MotoGP: i 158 mila di Misano sono un valore di tutto il motociclismo. Violenti, nessuna indulgenza!
Dire "no" alla violenza verbale prima che si trasformi in violenza fisica. Anche Rossi deve scendere... in campo
Subito dopo la gara della MotoGP di Misano, Valentino Rossi è salito sul podio, legittimamente, di diritto, fra il boato degli applausi perché secondo classificato e non come lo scorso anno, giunto solo quinto, perché acclamato e quasi imposto dalla folla sottostante.
In entrambe le occasioni, agli osanna per il Dottore sono seguiti fischi e litanie negative contro i suoi principali avversari (spagnoli). La sostanza non cambia: nel 2015 toccò al vincitore Marc Marquez subire la selva di fischi durante la premiazione e nel 2014 gli andò ancor peggio, con una caduta salutata con applausi di scherno con contorno del solito refrain: “scemooo! Scemoo!”.
Domenica scorsa fischi, mugugni, boooooh e oleeeee sarcastici sono andati al terzo classificato Jorge Lorenzo e hanno accompagnato l’inno spagnolo.
[img src=”https://media.motoblog.it/3/336/misano-2016.jpg” alt=”during MotoGP of San Marino race at Misano World Circuit on September 11, 2016 in Misano Adriatico, Italy.” align=”left” size=”large” id=”805727″]
Non si tratta di ragazzate, di sottile ironia ma quasi sempre di atti premeditati, di intemperanza, di maleducazione e di provocazione – con insulti di vario tipo – sugli spalti lungo il circuito prima durante e dopo le gare a danno di chi ha avuto l’ardire di cantare fuori dal coro e non mettersi l’abbigliamento… d’ordinanza, color giallo. Non solo. Sono volate anche imprecazioni e bestemmie nei confronti di Marquez e di Lorenzo rei di… non cadere e non farsi male o peggio.
Il tutto oscurato dai media, in primis dalla tv, e con i sorrisini (compiacenti?) di chi ha in mano tutto l’ambaradan. Niente di nuovo sotto il sole: si tratta di “minoranze” esagitate ma ciò non toglie che restano atti gravi, ingiustificati, inaccettabili e deplorevoli da isolare e condannare senza alcuna giustificazione, che si commentano da soli, ma che oggi avvengono purtroppo ovunque, anche fuori dai circuiti e fuori dallo sport, in una società dove la maleducazione, l’arroganza, l’offesa e la violenza verbale che spesso anticipano la violenza fisica, sono sempre più presenti.
[img src=”https://media.motoblog.it/a/a74/rossi-motogp-misano-2016-001.jpg” alt=”rossi-motogp-misano-2016-001.jpg” align=”left” size=”large” id=”805756″]
Qui siamo. Ma trattasi pur sempre – ripetiamo – di una minoranza che non può intaccare e oscurare la maggioranza, quei 100 mila presenti domenica sugli spalti del “Marco Simoncelli” che rappresentano la parte sana del motociclismo e dello sport e meritano il rispetto di tutti al di là del colore del cappellino in testa o della T-shirt che indossano.
Chi è lì in tribuna o sui terrapieni, per ore sotto il sole che picchia o sulla terra bagnata, dopo aver fatto centinaia di chilometri per lo più in moto e pagando fior di quattrini di tasca propria, è l’espressione di un rito che viene da lontano, la testimonianza concreta di una forte passione per il proprio idolo che diventa il vessillifero del nostro sport. I 100 mila non sono proprietà privata di non si sa chi, sono un valore del motociclismo tutto e senza questa presenza reale, non virtuale, le corse sarebbero altra cosa, non certo migliore. Non sono pochi ad essere convinti del contrario, certi che dopo l’era Rossi i circuiti saranno liberati dalla presenza dei “barbari”, torneranno terreno esclusivo dei “veri” appassionati, nella logica dei “pochi ma buoni”. Semplicemente un abbaglio. Chi distribuisce patenti sul livello della passione e della qualità di chi assiste a una corsa? Vale sempre il monito: “C’è sempre un puro più puro che ti epura”.
Da sempre, la “massa” si muove perché sente l’evento e dentro l’evento ognuno si identifica con un “suo” campione: è spinto a essere lì a bordo pista per dire poi: “io c’ero”. E’ così dai tempi di Nuvolari ed è così oggi, con Valentino Rossi, in una epoca dove la comunicazione è globale, fuori dal tempo e dallo spazio. Sarà così anche domani. Cambiano vincitori e vinti ma il pubblico reale resta protagonista, di fatto il vincitore vero.
L’abbiamo già scritto su Motoblog: “C’è poi, sempre, l’altra faccia della medaglia dove i coriferi di turno strumentalizzano il tifo, soffiano sul fuoco della polemica alimentando il fiorire di clan e di fan esasperati che nulla hanno a che fare con la passione, con lo sport, con lo stesso campione/totem. Questa faccia della medaglia è quella dell’esultanza quando l’avversario (trasformato in nemico) dell’idolo dei clan cade o rompe il motore, per non dire dei fischi, sfottò e così via”.
Un anno fa ci piovvero addosso molte critiche perché su Motoblog considerammo giusta la presenza sul podio di Valentino a Misano, pur solo quinto al traguardo. Nel 1966, il trionfatore del TT inglese Mike Hailwood volle con sé sul podio Giacomo Agostini tradito dalla catena della sua MV Agusta 500. Idem fece poi Agostini a Monza con Mike, ko per la rottura del cambio della sua Honda. E la folla all’epoca apprezzò e i pochi fischi furono sepolti dagli applausi. Giornali e tv indicarono i campioni del motociclismo come esempi da imitare. Per decenni, quando un pilota finiva a terra con botte micidiali contro balle di paglia e guard-rail il pubblico tratteneva il respiro e poi, se e quando il malcapitato tornava in piedi a salutare, veniva sommerso dagli appalusi (liberatori) di incoraggiamento e di stima di tutti i presenti, nessuno escluso. Nel giro d’onore, dopo la gara, tutti i presenti applaudivano ogni pilota, dal primo all’ultimo. I media non facevano favoritismi nei confronti di nessuno e tanto meno i commentatori tv si trasformavano in portavoce di questo o quel pilota o del fan club. Perché oggi non è più così?
E’ anche un fatto culturale, di costume più generale che va ben oltre il motociclismo e ben oltre lo sport dove nella società si coltiva la logica dello scontro, della divisione, del … nemico. I media incidono nell’orientamento dei tifosi e una diretta televisiva, utilissima per far conoscere le corse oltre la cerchia dei “motociclisti”, può fare danni ingenti se invece di coltivare la sana passione sportiva soffia sul fuoco dello scontro ponendo l’uno sempre sugli altari e l’altro (o gli altri) sempre nella polvere. Chi fa sarcasmo o esulta per la caduta dell’avversario o fischia l’inno di un’altra nazione non solo è antisportivo, è semplicemente un idiota: in circuito e fuori, nella vita. Le mele marce, anche quando sono molte, non meritano di rovinare la festa dei 100 mila che – è vero – domenica erano a Misano per Rossi, ma non per un “signor” Rossi qualsiasi: calciatore, ciclista, sciatore, tennista ecc., ma per il Rossi “corridore” di moto, campione di motociclismo, oggi emblema del nostro sport. Sarebbero accorsi in 100 mila e pagare un alto costo del biglietto per Rossi impegnato fuori dalla corsa e non in battaglia con quegli avversari – anche dileggiati – ma degni contraltari del loro idolo? Il ciclismo idolatrava Coppi ma aveva bisogna della lotta con Bartali per accendere la passione e portare le folle sulle strade. Qui sta il punto.
Come lo stesso Valentino, come gli organizzatori delle corse, Dorna, FIM e FMI, (in questo caso chi gestisce l’autodromo di Misano e le Istituzioni locali promotrici, gli Enti, le organizzazioni di categoria) come i media e la tv per prima, ognuno per la propria parte, si dissociano forte e chiaro dagli “ultras” che si sentono addirittura “protetti” e comunque nella condizione di dire e fare ciò che vogliono? Non è solo una questione di immagine negativa per il motociclismo. Senza sicurezza nessun genitore porterà sugli spalti di un circuito i propri figli. Anche nel calcio il caos iniziò con la violenza verbale trasformata poi in violenza fisica. Nel motociclismo non si è arrivati allo “scontro” perché, di fatto, c’è solo una tifoseria potente e organizzata, quella “gialla”, padrona del campo. Ciò non legittima quel che è successo a Misano e prima al Mugello ecc. Ogni benevola e irresponsabile indulgenza, specie se ripetuta, rischia di trasformarsi in complicità. Ciò vale, ovvio, anche per tutti gli altri, nessuno escluso e ovunque. Anche questo è un tema che riguarda la gestione del passaggio fra l’era Rossi e la prossima.
Indietro non si torna ma il presente – come si vede anche da questo nodo – non è perfetto e soprattutto non farebbe male a tutto l’ambiente stare più coi piedi per terra, esercitarsi con realismo in un bagno di umiltà. Serve un cambio di passo, una visione “altra” guardando “oltre” questo motociclismo da luna park e da tifo-anti e per coltivare e promuovere con decisione e programmazione nuovi “talenti” veri – non piloti con la valigia tirati su con lo stampino – in un nuovo pascolo (MotoGP ma anche Moto3, Motomondiale ma anche Cev, Civ, Sbk ecc.) per fare in modo che fra due anni i 100 mila di Misano e i milioni di telespettatori non svaniscano come neve al sole. Il grande motociclismo è nato prima dell’avvento di Rossi e proseguirà anche dopo che il fuoriclasse pesarese avrà appeso il casco al chiodo.
A Rossi il motociclismo deve molto per quanto fatto e fa in pista e fuori. Di Rossi il motociclismo avrà bisogno anche dopo. Già incalzano i nuovi “giovani leoni”, anche italiani, molti già di gran livello: sarà la selezione sul campo a far emergere il prossimo fuoriclasse, gran manico in pista e carismatico, la nuova stella capace di chiamare i nuovi 100 mila sugli spalti e tenere avvinti i nuovi milioni di telespettatori davanti alla tv.