Test ieri e oggi. 55 anni fa il debutto “stradale” di Provini sulla Benelli 250 “4”

Novembre 1963, Tarquinio Provini lascia la Morini per la Benelli. Il fuoriclasse emiliano provò per la prima volta la Benelli 250 4 cilindri nel test “segreto” su strada… aperta al traffico nei pressi di Pesaro.

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 26 nov 2018
Test ieri e oggi. 55 anni fa il debutto “stradale” di Provini sulla Benelli 250 “4”

Senza pausa, la MotoGP torna in pista il 28 e 29 novembre a Jerez per gli ultimi test invernali ufficiali dopo quelli di una settimana fa a Valencia, circuito dove il 18 novembre si è chiuso il mondiale 2018. Nel frattempo pure le altre categorie hanno effettuato i loro test ufficiali e non pochi team (es. della Moto3 ecc.) hanno girato “privatamente”.

Anche in fatto di test, il motociclismo di oggi è profondamente diverso da quello dei decenni passati, in particolare da quello de: “I giorni del coraggio”, dal dopoguerra agli anni ’70. Allora le corse nazionali e internazionali avevano un calendario assai diverso: il Motomondiale terminava con il GP delle Nazioni a Monza ai primi di settembre (ci sarà poi l’eccezione del GP del Giappone nei primi di novembre) e le gare “tricolori” allungavano la stagione con i due ultimi round internazionali di Vallelunga-Roma e Ospedaletti-San Remo a fine settembre e primi di ottobre. Poi lo stop. E il lungo letargo invernale fino all’agognato risveglio con l’apertura della nuova stagione il 19 marzo San Giuseppe all’autodromo di Modena.

Di fatto, per più di cinque mesi, le corse scomparivano dalla scena e gli stessi piloti (italiani) si limitavano a sgroppate in motocross e a (rischiosi) raid stradali con moto di serie. Solo a fine febbraio o ai primi di marzo pochissimi (fortunati…) piloti – per lo più gli accasati che si contavano sulle dita di una mano – tornavano in pista con le nuove moto da corsa, o a Vallelunga o a Modena, anche a Monza, freddo e nebbia permettendo. Rarissime le eccezioni a questo iter. Qui ne ricordiamo una di grande valore di 55 anni fa, il 27 novembre 1963 quando a Pesaro, in tarda mattinata, una luccicante Mercedes Pagoda bianca targata Bologna varca i cancelli della Moto Benelli, all’epoca in viale Mameli, di fatto nel centro città. Qui riprendiamo quanto già da noi scritto su Motoblog perché non c’è niente da togliere e niente da aggiungere.

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Alla guida della splendida auto tedesca c’era Tarquinio Provini, il 30enne pilota piacentino (di Roveleto di Cadeo) trapiantato a Bologna, pluricampione del Mondo sulle Mondial e MV Agusta nonché maxi trionfatore del “tricolore” seniores e delle mitiche corse “gran fondo”, il corridore italiano allora più carismatico e più amato, assai noto, osannato e rispettato ovunque nel mondo, di fatto – con le differenze dovute a un motociclismo e a un mondo totalmente differenti – il Valentino Rossi dell’epoca.

Dopo essere stato gran mattatore del Mondiale 1963 nella 250 (all’epoca la categoria più importante e seguita) con la Morini monocilindrica 4 tempi bialbero, Provini poco più di due settimane prima (10 novembre) nel GP del Giappone a Suzuka aveva perduto per un soffio (soprattutto per l’autolesionistico forfait al TT e al Sachsenring) il titolo iridato, andato al rodesiano Jim Redman sulla Honda 4 cilindri ufficiale. Che ci faceva Tarquinio, a Pesaro, nella “tana del lupo”, il pilota ufficiale della Morini da sempre fiero avversario della Casa del Leoncino? Era l’avvio di un nuovo grande sodalizio fra un pilota (Provini) e una Casa (Benelli) decisi a dare una svolta ai rispettivi impegni agonistici: l’uno voleva cambiare moto (dalla Morini monocilindrica alla Benelli 4 cilindri) e l’altra voleva cambiare pilota (dal pesarese Silvio Grassetti, campione di gran stoffa fatto in casa all’emiliano Provini).

Dopo il GP del Giappone c’era stato al rientro in Italia il primo approccio di Provini con il Ds Paolo Benelli (figlio del mitico Tonino) condividendo il cambio di casacca da formalizzare contrattualmente a Pesaro proprio quel giorno dopo un breve test d’approccio di Tarquinio sulla quattro cilindri grigio-verde, il bolide trionfatore con Grassetti al debutto nel 1962 e portata brillantemente in corsa un mese prima a Monza dallo stesso campione pesarese e dall’inglese Derek Minter.

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La prova fu effettuata a mezzogiorno, poco fuori città sul mitico rettilineo di Pozzo aperto… al traffico, presente, oltre all’equipe del reparto corse, lo staff dirigente della Casa con in testa il presidente Ing. Giovanni Benelli, suo fratello Mimmo già capo della sezione sportiva sin dai tempi dei trionfi iridati di Dario Ambrosini e del TT inglese con Ted Mellors. Fu un momento storico per il motociclismo. Una svolta. L’emozione era davvero forte e quando Provini avviò il motore liberando le inimitabili note rossiniane del “quattro cilindri” pesarese un fragoroso applauso della folla lì convenuta lanciò di fatto la nuova avventura del pilota italiano più forte e apprezzato nel mondo in sella alla moto italiana all’epoca più moderna e potenzialmente più forte, moto che – più volte sviluppata e rinnovata – diventerà nel 1969 campione del Mondo con Kel Carruthers.

Chi scrive queste note era lì, ragazzino in motorino, dopo aver marinato la scuola perché il tam-tam della grande novità l’aveva raggiunto. Il giorno dopo la stampa mondiale lanciò la notizia aprendo per i motociclismo italiano una nuova pagina di speranza e di gloria. Poi, durante l’inverno, quella moto (verde metalizzata) fu praticamente rifatta e debutterà inedita ma con poca fortuna il 19 marzo 1964, con la nuova livrea bianco-rossa, all’autodromo di Modena, gara trionfale per la Morini (“Vinciamo anche senza Provini” disse raggiante il Comm. Alfonso…) con il nuovo arrivato, quasi baby per l’epoca, Giacomo Agostini e proprio con Silvio Grassetti, passato armi e bagagli dalla Casa pesarese a quella emiliana. Applausi e polemiche si mischiarono per mesi, anzi per anni perché Silvio dopo aver dominato la corsa chiuse il gas prima del traguardo lasciando la vittoria (ordini di scuderia…) al giovane compagno di squadra. Per il nuovo binomio Provini-Benelli sarà un inizio difficile, cui però seguiranno presto nuovi successi e trionfi in Italia e nel mondiale fino alla drammatica giornata del 1966 al Tourist Trophy dove una gravissima caduta in prova pose fine alla straordinaria carriera di Tarquinio, uno dei più amati e più forti piloti del motociclismo mondiale di tutti i tempi. Che tempi, ragazzi!

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