MotoGP, elettronica e gomme fanno la differenza. Ecco perché…
Un fatto è certo, per la MotoGP quest’anno sarà, come e più di prima, il campionato delle gomme e dell’elettronica.
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Se chi vince ha ragione, con il trionfo di Losail Dovizioso e la Ducati possono, oltre che alzare i calici, alzare anche la voce. Ma nessun trionfalismo, per carità. Perché, anche dopo una eclatante vittoria, si riparte sempre tutti alla pari e perché ogni gara fa storia a sé. Specie su un circuito “anomalo” e dalle caratteristiche particolari come Losail, notturna a parte. Un fatto è certo, per la MotoGP quest’anno sarà, come e più di prima, il campionato delle gomme e dell’elettronica.
E’ questo lo sbocco dei nuovi regolamenti tecnici imposti per esigenze di “livellamento” (di fatto per ridurre le distanze fra i concorrenti e rendere la corsa più combattuta e spettacolare, quindi più seguita e conseguentemente più redditizia sul piano del business) sin dal 2016 da Dorna con il beneplacito Fim incentrati sulla centralina unica e software unificato. Ciò ha comportato la riduzione delle regolazioni imponendo il ripristino dell’ottimizzazione della mappa motore, del freno motore, dell’anti jumping e del traction control nonché nuova messa a punto della ciclistica e privilegiando così l’aspetto meccanico, con maggiori interventi sulle sospensioni.
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Quindi la difficoltà di messa a punto della nuova centralina si è riversata e si riversa anche sulla ciclistica e sulle gomme, con interrogativi inediti per Team e piloti costretti a trovare nuove risposte per un diverso equilibrio rispetto ai classici problemi della frenata, della percorrenza in curva, dell’accelerazione ecc… Da qui l’imposizione di tattiche di gara diverse che scombussolano i giochi, con variazioni nella scala dei valori in campo. Una rivoluzione. Va ribadito: il peso delle due novità – centralina e gomme – hanno inciso e incidono non poco sulla competitività del mezzo e del pilota, quindi sui risultati delle corse. Questo perché centralina e gomme – in negativo – sono un problema unico e all’opposto – in positivo – sono una opportunità per fare la differenza. Così è stato nel 2016 e nel 2017, così è già nel 2018, dopo il primo GP in Qatar.
Infatti a Losail, primo round iridato 2018, è arrivata la conferma, con una gara tatticamente guardinga, specie nella sua prima metà, proprio con l’imperativo – per i piloti – di girare al “risparmio” e non strafare, coccolando in particolare i pneumatici, per non trovarsi alla fine nella esigenza di dover alzare i tempi sul giro, con la gomma posteriore ko che a sua volta, come noto, manda in crisi anche quella anteriore. Non che tutti gli altri elementi che formano il “pacchetto racing” siano insignificanti, ma il “fattore gomme” resta decisivo, in particolare su un circuito di così scarsa aderenza, con sabbia, vento, umidità, con il lungo rettifilo contrapposto ai zig-zag, con l’incubo, quindi, del pattinamento rendendo assai complicata anche la gestione ottimale del cambio e le massime velocità nelle singole marce.
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Insomma, non basta primeggiare con il giro veloce, come in qualifica: una illusione che poi svanisce il giorno dopo, in corsa. Lo dimostra l’arrembante Zarco, pole record, poi lepre sin dallo start e per molti giri, ma via via sfilatosi nelle retrovie. Stante questa situazione, come sciogliere il rebus della tenuta e mantenere dunque il ritmo adeguato per tutta la gara? Il nodo principale è la gestione dell’elettronica (con centralina unica Marelli uguale per tutti) specie in accelerazione, per poter trasmettere più coppia possibile alla gomma. Che fare, concretamente? A parte il complesso lavoro per il bilanciamento e il miglior assetto della moto, c’è la ricerca di un equilibrio ottimale intervenendo sui rapporti del cambio e sul taglio di potenza. Così si salvano le gomme. Così si gira forte sul giro, si tiene costantemente un alto ritmo, si può finire la gara in condizioni di competitività rischiando il meno possibile. Conta anche, evidentemente, la qualità del pilota, il suo stile di guida e la sua capacità di intervenire sul sistema di messa a punto dell’elettronica.
In sintesi oggi il quadro è questo. Ducati, supportata da una guida del Dovi “lineare” e da una strategia di gara particolarmente accorta, ha fatto la differenza, con un sistema anti pattinamento redditizio, assai superbo. La Casa bolognese vede premiati i suoi sforzi di questi ultimi anni e anche quelli dei recenti test. Ducati è stata la prima a comprendere le potenzialità della nuova centralina unica Marelli interpretandola e gestendola al meglio con tecnici adeguati, per lo più di provenienza della stessa Marelli.
Honda, oltre a disporre di un pilota-fenomeno qual è Marquez (soprattutto si deve a lui la sofferta conquista del mondiale 2017) ha comunque compreso – pur se in zona Cesarini – che il segreto della competitività stava nell’ottimizzazione dell’elettronica. La Casa dell’Ala dorata ha recuperato, non senza difficoltà, il gap iniziale, passando al contrattacco, sintonizzando la squadra sulle nuove esigenze e in particolare assumendo un ingegnere italiano che verosimilmente conosce assai bene il software Marelli.
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Idem Yamaha dove tali limiti dell’elettronica erano stati evidenziati già in passato sia dallo stesso Valentino Rossi che dal suo prezioso coach tecnico Luca Cadalora. Anche la Casa dei tre diapason è corsa ai ripari sfruttando le esperienze e le competenze dei tecnici elettronici italiani, con miglioramenti consistenti. Diversa situazione in Aprilia che, pur con budget economici inferiori, si impegna a 360° nello sviluppo della sua MotoGP che oggi dispone di un nuovo motore di grande potenza e con velocità in linea con i migliori.
Ma non basta. C’è tanto da fare ancora sul settaggio dell’elettronica, migliorare la percorrenza in curva ecc. E’ un lavoro più lungo perchè in Aprilia tutto lo sviluppo avviene all’interno dell’azienda per cui i frutti si vedranno a lungo termine, si spera a campionato in corso. Ktm è sostanzialmente sullo stesso piano, forse con qualche problema in meno grazie anche alla possibilità di un budget assai sostanzioso. Mentre Suzuki, ritrovato il gran manico di Rins al 100%, torna a bussare in alto: uno stimolo in più per Iannone che, in mancanza di risultati eclatanti, può però diventare una condanna. E’ una moto di gran potenziale, sia di potenza che di gestione elettronica. E’ una sfida fra giganti. E prima che in pista, la sfida è nei box, anzi nei reparti corse delle Case, fra progettisti.
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