SBK Thai Gara1: Rea, ariecco il cannibale! Ducati, il podio non basta
Vittoria annunciata e in surplace di Jonathan Rea che in Gara1 del GP SBK di Thailandia riporta la sua Kawasaki-ramarro davanti a tutti.
Vittoria annunciata e in surplace di Jonathan Rea che in Gara1 del GP SBK di Thailandia, sul torrido e piatto circuito di Buriram, riporta la sua Kawasaki-ramarro davanti a tutti tornando nel suo ruolo più congeniale, quello del “cannibale”. Incassata in mattinata la pole-record, nel pomeriggio di Gara 1 il campione del mondo in carica, sornione quanto deciso, non fa concessioni di sorta a nessuno, anche con la gomma media al posto delle soffici usate qui nel we di prove: allo start poco più, lascia sfogare il compagno di squadra Sykes che poi si perde dietro i migliori (gap di 7 secondi!), prende le misure ai suoi (pochi) diretti avversari e tornata dopo tornata – senza apparenti difficoltà – con passo lineare, se ne va via bello bello liscio liscio portando a casa il bottino pieno (35 punti) appagato della 55esima vittoria iridata.
Non una forzatura, non una sbavatura, come viaggiasse sui binari, come un turista in moto, Rea – disinteressandosi dei distacchi e di chi lo segue – non si smentisce, a conferma di una classe e di una determinazione intatte, da fuoriclasse qual è. Sarà questo l’inizio di una lunga e ininterrotta corona di vittorie anche quest’anno? Speriamo di no. Ma sarà difficile, a cominciare da domani in Gara2, trovare avversari in grado di mettere in difficoltà un binomio pluri iridato di tale solidità.
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Che dire? C’eravamo illusi dopo la doppietta a Phillip Island di Marco Melandri sulla bicilindrica Ducati? No. Semplicemente i miracoli, se avvengono, non si ripetono così come le particolarità delle piste, quella thailandese, bollente, più monotona e tecnicamente meno probante di quella fresca, assai più veloce, più spettacolare e più impegnativa di quella della terra dei canguri, favorevole alle caratteristiche del bicilindrico italiano e del campione ravennate, oggi solo ottavo e soli otto punti nella bisaccia, stralunato, con un mezzo scodinzolante ancora in testa in classifica generale, pur se con due miseri punticini.
Quanto è stata perentoria e lineare la vittoria di Rea e quanto netta la superiorità della sua Kawasaki (un replay di gran parte delle gare del 2017) altrettanto poco convincente, oggi, le prestazioni delle Ducati ufficiali, con uno sfuocato Davies che, in altalenante rimonta, solo alla fine riesce ad avere la meglio, con la gomma morbia, sul decisissimo Camier sulla ritrovata Honda, agguantando il terzo gradino del podio alle spalle di un signor pilota qual è Xavi Fores (a 1’550 da Rea!) sulla Ducati “satellite” – nel senso di moto velocissima e a posto fino all’ultima vite – dell’italianissimo Team Barni, una “mini” signora squadra che fa onore alla scuola di quel motociclismo nostrano da sempre esempio di qualità tecnico-organizzativa e di passione.
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Ciò, a onor del vero, fa onore anche alla Casa di Borgo Panigale, che dà una moto di tale livello a un suo … cliente (di lusso). Dietro al poker di testa – quindi una Kawasaki, una Ducati “indipendent”, una Ducati Factory, una Honda Casa – se non proprio il vuoto, comunque un’altra corsa. Lowes non riesce a portare la Yamaha oltre quinto posto (gap di quasi 8 secondi) se pur davanti a Sykes, all’altra Yamaha di V Der Mark e a Melandri. Nelle nebbie Aprilia (Laverty non convincente, solo 9 con gap di 11 secondi e Savadori 12° ma frenato dalla spalla malconcia) davanti alla MV Agusta di Torres, top ten, ma ben lontano dagli exploit di prove e qualifiche. Gara piacevole ma tutt’altro che esaltante. Usando una brutta parola, gara passatempo da … playstation. Colpa dell’elettronica, dei regolamenti, del caldo e dell’umidità? Domani Gara 2, per conferme o smentite.