Test ieri e oggi. 54 anni fa la prima volta di Provini sulla Benelli 250 “4”
Quel "mitico" fine novembre del 1963...
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Fra i tanti cambiamenti del motociclismo di oggi rispetto a quello dei decenni passati c’è indubbiamente quello dei test. Proprio l’altro ieri, in vista della stagione 2018, si sono conclusi a Jerez i test della MotoGP e della Sbk e nella stessa settimana si sono svolte sempre in Spagna a Valencia e nella stessa Jerez le prove invernali della Moto3 e della Moto2.
Come noto il Motomondiale 2017 si è concluso la settimana precedente non lasciando quindi a piloti e Team che poche ore di “libera uscita”, di nuovo tutti in pista prima di una pausa invernale, comunque breve, di poche settimane.
Negli anni del motociclismo de: “I giorni del coraggio” – dal dopoguerra agli anni ’70 – non era così perché di fatto le corse terminavano di solito con il GP delle Nazioni a Monza ai primi di settembre (il GP del Giappone dei primi di novembre dei primi anni ’60 costituisce un’eccezione) con le due ultime puntate tricolori internazionali di Vallelunga e Ospedaletti San Remo a fine settembre-primi di ottobre per poi chiudere baracca e burattini e andare in… letargo rientrando in pista, arrugginiti, per la prima corsa della nuova stagione il 19 marzo di ogni anno con l’apertura del “tricolore” senior all’autodromo di Modena.
Insomma, per circa cinque lunghi mesi il motociclismo dava forfait lasciando posto ai ricordi delle corse passate e alle illazioni sulle novità della nuova stagione. Per tutto l’inverno, sui quotidiani e sulla tv (Rai) le corse – già con scarsissima copertura mediatica – scomparivano. Nessun pilota scendeva in pista (in Italia si poteva provare sui circuiti permanenti ma freddi di Monza e Modena e a Vallelunga) e la preparazione sulle moto (ufficiali) avveniva nel chiuso dei reparti corse. I campioni si tenevano in forma con sedute di motocross e sgroppate (rischiose) con moto targate su strade normali e gli altri centauri smadonnavano passando l’inverno in carca di moto e soprattutto soldi per acquistare la cavalcatura (usata) per la successiva stagione.
Solo ai primi di marzo – se il meteo era clemente – alcuni rari (fortunati) piloti iniziavano a riprendere contatto con la pista su moto da corsa, di solito a Vallelunga o anche a Modena e più raramente – per il freddo e il nebbione – a Monza.
Queste consuetudini vengono interrotte esattamente 54 anni fa, il 26 o 27 novembre 1963 (la memoria può ingannarmi di … un giorno), quando a Pesaro, in una nebbiosa mattinata “felliniana”, una splendida Mercedes Pagoda bianca targata Bologna varca i cancelli della Moto Benelli situata all’epoca in Via Mameli, a due passi dal centro città.
Alla guida c’era Tarquinio Provini, il 30enne pilota piacentino (di Roveleto di Cadeo) trapiantato a Bologna, pluricampione del Mondo sulle Mondial e MV Agusta nonché maxi trionfatore del “tricolore” seniores e delle mitiche corse “gran fondo”, il corridore italiano allora più carismatico e più amato, assai noto, osannato e rispettato ovunque nel mondo, di fatto – con le differenze dovute a un motociclismo e a un mondo totalmente differenti – il Valentino Rossi dell’epoca.
Dopo essere stato gran mattatore del Mondiale 1963 nella 250 (all’epoca la categoria più importante e seguita) con la Morini monocilindrica, Provini poco più di due settimane prima (10 novembre) nel GP del Giappone a Suzuka aveva perduto per un soffio (soprattutto per l’autolesionistico forfait al TT e al Sachsenring) il titolo iridato, andato a Jim Redman sulla Honda 4 cilindri.
Che ci faceva Tarquinio, a Pesaro nella “tana del lupo” il pilota ufficiale della Morini da sempre fiero avversario della Casa del Leoncino? Era l’avvio di un nuovo grande sodalizio fra un pilota (Provini) e una Casa (Benelli) decisi a dare una svolta ai rispettivi impegni agonistici: l’uno voleva cambiare moto (dalla Morini monocilindrica alla Benelli 4 cilindri) e l’altra voleva cambiare pilota (dal pesarese Silvio Grassetti, campione di gran stoffa fatto in casa all’emiliano Provini).
Dopo il GP del Giappone c’era stato al rientro in Italia il primo approccio di Provini con il Ds Paolo Benelli (figlio del mitico Tonino) condividendo il cambio di casacca da formalizzare contrattualmente a Pesaro proprio quel giorno dopo un breve test d’approccio di Tarquinio sulla quattro cilindri grigio-verde, il bolide trionfatore con Grassetti al debutto nel 1962 e portata brillantemente in corsa un mese prima a Monza dallo stesso campione pesarese e dall’inglese Derek Minter.
La prova fu effettuata a mezzogiorno, poco fuori città sul rettilineo di Pozzo aperto… al traffico, presente, oltre all’equipe del reparto corse, lo staff dirigente della Casa con in testa il presidente Ing. Giovanni Benelli, suo fratello Mimmo già capo della sezione sportiva sin dai tempi dei trionfi iridati di Dario Ambrosini e del TT inglese con Ted Mellors.
Fu un momento storico per il motociclismo. Una svolta. L’emozione era davvero forte e quando Provini avviò il motore liberando le inimitabili note rossiniane del “quattro cilindri” pesarese un fragoroso applauso della folla lì convenuta lanciò di fatto la nuova avventura del pilota italiano più forte e apprezzato nel mondo in sella alla moto italiana all’epoca più moderna e potenzialmente più forte, moto che – rinnovata – diventerà nel 1969 campione del Mondo con Kel Carruthers.
Chi scrive queste note era lì, ragazzino in motorino, dopo aver marinato la scuola perché il tam-tam della grande novità l’aveva raggiunto. Il giorno dopo la stampa mondiale lanciò la notizia aprendo per i motociclismo italiano una nuova pagina di speranza e di gloria.
Poi, durante l’inverno, quella moto (verde metalizzata) fu praticamente rifatta e debutterà inedita ma con poca fortuna il 19 marzo 1964, con la nuova livrea bianco-rossa, all’autodromo di Modena, gara trionfale per la Morini (“Vinciamo anche senza Provini” disse raggiante il Comm. Alfonso…) con il nuovo arrivato, quasi baby per l’epoca, Giacomo Agostini e proprio con Silvio Grassetti, passato armi e bagagli dalla Casa pesarese a quella emiliana. Applausi e polemiche si mischiarono per mesi, anzi per anni.
Per il nuovo binomio Provini-Benelli sarà un inizio difficile, cui però seguiranno presto nuovi successi e trionfi in Italia e nel mondiale fino alla drammatica giornata del 1966 al Tourist Trophy dove una gravissima caduta in prova pose fine alla straordinaria carriera di Tarquinio, uno dei più amati e più forti piloti del motociclismo mondiale di tutti i tempi. Che tempi, ragazzi!
Foto: novembre 1963, Tarquinio Provini lascia la Morini per la Benelli. Ecco il fuoriclasse emiliano per la prima volta sulla Benelli 250 4 cilindri nel test “segreto” di fine novembre su strada… aperta al traffico nei pressi di Pesaro.
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