MotoGP: Ducati, la “questione” piloti
La Casa di Borgo Panigale non raggiunge l’agognato titolo pur disponendo quest’anno del mezzo più competitivo...
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Inutile girarci attorno e non considerare la realtà per quella che è. Anche l’ultima gara di Aragon ha dimostrato che in MotoGP è Marquez a fare la differenza e che in Ducati c’è stato in passato, c’è oggi e ci sarà anche nel 2019 un “problema piloti”.
In altre parole, Marquez è il pilota più forte della MotoGP. Ducati è la moto più forte nella “classe regina” 2018. Lo spagnolo 25enne vola alla conquista del suo settimo titolo iridato pur in sella a una moto eccellente ma “inferiore” alla “Rossa”. La Casa di Borgo Panigale non raggiunge l’agognato titolo pur disponendo quest’anno del mezzo più competitivo. Jorge Lorenzo e Andrea Dovizioso – assai diversi fra loro per pedigree, talento, tecnica e stile di guida, strategia e tattica di gara, mentalità e filosofia di … vita – sono due fior di piloti ma non sono stati in grado – ognuno ha le proprie responsabilità – di sfruttare appieno lo straordinario potenziale delle moto a disposizione.
Hanno entrambi vinto magnificamente gare importanti ma entrambi hanno avuto limiti e commesso errori privando la Ducati di un titolo potenzialmente in tasca sin dall’inizio di stagione. Evidenti sono stati anche i limiti della direzione Ducati nella gestione dei piloti a disposizione portando alla gravissima perdita di Lorenzo (dal 2019 in Honda) – sostituito da un Petrucci “così-così” che anche ad Aragon non ha certo brillato – e a una difficile coabitazione del maiorchino con il Dovi, non sempre libero da condizionamenti tecnico-tattici e psicologici, non sempre capace di dare in pista il suo 100%.
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Con una gestione piloti diversa, strategicamente e tatticamente più accorta, il mondiale MotoGP 2018 sarebbe tornato finalmente e meritatamente a Borgo Panigale. Ci sarà tempo, a bocce ferme, per tornare su questi delicati e complessi argomenti. Ad Aragon, a parte il “fattaccio” dell’incidente iniziale di Lorenzo che lo ha messo subito out (con Jorge in pista la corsa avrebbe avuto un altro ritmo e quindi un altro esito finale?), la vittoria di Marquez (gomma posteriore soft) è stata un capolavoro, a dimostrazione di puro talento e di una grande lucidità dello spagnolo nella gestione della corsa e di una potenza di tiro finale impossibile per altri, compreso Dovizioso pur capace del giro veloce (1’48.385 al 12esimo passaggio).
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A gomme “finite”, quando Marquez a quattro giri dalla fine ha deciso di dare lo strappo finale, Dovizioso non è stato in grado di rispondere con altrettanta veemenza girando mediamente oltre due decimi più lento dell’avversario nel terzultimo e penultimo giro e oltre tre decimi in meno nel giro finale. 21 giro: Marquez 1’49.629, Dovizioso 1’49.820, gap sul traguardo 0.138. 22 giro: Marquez 1’49.024, Dovizioso 1’49.2016, gap 0.320. 23 giro: Marquez 1’49.002, Dovizioso 1’49.330, gap 0.648. Tutto qui, Chiaro? Il manico fa (ancora) la differenza. C’è quindi in Ducati una “questione piloti”? La risposta è nei fatti.
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