MotoGP: Ducati, così non va!
Dovizioso esce dal nono round stagionale del Sachsenring peggio di come c’era entrato: mai in lotta per giocarsi la vittoria, mai in lotta per il podio...
Per la cronaca, nel 2017 a Brno vinse Marquez con Dovizioso 6°. Poi Andrea replicò con una doppietta in Austria (Marquez 2°) e a Silverstone (Marquez out), quindi un 3° a Misano (Marquez 1°), 7° ad Aragon (Marquez 1°), nuova vittoria a Motegi (Marquez 2°), 13° a Phillip Island (Marquez 1°), di nuovo primo a Sepang (Marquez 4°), zero a Valencia (Marquez 3°). Inutile ricordare come finì. Utile invece non dimenticare il vento in poppa che da un bel po’ spinge Marquez con cinque vittorie (cinque nelle ultime sette gare, due consecutive nelle ultime due, oltre a due secondi posti e a due … zeri) e tiene inchiodato Dovizioso con l’unico trionfo nell’ apertura di Losail.
Quel che è peggio è che Marquez pare giocare al gatto col topo mentre Andrea, se non alla canna del gas, pare … “impiccato” o, come domenica al Sachsenring, col freno … tirato, comunque non “in palla”. La Honda va, è molto migliorata dal 2017, ma è Marquez che la fa volare. Senza Marc la marca dell’Ala dorata raccoglierebbe ben altri risultati. Basta guardare quanto fatto fin qui da Pedrosa&C. Vanno, al di là dei piagnistei in ogni pre-gara, le Yamaha, anche qui, grazie soprattutto alla regolarità-super di Rossi e ai gran recuperi di Vinales.
E Ducati? Resta una gran moto, indubbiamente quella che nelle ultime due stagioni ha fatto un gran salto in avanti. Ma il gran potenziale non si è tradotto fin qui in risultati eclatanti da fare la differenza, come parla chiaro la classifica generale, pur se brillano i tre centri (uno di Andrea e due del resuscitato Jorge). Dopo l’apertura trionfale di Losail, per la Rossa di Dovi parava gioco fatto, un mondiale già… intascato. Anche perché nel 2017 il binomio italiano andò davvero vicino al colpaccio.
Questione di moto, dunque? No. La moto c’è. Quest’anno Dovi paga errori pesanti ma soprattutto paga la perdita del suo punto di forza: la serenità. Al di là delle apparenze, pesa al pilota forlivese il ruolo di “number one” imposto dagli eventi di Borgo Panigale subendo il clima di tensione interno con sbavature ed errori o, all’opposto, con prestazioni sotto tono, come al Sachsenring. La pausa di tre settimane può essere salutare per il gran rilancio ma anche un rischio per l’imbocco verso la disfatta totale.
La situazione è in bilico ma non cancella le qualità di un pilota freddo, lucido, costante e solido e il valore di una moto oggi seconda a nessuno. Ma, ripetiamo, i conti non tornano e suonano come un forte campanello d’allarme. Spetta alla dirigenza di Borgo Panigale rimettere a posto tutto (anche i cocci) trasformando la difficile convivenza fra i suoi tre piloti-galletti che si beccano fra loro in “tridente” eccellente e vincente. La vittoria in pista si prepara prima, fuori dalla pista. Il rischio vero, alla guisa di una maledizione, è che senza svolta il mondiale non si vince. Né questo, né quelli a venire.