Giovanni Benelli, l’ingegnere “in bicicletta” che regalava sogni
Quando "Sor Gvan" si fermava ad augurare "buone feste" ai fan
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Nel motociclismo dei decenni scorsi al timone delle grandi Case italiane c’erano i “padroni” fondatori, di fatto navigati capitani d’industria e carismatici personaggi dal potere totale o quasi, impegnati in prima persona anche nei rispettivi reparti corse. Enzo Ferrari era il punto di riferimento per tutti, andando oltre le quattro ruote, essendosi formato agli inizi della sua formidabile carriera nella gestione di un proprio Team di auto e di moto. Se l’automobilismo aveva Ferrari, il motociclismo aveva le sue punte di diamante in uomini come il Conte Domenico Agusta, i Commendatori Carlo Guzzi, Giorgio Parodi, Giuseppe Gilera, Alfonso Morini, il Conte Giuseppe Boselli (Mondial), l’Ing. Giovanni Benelli (una covata di ben sette fratelli).
Non è questa la sede per entrare nel merito di gente che ha segnato la storia del motociclismo andando ben oltre i suoi confini. Un esempio? Giovanni Benelli, gran capo dell’azienda pesarese nata nel 1911 – e che ebbe nel fratello Tonino – il mitico campione – l’emblema in Italia e nel mondo, un capitano d’industria fra i principali esponenti del Made in Italy, un ingegnere progettista di eccelso valore con intuizioni e realizzazioni che hanno lasciato il segno a livello internazionale.
[img src=”https://media.motoblog.it/2/2f9/giovanni-benelli-motore.jpg” alt=”giovanni-benelli-motore.jpg” align=”left” size=”medium” id=”900971″]E non solo nel motociclismo, nelle moto e in particolari nei propulsori (su tutti l’epopea del “bialbero”), specificatamente nelle moto da corsa in un arco di tempo di quasi … mezzo secolo ma anche in altri delicati e complessi settori. Un esempio? Quello delle armi, specificatamente riferito ai fucili. Nel lontano 1921 (dove erano i … giapponesi?) l’ingegner Giovanni Benelli, grande appassionato di caccia e di armi, progetta e costruisce interamente una nuova “doppietta”, antesignana di un inedito fucile semiautomatico calibro dodici, con un avanzatissimo e sofisticato sistema meccanico coperto poi con quattro brevetti.
Per dire che “Sor Gvan” (Signor Giovanni veniva chiamato dai suoi collaboratori e anche dalle maestranze) aveva il “bernoccolo” (inventerà pure la Benelli auto…), anticipando quella che poi diverrà la Benelli Armi di Urbino tutt’ora significativa realtà internazionale del settore, se pur in nuove mani.
Il Signor Giovanni credeva nelle corse, fin dagli anni ’20, con in pista il fratello Tonino con la mitica 175 da lui progettata e costruita negli opifici della grande azienda pesarese. Decenni e decenni di moto da corsa diverse in tutte le cilindrate, in tutte le categorie (tutte le mono anteguerra, la 250 4 cilindri compressore provata durante gli anni della seconda guerra mondiale; poi negli anni ‘50 i trionfi delle gare gran fondo con il Leoncino 2 tempi), i trionfi del TT del 1939 con Ted Mellors, il mondiale 250 1950 vinto con Dario Ambrosini, il grande ritorno in pista nei gran premi dal 1959 con la 250 monocilindrica bialbero (Silvio Grassetti) dopo l’addio alle corse per la morte ad Albi dell’asso cesenate, quindi le 4 cilindri 250, 350 e 500 (l’avvio del progetto 250 8 cilindri) con i piloti Grassetti, Dale, Duke, Minter, Spaggiari, Provini, Pasolini, Lazzarini, Villa, Parlotti, Read, Carruthers, Hailwood, Saarinen.
Ma, ripetiamo, non vogliamo riprendere storie ben note dove sempre – o quasi – c’è il tocco dell’Ing. Giovanni Benelli. Ma questo post non vuole essere “tecnico” bensì un “amarcord” che dimostra anche il lato umano del personaggio.
L’Ing. Giovanni Benelli, almeno due volte al giorno – al mattino appena suonata la sirena della fabbrica e spesso di notte oltre l’orario di lavoro normale – usciva dal suo ufficio di presidente ubicato all’interno della fabbrica, inforcava la sua bicicletta Bianchi nera vestito di tutto punto in doppio petto grigio con in capo l’inseparabile Borsalino, percorreva il lato alberato di Viale Mameli accanto alla pista – con curva sopra elevata – dei test delle moto (anche quelle da corsa), entrava nel grande cancello lato nord dirigendosi verso il reparto corse da cui usciva dopo una mezz’oretta ripercorrendo a ritroso il percorso.
Allora? Davanti a quel cancello c’era – pioggia o sole, freddo o caldo – sempre gente – il sottoscritto per oltre un decennio ha fatto … la buca – o un piccolo gruppo di incalliti “fissati” o una folla quando si attendeva la prova in pista delle moto da corsa con in sella il campione di turno. Altro che Facebook! Lì, in quel gruppetto di gente che decine di volte l’anno diventava folla smisurata che bloccava la “nazionale” (compresi i camionisti che richiamati dal magnifico rombo delle “4 cilindri” fermavano i loro mezzi per assistere al test), covava la passione anche in pieno inverno alimentando le litigate e i sogni della tifoseria.
All’arrivo dell’Ing. Benelli sulla sua bici, tutti ci facevamo “piccoli” liberandogli il passaggio. Lui non si fermava, tirando diritto con un cenno di capo. Ma, proprio in queste giornate nebbiose e pre natalizie, l’Ing. Giovanni faceva una eccezione al proprio tour mattutino, fermandosi in mezzo al nostro gruppetto di aficionados e dando a ognuno la sua mano dicendo affabilmente con un mezzo sorriso: “Stiamo lavorando alla nuova moto. Auguri di buone feste”.
Era quella la carica per tutti noi che così ci proiettava verso la nuova stagione che sarebbe iniziata tre mesi dopo, il 19 marzo con la gara internazionale all’autodromo di Modena. Grazie, Ingegnere, per averci regalato un sogno.
Foto | L’Ing. Giovanni Benelli, presidente della grande azienda pesarese e progettista di valore e fama mondiale.
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