MotoGP, Dovi giustiziere, non ragioniere!

Cosa manca al Dovi? La continuità nella “cattiveria”, la risposta in apnea alle bordate degli avversari, la volontà di non arrendersi mai.

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 13 ago 2018
MotoGP, Dovi giustiziere, non ragioniere!

Un terzo posto non è oro ma bronzo e peccato se dopo il GP d’Austria, in classifica generale, il Dovi retrocede in quarta posizione scavalcato da Lorenzo (per una sola lunghezza) e perdendo altri punti pesanti dal leader Marquez. Adesso il gap sale a 71 lunghezze ed è tutto dire. L’aritmetica tiene Andrea ancora legato al filo delle possibilità nella lotta per il titolo ma, visto il vento che tira, il mondiale 2018 è oramai un miraggio.

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Dovizioso non ha il pedigree né il carisma di Rossi, tuttavia, guidando la Ducati, essendo un “bravo ragazzo”, soprattutto uno dei pochi (italiani) capaci di vincere in MotoGP battendo “fenomeni” quali Marquez, Lorenzo, Rossi, ci si va giù “leggeri” anche nelle critiche cercando di vedere il bicchiere “mezzo pieno”. Fatto sta che al Red Bull Ring il Dovi le ha “buscate” dagli alieni Jorge e Marc, finendo primo dei “terrestri” sul missile Rosso gemello di quello del trionfatore maiorchino. “E’ giusto essere delusi – ammette Andrea – perché potevo ottenere di più e non ci sono riuscito”. Poi cerca una risposta: “Per provare a passare Jorge ho stressato troppo il posteriore e l’ho pagato. Le gomme mi hanno mollato presto, ma non so se ho chiesto troppo oppure se ho sbagliato la scelta dei pneumatici”.

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Legittima difesa, quella del Dovi. Ma la verità è secca e cruda. La gara è fatta anche di strategia e di tattica e stavolta Jorge non ha sbagliato niente, usando, oltre alla gomma soft, testa e cuore, col passo “felpato” quando la corsa andava tenuta “lenta”, poi lo strappo con assalti alla baionetta nell’attacco alla trincea. Andrea ha tenuto bene ma non ha capito i “tre squilli di tromba” degli avversari, prima di involarsi: lui fa il succhiaruote del compagno di squadra e commette più di una sbavatura, non ha risposto (o non ha potuto rispondere) al forcing di Marquez prima e di Lorenzo poi, incapace infine di reggere al ritmo forsennato dei fuggitivi.

I due spagnoli non hanno pensato alle… gomme ma a come darsi battaglia, a come essere aggressivi, a come vincere la corsa. Dovizioso doveva passare il compagno di squadra nel “momento giusto”. Perché è rimasto alla sua ruota? Jorge ha fatto da “tappo” o al Dovi è mancata la cattiveria necessaria, il quid che chiude la vena per superare l’avversario e poi per riagganciarsi ai due davanti “frenati” dal match furibondo? La difesa del Dovi: “A dieci giri dal termine non avevo più gomma”. C’è sempre un motivo quando si vince, così come quando si perde.

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Cosa manca al Dovi? La continuità nella “cattiveria”, la risposta in apnea alle bordate degli avversari, la volontà di non arrendersi mai. Le eccezioni ci sono, ma alla fine, nella sostanza, il risultato non cambia. Serve il Dovi giustiziere, non il Dovi ragioniere. Altrimenti, a forza di essere ottimi secondi si diventa buoni … terzi. O quarti. Chi è primo sta davanti.

[img src=”https://media.motoblog.it/a/ad5/gettyimages-1014899902.jpg” alt=”Ducati Team’s Italian rider Andrea Dovizioso rides during the third practice session of the Austrian MotoGP Grand Prix at the Red Bull Ring in Spielberg, Austria on August 11, 2018. (Photo by Jure Makovec / AFP) (Photo credit should read JURE MAKOVEC/AFP/Getty Images)” size=”large” id=”916065″]

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