MotoGP 2016: Nel mondiale di Michelin, ha vinto Marquez il perfetto
A Motegi la cartina di tornasole di una stagione: Marquez vince, Rossi e Lorenzo sbagliano e scivolano, traditi dall'anteriore. "Mi sono reso conto di cadere solo quando ormai ero già a terra" ha chiosato il Dottore.
MotoGP Giappone 2016 – Accelerazione piena, inserisci una, due, tre marce. Lo sguardo punta al cartello. Quello è il punto di staccata. Frenata, inserimento, poi l’anteriore che molla, chiude. Scivolata in terra e gara finita. Ed il più delle volte, giunge il commento quasi stralunato “non so bene cosa sia accaduto, ho fatto la curva come negli altri passaggi”. A Motegi, Yamaha ha chiuso la sua gara con un doppio zero.
Due scivolate, sia per Jorge Lorenzo che per Valentino Rossi. Non era mai accaduto in sette anni di convinvenza tra lo spagnolo e l’italiano. Eppure, al netto di una giornata storta, è indubbio come l’avvento del costruttore francese abbia portato una certa insicurezza sull’anteriore, rispetto ad uno pneumatico posteriore in grado di offrire un enorme grip. Quell’anteriore, croce e delizia di guida per qualsiasi pilota, che fin dai test preparatori della stagione scorsa, aveva comportato dei problemi di adattamento. Si veniva da quel riferimento granitico che era Bridgestone.
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Una gomma che offriva un grip ai limiti dell’inverosimile seppur in un regime di utilizzo ristrettissimo. Quel grip enorme, al posteriore, aveva mandato in crisi anni di lavoro, consuetudine già da metà della scorsa stagione, tanto che nei primissimi test di Misano, si allungò all’inverosimile il passo della moto, cercando di avere stabilità in appoggio. Era divenuto uno dei crucci dell’anno: “vince chi sbaglia meno” si diceva, e così è accaduto.
Perchè il 2016 è divenuto l’anno della consacrazione di Marc Marquez? Perchè il giovane “scavezzacollo”, colui che si trovava sempre al limite, è stato lo stesso che ha commesso meno errori di tutti, partendo con una base motociclistica che a novembre presentava più di qualche dubbio. Honda non riusciva a lavorare bene con l’elettronica unica. La moto era nervosa in accelerazione, non scaricava bene a terra la potenza.
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Spigolosa, poco precisa quindi in inserimento. E di certo, a fronte di una Yamaha in forma, di una Ducati sempre più competitiva, e di una Suzuki in crescita, le aspettative erano differenti. Eppure, ecco i risultati. Le vittorie, i podi. Non le cadute. Marquez rullo compressore di fronte ad un Rossi che già ad Austin incappa nel primo zero. Scivolata d’anteriore. E da li è stata una continua rincorsa verso un pilota che non sbaglia. A Motegi, Rossi la spiega perfettamente la sua visione: “Non siamo mai stati veramente in lotta per il campionato, ora ci sono tre gare e c’è da lottare per il secondo posto con Lorenzo. Speriamo di fare bene”
Per Lorenzo la stessa storia. Vince a Losail, poi in Argentina, con condizioni particolari, scivolata. Anche lui, di anteriore. Ed entrambi raccontano lo stesso concetto fondamentalmente: la caduta avviene a moto completamente piegata il più delle volte, quando il lavoro della forcella oramai è nullo. Così è accaduto a Lorenzo anche a Motegi, non proprio a Rossi, che racconta però lo stesso principio.
“Mi sono reso conto di cadere solo quando ormai ero già a terra – poi aggiunge ironico – ma è così per tutti i piloti, altrimenti non cadrebbe nessuno”. A ben vedere dal replay, Rossi alla 10 di Motegi è arrivato leggermente lungo e fuori traiettoria.
[img src=”https://media.motoblog.it/6/68e/valentino-rossi-2016-motegi-2.jpg” alt=”Movistar Yamaha MotoGP’s Italian rider Valentino Rossi speaks to his mechanic after the first MotoGP-class free practice during the Japanese Grand Prix at the Twin Ring Motegi circuit in Motegi on October 14, 2016. / AFP / TOSHIFUMI KITAMURA (Photo credit should read TOSHIFUMI KITAMURA/AFP/Getty Images)” size=”large” id=”814436″]
Dalla camera on board di chi lo segue si nota immediatamente la riga nera lasciata sull’asfalto. Probabilmente proprio quello è stato il momento nodale. La Michelin davanti non perdona come la Bridgestone. Non hai quell’appoggio – anche in termini di sensazioni – che ti consente la sicurezza di mollare i freni alla stessa maniera ed entrare. Ecco, proprio questa è stata la chiave. Marc quest’anno non ha sbagliato praticamente mai (ad eccezione di Le Mans) ed ha cercato di capire ogni volta il limite della gomma, andando a cadere “preventivamente” e talvolta “volutamente” in curve lente al venerdi, grazie anche ad una moto la cui ” V” stretta, gli consentiva di non rovinarla troppo.
[quote layout=”big” cite=”Valentino Rossi]Mi sono reso conto di cadere solo quando ormai ero già a terra[/quote]
Misano, come Motegi ne sono stati piccoli ma significativi esempi. Ecco, quel Marquez “esagerato” dello scorso anno è scomparso, sparito, mentre Rossi cadeva ad Austin, ad Assen, veniva anche sommerso dalla sfortuna al Mugello, e Lorenzo naufragava con il brutto tempo, oltre che da una situazione interna al team di certo non rosea (il sorpasso di Misano ne è un esempio).
[img src=”https://media.motoblog.it/3/3ab/rossi-crash-assen.jpg” alt=”Valentino Rossi Crash Assen 2016″ size=”large” id=”792691″]
Ed il fatto che, già da un pò di tempo, si stava puntando quasi più alla lotta tra i due alfieri di Iwata rappresentava la cartina di tornasole di questo mondiale. Ora è tardi certo, ma il punto fondamentale si ritrova anche nelle stesse dichiarazioni di Jorge a fine gara in cui recrimina il non esser riuscito a recuperare punti su Rossi nella giornata in cui viene proclamato un campione del mondo, in cui lui ha perso ufficialmente il suo titolo 2015. La chiave dell’adattamento.
Marquez si è adattato alla nuova elettronica, ad una moto inizialmente non perfetta, a delle gomme opposte alle Bridgestone. E’ stato il suo mondiale questo, l’emblema dell’inizio di una nuova era. Quella della maturità di un pilota che ora, oltre alla velocità, alle manovre al limite della fisica, ha capito che l’adattamento è una qualità fondamentale. Si chiude cosi il mondiale 2016, l’anno delle novità e delle incertezze.
Nella stagione in cui 8 piloti differenti hanno vinto una corsa, ha vinto il più costante, colui che ha sbagliato meno. E sì, in questo caso, il 23enne scavezzacollo e sempre sul filo del rasoio, ha dato una lezione a tutti i suoi avversari.
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