MotoGP, l’addio di Pedrosa. Grazie, Dani. La corsa continua

Pedrosa ha annunciato il suo ritiro dal campionato del Mondo MotoGP dopo l’ultima gara 2018 a Valencia con una motivazione realistica e oggettiva, di grande dignità e consapevolezza.

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 13 lug 2018
MotoGP, l’addio di Pedrosa. Grazie, Dani. La corsa continua

Non vogliamo porgere un omaggio retorico a Dani Pedrosa che ieri al Sachsenring ha annunciato il suo addio alle corse dal 2019 perché il piccolo-grande pilota di Sabadel merita il plauso che va a chi dice, innanzi tutto, la verità. Infatti Pedrosa ha annunciato il suo ritiro dal campionato del Mondo MotoGP dopo l’ultima gara 2018 a Valencia con una motivazione realistica e oggettiva, di grande dignità e consapevolezza: “Ho capito che non vivo le gare come prima, con la stessa intensità. Ho altre priorità nella mia vita…”.

Di fatto, dopo 18 anni di una carriera straordinaria coronata da giornate di gloria ma anche da situazioni difficili e sfortunate, Dani prende atto di non avere più le “motivazioni” indispensabili per esprimersi al massimo livello di competitività, come richiede il mondiale MotoGP. Detto in altre parole Pedrosa attacca a fine stagione il casco al chiodo perché capisce di non essere più lo stesso pilota capace di battersi per la vittoria in gara e in campionato.

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Piloti come Pedrosa corrono per vincere non per fare i comprimari. Nella storia delle corse molti campioni hanno dato l’addio alle corse perché costretti dopo gravi incidenti mentre altri, pur non più all’altezza, hanno comunque continuato la carriera, spesso in una penosa discesa alla guisa di un calvario, cercando scuse per nascondere l’inevitabile declino. Grandi assi come il leggendario Tazio Nuvolari non ne volevano sapere di chiudere con le corse. Anche Agostini ha “faticato” a prendere la decisione dell’abbandono. Mentre Hailwood e Lauda (in F1), hanno saputo dire “basta!”.

Non è mai facile decidere e tutti vanno rispettati, comunque, anche quei piloti incapaci di prendere atto di essere entrati nel loro “autunno” agonistico. Dani Pedrosa è un esempio positivo: non cerca giustificazioni né coperture di comodo rispetto a una scelta sofferta ma necessaria dovuta alla consapevolezza di non avere più la spinta vincente che porta un campione a schierarsi in ogni gran premio. Ciò conferma la statura del personaggio che oltre pilota degno di essere inserito nella “leggenda” del Motomondiale di tutti i tempi (come già opportunamente e tempestivamente annunciato dal CEO di Dorna Carmelo Ezpeleta) è soprattutto persona degna di stima, di grande onestà intellettuale e dirittura morale nonché rispettoso verso quel motociclismo che innanzi tutto impone la consapevolezza della propria condizione.

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Il pluri iridato Pedrosa, pur mancando il titolo di campione del Mondo della “classe regina” rafforza in tal modo il rispetto di tutti verso se stesso, in pista e fuori: un pilota da sempre fra i più amati e rispettati ovunque nel mondo capace di portare in pista la grinta e la rivalità necessarie, senza immiserirle poi in astio e rancore un affetto e una stima meritati perché Dani, oltre che un gigante in pista è sempre stato ed è una persona umanamente squisita, nella sua naturale sobrietà, fuori moda in un motociclismo avvitato sul gossip e incentrato sullo show-business.

Pedrosa, con la sua proverbiale compostezza ma non senza le due lacrime scese sul suo volto di eterno ragazzo dal sorriso mesto, ha così dato ieri l’addio al motociclismo in pista con la promessa di restare nel “giro”. Grazie, Dani, campione del mondo di umiltà. Grazie di tutto. Il motociclismo ha ancora bisogno di te e di gente come te capace di non montarsi la testa dopo una vittoria ma di non abbattersi dopo una sconfitta o dopo un incidente. La corsa continua.

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