi addosso l’ombra del romano, autore anche l’altro ieri di una prova superba, cui è mancata (solo) la ciliegina finale.

Nicolò, messo all’inizio nello strapuntino nella corazzata dello Sky VR46 già forte di due “certezze” quali Fenati e Migno si trova oggi in una posizione invidiabile quanto difficile da gestire anche sul piano della pressione psicologica. Non è vero che Bulega ha perso smalto rispetto alle sferzate e agli exploit di inizio stagione. E’ mutata la situazione interna al team (con l’allontanamento di Fenati sostituito dal 19enne dominatore del Cev 2016 Lorenzo Dalla Porta) ed è mutato il quadro del Campionato. Prima Nicolò non aveva nulla da perdere e l’obiettivo era quello – oltre fare esperienza – di farsi largo entrando di forza nella top ten. Adesso Bulega corre con una diversa strategia, sempre in bagarre e sempre velocissimo (vedi anche il giro veloce a Silverstone), ma consapevole di un ruolo diverso nel Team e quindi a difesa di una classifica che, tornando su circuiti “amici”, può riservare davvero sorprese positive, con nuovi exploit impensabili ad inizio stagione.

In questo senso Nicolò non va criticato perché non fa la pole o manca il podio, dimenticando che è sempre lì in bagarre con i primi, concreto, con un solo zero e solo una volta fuori zona punti, su 12 gare. Va invece apprezzato il livello di maturità raggiunto in così poco tempo, in gare molto difficili, con avversari ben più esperti, su circuiti infidi e mai visti prima. Nicolò resta pilota da baionetta ma non è un kamikaze. Detto in altre parole e senza girarci attorno, oggi il Team SkyVR46 deve affidarsi a Bulega se vuole salvare la stagione e anche la … faccia. Andrea Migno, cui va il plauso per il gran gesto di Silverstone aiutando Navarro a terra, è 20° in classifica con 41 punti, 59 meno di Nicolò. La carta Lorenzo Dalla Porta, giocata in tutta fretta e forse con eccessiva enfasi, è tutta da verificare, specie dopo il debutto di Silverstone, in chiaro scuro, con un 18° posto finale, dovuto a un problema alla spalla che, si spera, non si riproponga in questo we a Misano.

Insomma, Valentino può solo dire: Nicolò salvaci tu!

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