MotoGP: il dopo-Rossi? Per Dorna no-problem. Ma è davvero così?
Ezpeleta ammette che non c'è un "piano B" per il dopo-Rossi: un bene o un male?
Le recenti dichiarazioni al portale xlsemanal.com del patron di Dorna Carmelo Ezpeleta riguardanti Valentino Rossi e la MotoGP senza Valentino Rossi contengono significative novità. Non c’è la solita stantia retorica che Valentino “corre per sempre” e che la sua stella non perderà l’attuale splendore e illuminerà comunque il motociclismo anche in un ruolo diverso da quello del pilota, per esempio quale team manager, talent scout, promoter. In altre parole Ezpeleta prende atto che la “risorsa” Valentino Rossi non è inesauribile e una volta chiuso il ciclo come pilota, la MotoGP sarà in grado di sostituire il campione di Tavullia con un altro “pilota-risorsa”.
Il boss del promoter del Motomondiale, per la prima volta, prende davvero atto che anche l’asso pesarese appenderà – entro la fine del 2018 (ndr) – il casco al fatidico chiodo. Non è una considerazione scontata o banale come può apparire: fin qui la fine della carriera di Valentino veniva paventata a mo’ di esorcizzazione, come se parlandone, la si volesse negare nell’utopia-miracolo del campione immortale.
Rossi è già nell’immaginario collettivo e lo sarà per molto tempo ancora. In futuro, per anni, a un ragazzino spericolato in moto, gli verrà detto: “ Vai forte! Diventerai come Valentino!”. Fu così molti anni addietro e per decenni dopo l’epopea del “mantovano volante”, il più grande di tutti, quando – per lo più in modo spregiativo – a chi correva (troppo) forte sulle strade in macchina o in moto gli si gridava: “E chi sei, Nuvolari?”. Non è questa, fuori di retorica, la celebrazione dell’immortalità del talento, del fuoriclasse, del mito?
E Rossi, va detto senza ipocrisia o doppi sensi, ha dimostrato fin qui con i fatti che le etichette appiccicate addosso quale fuoriclasse carismatico e quale gallina d’oro per il Circus del Motomondiale e dintorni, non sono orpelli superficiali ma medaglie conquistate sul campo, pur non prive di scalfitture. Rossi come espressione di una stagione lunga e irripetibile di questo motociclismo show-business, spesso più di apparenza che di sostanza, esaltato anche grazie alla rivoluzione delle nuove tecnologie della comunicazione, un’era interpretata da uno straordinario primatt’ore-mattatore, cui è doveroso togliersi il cappello.
Ecco. Celebrato così il “Dottore”, non per deplorevole lecchinaggio ma per doveroso rispetto dei fatti, si torna ad Ezpeleta e al “dopo Rossi”. “Cosa faremo quando Valentino deciderà di appendere il casco al chiodo? Niente, non faremo niente”. Così Ezpeleta, fa tutto da solo: domanda e risposta. “Non c’è nessun piano B”, chiosa Don Carmelo.
C’è però una strategia Dorna di voler adesso affrontare la questione, tentando di sminuirne la portata, nella logica della “ruota che gira”, del rinnovamento nella continuità. Non è un caso che anche Loris Capirossi, uomo Dorna, ci si butta: “ Il ritiro di Valentino? Nell’immediato ne soffriremo ma poi ne troveremo un altro. Fu così anche con Agostini, ma poi ne arrivarono altri”. Idem Ezpeleta in riferimento a Doohan: “Quando si ritirò Mick la domanda era la stessa: “Cosa farete quando se ne andrà Mick? Lui lasciò e arrivò Valentino”.
Per chi scrive queste note è la scoperta dell’acqua calda convinti da sempre che il motociclismo non nasceva con Valentino e non finiva con lui. Caso mai la nostra critica a Dorna&C riguardava la scelta di aver sempre puntato tutte le carte su un unico pilota-star lasciando in ombra gli altri e negando persino l’esigenza del dualismo (altare e contro altare) animatore di ogni sport: Nuvolari- Varzi, Agostini-Pasolini, Coppi-Bartali, Rivera-Mazzola, Benvenuti-Mazzinghi ecc. ecc.
Non solo. Ezpeleta e Capirossi riscoprono pure il passato – meglio tardi che mai – tornando addirittura ad Agostini e poi a Doohan. Altri tempi, altri campioni, altri media. Il motociclismo aveva radici storiche ma non si vive di solo amarcord e i frutti erano diventati scarsi: le corse non andavano oltre il perimetro degli appassionati, una fiammella sempre viva ma incapace di trasformarsi in gran falò. Uno sport di nicchia, seguito a macchia di leopardo territorialmente, distanziato oltre che dal calcio, da F1, ciclismo, basket, pugilato, tennis, atletica, sci ecc.
Dopo gli anni d’oro di Agostini ci fu (non solo in Italia) una pesante caduta di interesse per il motociclismo e il ritorno ai titoli iridati 500 degli azzurri (1981 Lucchinelli e 1982 Uncini) non rialzò il livello della passione fino al primo titolo nella massima cilindrata di Rossi, nel 2001, quasi 20 anni dopo! Idem, o peggio, nell’era degli americani, specie il quinquennio (dal 1994 al 1998) del dominio di Doohan, fase davvero “grigia”. Erano le altre cilindrate – 125 con i Pileri, Bianchi, Lazzarini, Gresini, Cadalora, Gianola, poi Capirossi, Gramigni, e quindi Rossi e 250 prima con i Pasolini, Villa, Lega poi con Cadalora, Biaggi, Capirossi poi ancora Rossi – a tentare il recupero di un interesse in discesa, almeno fra la cerchia degli appassionati, in primis gli italiani. C’erano campioni di diverse nazionalità e belle gare ma il motociclismo restava in secondo piano, specie sui media.
E’ vero che morto un papa se ne fa un altro. Ma qui non si tratta di riempire le caselle dell’albo d’oro. Si pensa davvero che l’audience televisiva dei milioni di telespettatori (in Italia e fuori) non abbia un crollo dopo l’addio di Rossi? Il calo di interesse sarà pesante vuoi per l’appeal di Rossi quale campione carismatico vuoi per l’impostazione delle corse basata sul personaggio-star e sullo show in pista e fuori, a prescindere da tutto il resto. Il crack ci sarà e non sarà indolore. Tradotto significa meno interesse, meno risorse, un motociclismo diverso. Un bene? La logica dei pochi e buoni non ha mai portato bene e un ritorno al passato tout-court è improponibile.
Ecco perché la mancanza del “piano B” non è un segnale di cui rallegrarsi ma la dimostrazione di una Dorna disorientata e in mezzo al guado. Si raccoglie quel che si semina. Aspettare per credere.