Moto3, gare-show: quanto incidono le cadute in gara e campionato?

Nel motociclismo vale sempre la stessa regola: vince chi taglia per primo il traguardo. E chi cade, di solito il traguardo non lo taglia...

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 24 lug 2018
Moto3, gare-show: quanto incidono le cadute in gara e campionato?

Nel motociclismo vale sempre la stessa regola: vince chi taglia per primo il traguardo. E chi cade, di solito il traguardo non lo taglia. Le cadute, come il rischio, sono una componente non eliminabile delle corse di moto. La sicurezza è aumentata ma le cadute non sono diminuite rispetto ai decenni precedenti, caso mai sono meno drammatiche le conseguenze grazie alle vie di fuga sui circuiti e alla conformazione da… go-kart degli stessi, a moto più “sicure” anche per il supporto dell’elettronica ecc., all’evoluzione di tute e caschi, agli interventi del personale medico, alla preparazione atletica e psicologica dei corridori ecc.

Ma, paradossalmente, i circuiti cittadini anni ’50-’60-‘70 (es: la Mototemporada emiliano-romagnola) erano meno pericolosi di quelli permanenti perché… meno veloci. Le eccezioni confermano la regola. Le cadute sono sempre state più numerose nelle cilindrate dove c’era più bagarre e dove le moto si equivalevano, specie in alcuni periodi dove si correva in regime di “monomarca” o poco più. Anche oggi è così. Tutti i piloti sono caduti e cadono ma alcuni meno di altri, come in passato Agostini e negli ultimi anni Rossi.

Oggi nel Motomondiale la categoria con più incidenti è la Moto3 dove emerge con forza un tema delicato e complesso, quello del rapporto competitività-cadute, che condiziona gare e campionati. La classe cadetta, come noto, ha il suo punto di forza nella rovente combattività dei suoi giovanissimi partecipanti, nei tempi di qualifica molto ravvicinati, in corse-show caratterizzate da sorpassi e contatti producenti spesso cadute non prive di conseguenze sui piloti e sulle classifiche. A questo motociclismo-business serve l’audience tv che c’è solo se in pista c’è una lotta-show di cui i contatti e le cadute sono una componente.

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E’ una precisa strategia di marketing imposta dal promoter Dorna e accettata dal Circus per formare una torta economica appetibile di cui ognuno ne riceve un po’, fino alle briciole. L’obiettivo è stato raggiunto in Moto3 (ma vale in misura diversa anche per le altre categorie) con regolamenti che hanno “appiattito” la categoria di accesso del Motomondiale, per cui le moto in pista (Honda e KTM) hanno una competitività assai “livellata” producendo i classici “trenini” e/o serpentoni con distacchi minimi: ad esempio dentro un secondo possono starci una decina di piloti, se non di più. Il podio si gioca quasi sempre in volata, idem le posizioni dietro.

Alla fine, i migliori emergono, anche se non raramente la selezione arriva dopo incidenti e cadute, anche di gruppo e c’è sempre chi paga anche senza averne colpe. Sui 30 partecipanti alla Moto3, fin ora nessun pilota è stato risparmiato da cadute (fra prove e gara) per cui tutti hanno in classifica almeno uno “zero”. Lo stesso leader del campionato Jorge Martin (pur con cinque vittorie) accusa ben tre “zeri”. Due sono gli “zeri” del secondo classificato Marco Bezzecchi alla pari del terzo Aron Canet. Il 4° Di Giannantonio (1 “zero”), il 5° Bastianini (4 “zeri”), il 6° Rodrigo (2). Gli altri italiani: l’8° Migno (1 “zero”), il 10° Dalla Porta (2 “zeri”), l’11° Antonelli (1 “zero”), il 20° Arbolino (2 “zeri”), il 24° Foggia (3 “zeri”), il 27° Bulega (5 “out”, non tutti per cadute).

Dentro ogni “zero” ci sta una storia che differenzia le singole vicende di piloti andati a terra per propria responsabilità o perché coinvolti in bagarre e cadute provocate da altri. Il risultato finale negativo non cambia. Che fare? L’applicazione corretta dei regolamenti aiuta ma non risolve il problema perché il motociclismo è fatto così, sport di rischio, specie in questa fase dove tutto o quasi è al servizio dello show-business. A dire il vero, anche in altre epoche dove il business era secondario rispetto alla passione, è successo la stessa cosa, soprattutto quando in pista c’erano oltre 50 piloti allo start con moto di una unica Marca o poco più.

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Non era così, ad esempio, a fine anni ’60- primi anni ‘70 nella 250 con moto quasi tutte Yamaha (uniche eccezioni le rare MZ e Aermacchi-Hd) e successivamente con il pieno di moto Aprilia? Idem nella 125 con Mba, Morbidelli, ancora Aprilia ecc.? Anche allora le gare finivano in volatone-show, dopo bagarre e … sportellate fra decine di piloti non sempre nei limiti regolamentari e della correttezza. Tant’è che in un we si contavano oltre 100 cadute, un 15-20% delle quali con conseguenze non proprio insignificanti: minimo degenza in ospedale, fratture e ingessature, forfait dai successivi round ecc.

Ovviamente le condizioni di sicurezza erano ben peggiori di quelle odierne per cui gare e anche campionati (e addirittura carriere!) sono stati influenzati dalle cadute e dalle loro conseguenze in modo assai più pesante di oggi. Incidenti che anche allora (spesso per incapacità e arrogante insipienza di chi quello sport dirigeva) non risparmiavano nessuno, neppure i fuoriclasse consacrati, come purtroppo dimostra la tragedia monzese di Pasolini e Saarinen del 20 maggio 1973. Ultima considerazione, per ora.

In MotoGP si cade meno che in Moto3? Sì, almeno per quel che riguarda i big, in gara. Perché gli assi della MotoGP vanno a terra meno dei “giovani leoni” della Moto3? L’esperienza dei campioni consacrati, oltre la classe e il tipo di moto diverse – più potenti e pesanti ma anche maggiormente supportate dall’elettronica più sofisticata – fa la differenza. In moto tutti corrono per vincere. Forse in Moto3 c’è un surplus di “carica” dei giovani piloti non sempre adeguatamente supportata da esperienza, freddezza, capacità di gestire situazioni bollenti.

C’è anche (o soprattutto?) – a differenza del passato – un rapporto non sempre equilibrato fra passione e interesse, fra corse intese come sport e corse intese come strumento di carriera e di business. Attorno al pilota brulicano interessi che spingono per il risultato, sempre e comunque. Ciò produce conseguenze, bruciando anche le tappe e i passaggi in carriere che il più delle volte vengono rovinate da bramosie anche legittime ma eccessive. In Moto3 oggi ci sono ottimi piloti, fatto sta che l’esuberanza, la scarsa esperienza, l’eccessivo “pompaggio” del contorno, porta anche ad esagerare e all’errore. Che si paga.

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