La Moto3 “scimmiotta” la MotoGP. I giovani leoni italiani ruggiscono ma non mordono

La classe cadetta da show-business

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 28 giu 2017
La Moto3 “scimmiotta” la MotoGP. I giovani leoni italiani ruggiscono ma non mordono

Moto3 Assen 2017 – Con il 9° round di domenica prossima al Sachsenring la Moto3 dei grandi duelli e anche dei lunghi “trenini” arriva al giro di boa. Fin qui, in ogni accesissima gara sono stati almeno una decina i piloti in lizza per giocarsi podio e vittoria ma alla fine sono sempre gli stessi – tre o quattro – a svettare. C’è un forte livellamento tecnico prodotto dai regolamenti eccessivamente restrittivi anche se in questa prima metà del campionato è la Honda a dettar legge con la Ktm non più in grado di dare ai suoi piloti il mezzo che nel 2016 faceva la differenza.

E’ difficile continuare a definire la Moto3 un campionato “promozionale”, d’ingresso nel Motomondiale: vuoi per l’impegno tecnico ed economico profuso dalle due principali case in lizza (talmente imponente da indurre il terzo costruttore in campo Mahindra ad annunciare l’addio alle corse); vuoi per il ruolo dei Team, diventati sempre più la “longa manus” (o appendici) per le Case e per le squadre già presenti in MotoGP; vuoi anche per i piloti che, al di là della loro verdissima età (quasi tutti sotto i vent’anni e i più fra i 16 e i 18 anni) sono considerati e si considerano “fenomeni”, per lo più sopravvalutati, in una girandola di pochi alti e molti bassi dove la passione lascia sempre più posto al business. Tant’è.

La Moto3 è a tutti gli effetti una MotoGP in provetta, espressione del motociclismo show-business, con protagonisti che spesso scimmiottano i big della classe regina in un gioco più grande di loro dove sono altri a tirare i fili. La Moto3 è diventata un investimento non solo agonistico, per lo più a rischio, con costi oramai insostenibili per (quasi) tutti e dalle prospettive dorate solo per pochi e con la maggior parte dei piloti che senza portare ai Team la proverbiale “valigia” oggi sarebbero a piedi. Torneremo presto ad approfondire questi temi.

Intanto il campionato ha visto fin ora i piloti italiani protagonisti ma non dominatori come previsto ad inizio stagione. I dieci “giovani leoni” tricolori – su 32 partecipanti – hanno spesso ruggito ma solo in due occasioni hanno sferrato la zampata vincente trionfando in Texas con Romano Fenati (Honda) e al Mugello con Andrea Migno (Ktm).

Nel 2016, con avversari ritenuti più esperti se non proprio più forti (Binder ecc.), dopo i primi otto round gli italiani avevano già vinto tre gare, la prima a Losail (Antonelli), la seconda in Texas (Fenati), la terza ad Assen (Bagnaia). Quest’anno, come già scritto, solo due. Da qui la prima insoddisfazione in un quadro che si proietta in una classifica generale, come vedremo, tutt’altro che esaltante.

I motivi del bicchiere mezzo vuoto sono diversi. Quest’anno i nostri sono tutti più esperti e rodati (lo scorso anno Bulega e Di Giannantonio erano rookie, Dalla Porta alle prime armi nel mondiale, Fenati costretto al forfait per le beghe con il team ecc.), favoriti d’obbligo, a cominciare proprio dal “seniores” Romano Fenati che, alla sua sesta stagione iridata in Moto3, brilla ma non fa la differenza come ad esempio accadde nel 2016 quando Binder giocava spesso a gatto col topo e non solo per la sua Ktm.

Problema di moto, dunque? In questo caso no, perché l’asso ascolano dispone di una delle moto in assoluto più competitive (Honda) e di un Team adeguato tecnicamente e coeso. Non solo. Quest’anno gli avversari sono per lo più ex rookie, non dotati di quelle astuzie da “volpone” che ad esempio poteva avere la scorsa stagione un Binder e non solo lui. Inoltre c’è una differenza nei podi e dintorni con gli italiani più costanti “in alto” nel 2016 rispetto a quest’anno spesso a ridosso del podio stesso ma non sui gradini che contano, racimolando quasi sempre pochi punti.

Qualche esempio? Nel 2016, oltre alle tre vittorie (stiamo sempre parlando delle prime otto gare) di Antonelli, Fenati e Bagnaia, c’erano stati diversi podi e diversi piazzamenti: a Losail 3° (Bagnaia) e 4° (Fenati), in Argentina 4° (Locatelli), in Texas 5° Locatelli 6° Bastianini, a Jerez 2° Bulega 3° Bagnaia, a Le Mans 2° Fenati, 3° Di Giannantonio, 5° Bulega, al Mugello 2° Di Giannantonio, 3° Bagnaia, 4° Antonelli, in Catalogna 3° Bastianini, 4° Fenati, 5° Bulega, ad Assen 2° Di Giannantonio, 3° Migno, 4° Fenati, 7° Bulega. E quest’anno? A Losail 5° Fenati, in Argentina 5° Migno, in Texas 3° Di Giannantonio, a Jerez 2° Fenati e 5° Di Giannantonio, a Le Mans 3° Di Giannantonio, al Mugello 2° Di Giannantonio e 4° Bastianini, in Catalunia 2° Fenati, ad Assen 2° Fenati.
Come si evince ricorrono spesso due soli nomi italiani, quello di Fenati e quello di Di Giannnatonio, oltre Migno per l’exploit del Mugello. La controprova di una realtà in chiaroscuro viene dalla classifica generale che, appunto, dopo l’ottavo round vede sempre in testa Mir (140 punti) davanti a Canet (110) e a Fenati (108). Seguono Martin (89) e McPhee (83) su Di Giannnatonio 6° (80) e Migno 7° (78), poi Ramirez (63) e Guevara (54) davanti al 10° Bastianini (49) e all’11° Bulega (41). Gli altri italiani nelle retrovie: Antonelli 18° (16), Bezzecchi 26° (3), Dalla Porta 27° (2), Arbolino 28° (2) e Pagliani 31° (0). Numeri come pietre, pesanti e taglienti.

Cosa significa? Detto brutalmente vuol dire che a meno di cataclismi (non previsti) la corsa al titolo è aperta al massimo a sette piloti con dentro solamente tre italiani (Fenati, Di Giannantonio, Migno) e se proprio si deve essere realisti il solo Fenati (dei nostri) ha reali chances di portare a casa il titolo iridato della classe cadetta. Non può sfuggire che nei primi sette posti ci sono sette Honda e questo la dice lunga su tante cose su cui non val la pena tornarci sopra.

In questa fase pagano dunque pegno i piloti in sella alla Ktm (moto assai competitiva ma non come…. la rivale Honda), in primis i nostri Antonelli (altalenante) e soprattutto Migno (che salva la stagione grazie al trionfo del GP d’Italia) e Bulega (che fatica a tradurre in risultati il proprio potenziale), due piloti, questi, nella morsa della sovra esposizione (non solo mediatica) dello Sky VR46 Team di Valentino Rossi.

Non parliamo poi degli altri sulle Mahindra – già fin qui in forte difficoltà – a rischio smobilitazione dopo l’annunciato addio alle corse a fine 2017. Per Bezzecchi, Dalla Porta, Pagliani e anche per gli altri piloti non italiani sulle moto “indiane” una possibile via crucis. Nel toboga del Sachsenring, specie se il meteo fa le bizze, tutto può succedere. Gli italiani sono sul crinale, o si sale o si scende, anzi si precipita. Vale anche per Fenati. Zitti e pedalare!

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