MotoGP: Stoner-Ducati, bye-bye! Dopo Jorge, la Rossa perde il Canguro
Sul rapporto Stoner-Ducati si potrebbe scrivere un libro, anzi, una enciclopedia...
Quindi Casey Stoner e Ducati si lasciano. Come da contratto triennale, quindi tutto liscio liscio. Più o meno. Stavolta non sarà un arrivederci, ma un addio. Pur se vale sempre l’adagio: “mai dire mai”. Sul rapporto Stoner-Ducati si potrebbe scrivere un libro, anzi, una enciclopedia.
Invece è il caso di tagliare corto. Le dichiarazioni ufficiali dei protagonisti – dello stesso Stoner, dello stesso Domenicali– sono le solite frasi fatte, buttate giù da solerti uffici stampa, più che noiosi e annoiati, inutili. L’Ad di Borgo Panigale: “Casey è e sarà sempre nel cuore di tutti i Ducatisti” e via discorrendo, la solita minestra riscaldata scopiazzata male e trascritta peggio dal libro Cuore. Fatto sta che a Casey Stoner, invece di montar parole come panna montata rancida, la Casa di Borgo Panigale dovrebbe fargli un monumento, soprattutto per quel che l’australiano ha dato come pilota (l’impareggiabile e unico titolo iridato MotoGP, ma non solo quello!), come tester, consigliere, uomo immagine, ambasciatore e quant’altro.
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Che il “triennale” non sarebbe stato rinnovato non era certo un segreto dato che Casey non era affatto contento del trattamento perché il suo lavoro – a suo dire – non veniva utilizzato dalla squadra. “Sembra che non utilizzino i dati e i feedback che io do loro”. Poi la fiocinata riportata dalla Rosea ai primi di settembre 2018: “Sono tornato in Ducati per lavorare sodo e aiutarla a vincere un altro campionato del mondo, non solo per fare il ragazzo immagine dell’azienda”. Punto. Non per rinfocolare vecchie questioni ma per capire l’aria che tirava in epoche già sospette nel rapporto Ducati-Stoner non si può ricordare l’era dell’amministratore delegato Gabriele Del Torchio, l’abile rais capace di far brillare il ruolo e il peso del “capo” utilizzando il brand come strumento per la propria carriera.
Ci riferiamo, in particolare, quando Del Torchio, nella conferenza stampa di presentazione del Team sulle nevi trentine esaltava l’avversario “star” Valentino Rossi dimenticandosi di avere accanto l’unico cavallo vincente della Rossa, l’imbronciatissimo Casey Stoner cui non rimaneva altro che mandar giù il rospo nel gozzo meditando vendetta. Storia passata, si dirà. Vero. Ma quella lezione fu salutare per la Rossa? Non pare proprio viste poi le tappe successive, prima l’arrivo di Rossi – esperienza disastrosa – su su con i due Andrea, fino al biennio di Jorge Lorenzo – cui qui non aggiungiamo niente per onore di patria! – e oggi il resto in proiezione 2019 con il Dovi e il Petrux, sperando nella benevolenza degli … Dei.
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Tant’è. Adesso se ne va con la fanfara “a mordicchia” il già “ripescato” fuoriclasse australiano. Una grande occasione persa, l’ennesima, da Ducati: Casa superba nel progettare e costruire moto (oggi la Rossa MotoGP non è seconda a nessuno!), ma sempre nel pantano nella gestione piloti. C’è solo da sperare che Stoner –super manico e tecnicamente raffinato e di gran fiuto – sia “sazio” e, invece di farsi ammaliare dalla “sirena” dell’Ala dorata (nel 2019 in MotoGP con due punte diamantine quali Marquez e Lorenzo) torni a dedicarsi, appagato e sereno, a giocare con i coccodrilli.
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