Arturo Magni. Il ricordo a un anno dalla scomparsa

Arturo Magni, leggenda del motociclismo de: “I giorni del coraggio”. Il ricordo a un anno dalla scomparsa

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 2 dic 2016
Arturo Magni. Il ricordo a un anno dalla scomparsa

Vola il tempo ma è ancora forte il ricordo di Arturo Magni, il leggendario manager del reparto corse MV Agusta, morto un anno fa all’età di 90 anni. Non potrebbe essere altrimenti perché Magni, oltre che valentissimo tecnico a tutto tondo, mai fermo sugli allori, talent scout di “gran fiuto”, la longa manus racing di un capitano d’industria (quella aeronautica) quale il conte Domenico Agusta, è stato per decenni l’emblema della Casa di Cascina Costa, l’esempio vincente del motociclismo italiano nel mondo.

[img src=”https://media.motoblog.it/6/607/em804264_highres.jpg” alt=”em804264_highres.jpg” align=”left” size=”medium” id=”829075″]Quando in qualsiasi circuito del motomondiale ci si imbatteva in Magni – sempre cordiale, col sorriso e aperto con chiunque – era facile capire di essere di fronte a un galantuomo ricco di umanità e tutti, a cominciare dagli esponenti delle Case avversarie, si rivolgevano a lui con grande rispetto. Come si suol dire, Magni era uomo coi piedi per terra cui era doveroso “togliersi il cappello”. Ecco. Un esempio mirabile di un italiano e di una Italia rispettata per quello che sa fare e per come lo fa, esempio di chi ha scelto la sfida delle corse, tassello di una sfida più grande su cui la gran parte degli italiani si cimentò nel dopoguerra e poi per molti anni dopo, con i successi che tutti ci riconoscono.

Ovvio, poi, che in questo caso contavano (e contano) i ventisei anni di successi, le ciliegine iridate: 270 vittorie nei Gran premi e 75 campionati del Mondo vinti, i trionfi del TT dell’isola di Man. Per non parlare della gran quantità di titoli “tricolori” quando pesavano quasi quanto quelli iridati. Insomma, un palmares che nessun altro può vantare neppure oggi.

Scrivevamo l’anno scorso: “Magni non era solo il ‘mago’ sul piano tecnico ma aveva il fiuto nell’individuare il pilota vincente da portare in squadra e la capacità di gestire la squadra, specie quando i galletti diventavano due o più di due: Graham, Surtees, Hocking, Hailwood, Ubbiali, Provini, Mendogni, Shephard, Agostini, Read e Bandirola, Venturi, Grassetti, Pagani, Bergamonti, Toracca, Bonera ecc. e le decine di piloti sulle MV nelle categorie “cadette”, trionfatori di centinaia e centinaia di corse”.

Magni, è doveroso ripeterlo, è espressione dell’italiano che si butta in silenzio nella ricostruzione del dopoguerra: spirito di sacrificio, un passo dopo l’altro, la ricerca del miglioramento costante, passione, volontà di capire, mai mollare, poche parole, sorrisi parchi anche nel trionfo, rispettando gli altri, per primo gli avversari.

Chiudiamo questo ricordo proprio come lo chiudemmo un anno fa su Motoblog: “Per Magni i “suoi” piloti erano tutti uguali, sotto ogni profilo, ma il “suo” pilota è stato Giacomo Agostini, l’unico coccolato, l’unico che meritava una lacrimina di gioia anche da parte dell’impassibile Arturo. In un mondo difficile e astioso come quello delle corse, Arturo Magni è stato una delle pochissime persone rispettate da tutti. Domenico Agusta, così come Enzo Ferrari, era personaggio geniale ma non facile e pretendeva da Magni – così come il Drake dall’Ing Mauro Forghieri – l’impossibile. Arturo, semplicemente, l’accontentava. Un modo come un altro per appagare il “Signor Conte” e per regalare al motociclismo mondiale il meglio di se stesso. Un sogno irripetibile. Grazie, Arturo.

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