L’addio di Biaggi ricorda Surtees, Hailwood, Agostini. Ma solo il “cinesino” Ubbiali come il "corsaro"
L’addio di Biaggi ricorda Surtees, Hailwood, Agostini. Ma solo il “cinesino” Ubbiali come il "corsaro"
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Grande eco ha avuto in Italia e nel mondo l’annuncio dell’addio alle corse dato ieri da Max Biaggi: una dimostrazione di quanto il “corsaro”, sia sul piano agonistico che su quello umano, abbia inciso nel motociclismo e nello sport internazionale dopo una carriera indimenticabile coronata da ben sei titoli iridati.
Il rammarico per non vedere più in gara il campione romano è stato bilanciato dall’apprezzamento per la sua scelta giusta e intelligente, di lasciare il campo “da vincente”. Si sa quanto la scelta dell’abbandono sia sempre stata difficile e sofferta per i campioni dello sport, in particolare nel motociclismo, anche per i rischi di questa complessa e pericolosa disciplina. In passato, gli abbandoni dei piloti avvenivano soprattutto per causa maggiore, legati alle conseguenze di incidenti o, purtroppo, ai decessi.
Basta scorrere l’elenco dal 1949 ad oggi – da Dario Ambrosini a Marco Simoncelli – per averne triste conferma. Poi ci sono piloti che hanno lasciato le due ruote per… raddoppiare e passare all’automobilismo. Fra questi, oltre ai mitici d’anteguerra Tazio Nuvolari e Achille Varzi, vincitori in entrambe le discipline, vanno annoverate grandi stelle quali John Surtees (7 titoli mondiali, unico iridato anche nell’automobilismo, in F 1 con la Ferrari), Mike Hailwood (9 titoli iridati), Giacomo Agostini (il super titolato con 15 titoli).
L’addio alle moto di questi tre fuoriclasse si è svolto in modo diverso: John (a 26 anni!) lasciò a fine 1960 con in tasca gli ultimi suoi due titoli iridati (MV Agusta 350 e 500) e, dopo un assaggio con la Lotus, fu ingaggiato dal Drake di Maranello; anche Mike, 27enne, lascò a fine 1967 con due titoli iridati (Honda 250 e 350), anche se – dopo alterne fortune in auto – ritornò in moto con gli acuti del TT (Ducati), di Monza e Villa Fastiggi (Benelli); Mino chiuse 35enne a fine 1977, dopo una travagliata e deludente stagione con la MV (quasi privat)- Team Api-Marlboro optando per le auto: nel 1978 Formula 2 con la Chevron B42 Bmw e poi in Formula 1 Aurora con la Williams FW06, tre stagioni avare di risultati.
Solo un pilota può essere paragonato a Biaggi, in questa scelta dell’addio alle corse “da vincente”: si tratta di Carlo Ubbiali, 9 titoli mondiali. Il bergamasco (classe 1929) fu definito nel 1959 dalla stampa inglese il miglior pilota del mondo e dominò la scena internazionale per dieci anni, dal 1950 al 1960, in sella prima alla Mondial poi alla MV Agusta.
A fine stagione 1960, inaspettatamente, con agli ultimi due titoli iridati, il “cinesino”, a soli 31 anni – quindi ben dieci anni meno di Biaggi – integro fisicamente e al culmine della sua carriere, annunciò il proprio ritiro. Arrivò un grande come Tarquinio Provini, ma bisognerà attendere Agostini per riportare in Italia titoli iridati. E oggi, chi, dopo Max Biaggi?
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