Biaggi, l’arte di eliminare il “superfluo”
Già, la “priorità”, il “superfluo”. Max, anche da pilota, pure negli incandescenti week end di corse, aveva sovente l’ardire di inoltrarsi negli artifizi filosofici...
Oltre che essere stato un grande campione di motociclismo, Max Biaggi è anche un campione di umanità. Lo ha dimostrato anche ieri, analizzando se stesso in una confessione in diretta televisiva, commovente e ancor più apprezzabile perché riguarda aspetti delicati della propria vita, le scelte personali, gli affetti più cari.
Mettere a punto un prototipo da Gran Premio è assai difficile ma niente è più difficile che fare “l’assetto giusto” della propria vita. Uno svarione in pista (tecnico e di guida) fa perdere la gara e forse anche il titolo. Ma un errore grave nella vita, una scelta decisiva sbagliata può costare di più: la felicità, il non potersi mai liberare di fardelli asfissianti, non ripartire più perché inchiodati dal peso dei propri passi falsi.
Nell’intervista di ieri a Domenica In su Rai Uno, il “Corsaro” ha gettato la bandana e, disarmato, forte della propria coscienza, è tornato a rivisitare senza veli se stesso, rigirando il chiodo su ferite evidentemente aperte, al di là della convinzione di ritenerle chiuse e della volontà di guardare oltre, tutto preso da un’altra sfida, più importante di una corsa in pista.
Ma dalla pista Max è ripartito, da quando dopo l’incidente in moto al Sagittario di Latina ha rischiato di morire: “Rivivere i momenti successivi all’incidente fa un certo effetto, non ricordo molto dell’incidente, mi sono risvegliato in ospedale, assistito da medici e infermieri con la massima cura e non posso che ringraziarli. Quando il primario mi disse, per la prima volta, della gravità dell’incidente, non mi rendevo neanche conto, perché ero intubato con la morfina. L’ho capito solo quattro giorni dopo, mi sono reso conto solo allora del rischio che avevo corso. Sono stato molto fortunato: solo il 20% delle persone che hanno subito i miei stessi danni sopravvive”.
Max si illumina parlando dei figli avuti dall’ex compagna, Eleonora Pedron. Ma non trova il “passo giusto”, s’incupisce, allude in maniera velata ma non per questo con minor grevità nel tornare al rapporto con Bianca Atzei: “Sono diventato più cinico, ma è stato una necessità, ho dovuto far soffrire anche delle persone che prima consideravo delle priorità e dopo non lo erano più. Io non posso rinunciare alla moto ma ho capito che si deve rinunciare al superfluo”.
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Già, la “priorità”, il “superfluo”. Max, anche da pilota, pure negli incandescenti week end di corse, aveva sovente l’ardire di inoltrarsi negli artifizi filosofici andando non di rado oltre la realtà della gara, oltre l’immediato, cercando nessuno sa cosa. Bartimeo, il cieco e vero discepolo di Cristo che gli ridà la vista, non aveva nulla di “superfluo”, ricco solamente di un mantellaccio strappato che getta via come sfida ma forte della propria fede nel Salvatore. C’è un modo superfluo di vivere, di chi sta alla superficie e, forse, di tutto. Ma chi può giudicare? “Niente è più necessario del superfluo (Albert Einstein). Il superfluo è tutto” (Oscar Wilde).
Solo punti di vista? Sta’ a vedere che Max, oltre che brillante con le sue sei stelle iridate nel firmamento del motociclismo mondale, si avvia verso la galassia del pensiero filosofico per una nuova sfida? Comunque, grazie Max. Per noi appassionati resti sempre il nostro “Corsaro”.