VR46 Team Moto3 e Moto2, il "colore" del motociclismo show-business
Le presentazioni dei Team "coprono" l'inverno del motociclismo
Puntuali come treni svizzeri giungono le polemiche su Rossi, su Sky, su X Factor e così via. Diciamo subito che le polemiche, se contenute nei binari della correttezza, non possono che far bene al motociclismo. Altro discorso quando si approfitta di tutto per alzare polveroni e soffiare sul fuoco. Una presentazione così è una presentazione così, da X Factor. Punto. Ma la questione è un’altra. Anzi, le questioni sono altre.
Iniziamo – brevemente – da Rossi. E’ negativo che l’asso pesarese, oltre che rimanere in MotoGP nel 2017 per tentare l’assalto al titolo iridato numero dieci, si “sporchi le mani” gestendo un proprio Team in Moto3 e allargando l’impegno alla Moto2? Riteniamo che realizzare strutture agonistiche professionali – pur con i limiti evidenziati nel 2016 a cominciare dall’affaire Fenati, ma non solo – per promuovere e lanciare i giovani a livello internazionale sia un bene per tutto il motociclismo, sulle tracce di quanto fatto precedentemente da altri piloti (da Duke, Roberts e Agostini in su), uno stimolo per nuovi ingressi di valore come quello di Max Biaggi nel Civ 2017.
E’ negativo che, grazie all’alone e alla spinta del “Dottore”, ci sia una forte comunicazione ben oltre i confini del nostro sport utilizzando spazi extra motociclistici (X Factor) di un colosso mediatico qual è Sky? Anche qui – se il conflitto di interessi non deborda – è positivo uscire dal solito seminato rompendo il cerchio dei cosiddetti “puri” perché al motociclismo serve allargare i propri confini sia sul piano dell’audience televisiva e della presenza sui circuiti sia sul piano del mercato con la ricerca di nuovi utenti.
Da sempre, particolarmente negli ultimi anni grazie alla tv e ai nuovi mezzi di comunicazione, il motociclismo – inteso come Team, come Case, come piloti, come Gare e come Campionati – si è impegnato nella valorizzazione della propria immagine facendo anche non pochi errori ma anche raggiungendo obiettivi qualitativamente e quantitativamente importanti. Ci ripetiamo: è un bene che un pubblico “ignorante” si sia avvicinato alle corse e si interessi alle corse anche se trainati dal “totem” di Valentino. Senza questa base ampia e senza questa nuova linfa le corse non ci sarebbero “più” o comunque sarebbero a un livello tecnico e agonistico molto più basso di quello attuale.
Chi scrive queste note era presente a Modena il 19 marzo 1965 alla gara “tricolore” internazionale del debutto in 500 di Giacomo Agostini sulla MV Agusta ufficiale. Sugli spalti e sul prato dell’autodromo della Ghirlandina eravamo quattro gatti e pareva davvero che il motociclismo si stesse consumando come una candela. Poi la Tv, spinta proprio da “Ago” – emblema del nuovo giovane pilota di classe, bucaschermo e carismatico – tornò con le dirette e i giornali tornarono a mettere le corse in prima pagina e i primi sponsor entrarono nel Circus perché c’era un ritorno di immagine positivo rispetto all’investimento pubblicitario. Case e Team si rinvigorirono. Le gare ripresero valore con il pubblico che tornò sui circuiti e davanti alla tv.
Il motociclismo televisivo va fuori binario trasformandosi in reality? Il motociclismo resta sport vissuto in pista. Ma il grande pubblico ha bisogno di… storie e, specie d’inverno in mancanza di corsa in pista, fare “colore” sui nostri piloti non li trasforma in attori da avanspettacolo né porta via loro qualità agonistica e voglia di vincere.
Fausto Coppi era il più grande campione di ciclismo ma fu nel 1959 dopo la sua partecipazione televisiva a una trasmissione Rai di intrattenimento qual era “Il Musichiere” di Mario Riva, quando cantò la canzone di Modugno “Volare” che il “campionissimo” entrò in tutte le case, nel cuore degli italiani e il ciclismo ne trasse grande vantaggio.
D’altronde, la presentazione del Team di Rossi Moto3 e Moto2 segue – con le variabili della location e poco più – quanto già fatto da altri, a cominciare da Ducati ecc. E’ la regola dello sport-spettacolo, con il motociclismo nella logica dello show-business dove lo Sponsor ha un ruolo determinante, senza il quale il giocattolo si rompe, anzi non esiste. E’ in base al grado di capacità di produrre pubblicità a favore dello sponsor che si soppesa il valore economico della sponsorizzazione.
La sponsorizzazione non è un atto di mecenatismo ma una operazione economica di natura commerciale e più specificatamente un investimento pubblicitario e di immagine. Oggi con i nuovi medi e le nuove tecnologie della comunicazione tutto questo è moltiplicato. Uno sport globale e professionistico come è oggi il motociclismo richiede grandi investimenti che si trovano solo grazie alla pubblicità, cioè agli sponsor. Non si possono spendere milioni e milioni di euro (o dollari) per semplice passione sportiva. Chi l’ha fatto ha portato le aziende al fallimento. E gli sport che non si sono adeguati sono via via scaduti al rango di sport “minori”, di fatto quasi scomparsi.
Ripetiamo: tra sport puro, sport spettacolo e spettacolo puro, il grande pubblico vuole lo sport-spettacolo. Lo sport puro senza show non piace né al campione né allo spettatore. Uno sport senza pubblico (in circuito e davanti alla tv) finisce per diventare solo un esercizio che può essere considerato quale pratica personale dello sport. Ecco. Qui siamo.
E ben vengano anche le presentazioni dei Team per dare più “valore” al Circus. Beninteso, va dato spazio a tutti, non a uno solo! E sarà comunque la pista, non i riflettori di uno studio televisivo, ad esprimere il verdetto che conta.