CEV Moto3: “lotta continua” fra Fernandez e Pagliani. Mundialito, non è tutto oro quel che luccica

Piloti e moto sono di primissimo livello e godono del supporto diretto di grandi Team (alcuni del Motomondiale) e dell’occhio benevolo di Case ufficiali.

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 1 ago 2018
CEV Moto3: “lotta continua” fra Fernandez e Pagliani. Mundialito, non è tutto oro quel che luccica

Dopo i primi sette round stagionali il CEV Moto3 si conferma come classe “infuocata”, con gare alla baionetta e risultati condizionati da contatti, incidenti, cadute. Alla fine, si sa, le emozioni delle bagarre passano e conta chi taglia per primo il traguardo e chi porta punti in classifica generale dove troviamo davanti a tutti l’arrembante spagnolo 18enne Raul Fernandez (KTM) – trionfo in fotofinish su Alcoba, Oncu, Ogura e Ceelstino Vietti Ramus ad Aragon! – con 124 punti davanti al nostro Manuel Pagliani (Honda) 96 punti, ko per una caduta non per sua colpa proprio nell’ultimo appuntamento di questo week end al Motorland.

Gli italiani hanno conquistato magnificamente il “Mundialito” Moto3 nelle ultime tre edizioni con Dennis Foggia (2015), Nicolò Bulega (2016) Lorenzo Dalla Porta (2017) e “spetta” quest’anno a Pagliani fare “poker”. Ma non sarà facile centrare l’obiettivo per il 22enne padovano ex campione CIV 2014 costretto quest’anno “a un passo indietro per farne due in avanti” (così disse Manuel a fine 2017 consapevole di non poter disporre di una sella nel Mondiale 2018) perché, appunto, in ogni corsa succede di tutto e di più.

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Ciò comporta tanti “zero” penalizzando i piloti più “focosi” o … sfortunati, tant’è che alla fine sono i più … esperti a vincere: vedi Pagliani (due vittorie e un secondo ecc.) e Fernadez (due vittorie e due secondi ecc.), oltre ai centri di Garcia (due vittorie ma tre “zeri”), di Viu (Marinelli Sniper Team) con una vittoria e un secondo ma due “zeri”. Quindi solo quattro piloti, fin ora, hanno ottenuto almeno una vittoria ma nessuno dei quattro è esente da “zeri”. Nella top ten della classifica generale pro tempore, oltre agli spagnoli (cinque: Fernadez 1°, Alcoba 3°, Garcia 4°, Viu 5°, Garcia Marc 9°) e agli italiani (due: Pagliani 2° e Vietti Ramus 10°, gran corsa ad Aragon in lotta in volata per il podio) ci sono pilotini extra europei decisi a fare da terzi incomodi e far saltare la … tradizione: per primi i giapponesi Kunii 6° e Ogura 7°, il thailandese Chantra 8° ecc.

Gli altri italiani sono oramai tutti fuori dai giochi per il titolo: 12° Montella (34 punti), 14° Rossi Riccardo (32), 17° Stefano Nepa (20) ma oramai passato al Mondiale, 20° Pizzoli (Ktm), 23° il trionfatore dell’ultimo Civ a Misano Kevin Zannoni, 24° Ieraci (9 e gran rimonta ad Aragon). Insomma, Pagliani salvaci tu. Il CEV, come noto, ha da tempo la valenza internazionale di gran lustro fregiandosi del “Fim CEV Moto3 Junior World Championship”, cioè del Mundialito Moto3, trampolino di lancio per i giovanissimi leoni verso l’empireo nella classe cadetta del Motomondiale.

Che il CEV sia a tutti gli effetti un campionato di qualità e di livello internazionale – ci riferiamo in particolare alla Moto3 – è ribadito anche nel 2018 dal numero degli iscritti e da quello delle nazionalità rappresentate. Il motivo è semplice: questa è una fonte importante per formare le nuove leve del motociclismo mondiale di domani.

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La classe cadetta conta in ogni gara almeno 45 iscritti di 15 nazioni, con Spagna e Italia in prima fila. In effetti c’è un bel ventaglio di nazioni: Spagna (13 piloti); Italia (10); Germania (4); Giappone (3); 2 a testa Olanda, Malesia, Thailandia, Turchia; uno a testa Inghilterra, Svizzera, Austria, Belgio, Rep. Ceca, Danimarca, Indonesia. Un’altra particolarità è data dall’età dei piloti, in generale molto bassa, con punte record: 7 i baby-piloti di… 15 anni! (lo spagnolo Perez, l’olandese Faber, i malesi Ikmal Izam e Fitri Bin Mahadi, il giapponese Kunii, i turchi Oncu Deniz e Oncu Can, nessun italiano); 7 i 16enni ( gli italiani Andrea Cavaliere e Riccardo Rossi, gli spagnoli Alcoba e Garcia, il ceco Salac, il belga De Vits, il giapponese Kawahami); 13 i 17enni (gli italiani Vietti Ramus e Stefano Nepa, gli spagnoli Toledo, Lorente, Miralles, Ruiz, Fernandez, il giapponese Ogura, il danese Jespersen, il tedesco Orgis, lo svizzero Dupasquier, l’austriaco Kofler, l’inglese Nesbitt); 10 i 18enni (gli italiani Kevin Zannoni, Yari Montella, Bruno Ieraci, gli spagnoli Viu Aleix del Team italiano Marinelli Rivacold dei pesaresi Cecchini senior e junior, ancora spagnoli Garcia, Polanco, Riu, l’olandese Van De Lagemaat, i tedeschi Orgis e Georgi); infine i 19enni-20enni (l’italiano Davide Pizzoli, lo spagnolo Perez, il thailandese Chantra, il tedesco Freitag) e sopra i 20 anni (gli italiani Antony Groppi e Manuel Pagliani), l’indonesiano Salim, l’inglese Booth con il più “vecchio” il 24enne thailandese dal nome impronunciabile Apiwath Wongthananon). CEV tutto rose e fiori, dunque?

No, perché di fatto il CEV riveste oramai non solo il ruolo di lancio dei “giovani leoni” ma anche di “parcheggio” prolungato obbligato rispetto al gran salto nel Motomondiale e addirittura “ripescaggio” – avanti e indietro – di promesse che dopo fugaci apparizioni nel giro iridato, rientrano nel Mundialito, non certo per scelta.

Questa scomoda situazione riguarda diversi piloti (non certo gli spagnoli ben supportati da una “rete” ben orchestrata fra Federazione moto, Dorna, Organizzatori, sponsor, media ecc.), in particolare gli italiani, a dimostrazione di difficoltà (economiche ma non solo) di gestione che non sono state superate in questi anni di cosiddetto motociclismo show-business e delle vacche grasse (ma non per tutti). Tornando all’attualità, dopo Aragon il CEV va in … letargo tornando il 30 settembre a Jerez (due gare per la Moto3) poi il 14 ottobre ad Albacete, per chiudere la stagione il 25 novembre al Ricardo Tormo (due gare per la Moto3). La strada è ancora lunga e polverosa.

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