MotoGP, il “peso” reale dei test di Valencia
I nuovi abbinamenti rilanciano la "premier class". Grande 2017?
Partiamo da un elemento che, apparentemente secondario, è invece molto importante, quello delle appendici aerodinamiche, le famose “alette” che, come noto, nel 2017 sono abolite. Senza più l’ausilio di queste appendici che permettevano di caricare la moto sull’avantreno (e non solo) vanno riassettati tutti i sistemi elettronici e di controllo trazione.
Facile? No perché c’è un nuovo rapporto da stabilire, in particolare con la gomma (anteriore) – attuale gap delle Michelin – con la ricerca del grip tutt’altro che facile. Il risultato? Ci saranno tante cadute dei piloti alla ricerca del limite! Insomma, senza le alette (e con minor grip) si torna indietro, cioè al passato, obbligati a ricercare la via maestra da tutti troppo presto abbandonata.
Dai tempi effettuati nei test, il primo dato riguarda Yamaha: la M1 (nel suo mix 2016-2017) si conferma la moto dal miglior “compromesso”, la più “equilibrata”, la più “guidabile” e con minor problemi, tanto da permettere al più che ottimo entrante Vinales (non una promessa ma un fuoriclasse che nel 2017 “esploderà”) performances di assoluto prestigio.
Yamaha ha un (ottimo) telaio e un motore superiori alla attuale Suzuki e Vinales ci mette del suo: da lì l’exploit del miglior tempo! Se Rossi, deluso e preoccupato del nuovo motore – in… surplace in questi test dopo un 2016 ad alto livello – pensava di essersi tolto il dente con l’uscita di Lorenzo ha fatto male i conti portandosi in casa il pilota più affamato di vittorie, il manico più forte e aggressivo dopo Marquez, forse addirittura più solido.
Da parte sua, il campione del mondo in carica conferma il proprio assoluto valore, poco interessato a chi avrà di fronte e poco preoccupato della sua Honda, certo che la Casa dell’Ala dorata saprà andare avanti, non indietro. Quanto detto su Vinales-Yamaha vale – fatte le debite differenze – per il nuovo binomio Iannone-Suzuki. L’Andrea abruzzese (a parte i soliti svarioni…), abituato alle problematiche legate al telaio Ducati, si è trovato subito a proprio agio sulla più “morbida” e più “facile” Suzuki ma con un motore molto ok ma meno performante della Rossa.
Ducati, con la proverbiale fatica in percorrenza di curva, conferma la bontà del gran lavoro fatto durante il 2016, moto davvero oggi bene assettata, come dimostrano i bei tempi del concreto Dovizioso e anche il pronto e positivo adattamento dell’attesissimo nuovo arrivato Lorenzo che, passato da una moto sui binari quale è Yamaha, non si è trovato in mano un toro infuriato ma una moto ben bilanciata e altamente competitiva.
Un debutto positivo, quello di Jorge, che fa sognare i fan della Rossa, ben differente da quello che – in tempi e situazioni molto diversi – fece Rossi sulla moto di Borgo Panigale. Aprilia, un “piccolo” Team rispetto agli altri “giganti”, continua a crescere affidandosi a un buon pilota-collaudatore qual è Espargarò e al nuovo entrante e giovane Lowes, che deve fare esperienza e tirare forte senza però far danni, abituato com’è a volar via troppo spesso. In un Team con risorse (finanziarie) limitate anche le cadute ripetute gravano, oltre che sul morale, sullo sviluppo perché queste moto sofisticate quanto delicate costano un occhio della testa e quando rovinano a terra ce ne vuole (di euro) per farle tornare in pista come prima. E la KTM? Ben arrivata. Ogni giudizio è prematuro. Niente è scontato. Insomma, un 2017 carico di (forti) potenzialità e di (buone) aspettative.