Motomondiale 2019, 50 anni prima la Benelli “4” conquista l’iride 250 con Carruthers
La 250, va ribadito, era la categoria top del mondiale e la quattro cilindri pesarese (capitolo a parte per le sorelle maggiori 350 e 500 guidate da Renzo Pasolini, Mike Hailwood, Jarno Saarinen, Walter Villa) si è conquistata un posto d’onore nell’olimpo delle moto GP di tutti i tempi.
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Fra poco più di due settimane si entra nel 2019, anno importante per la nuova attesissima stagione del Motomondiale ma anche ricco di ricorrenze storiche. Iniziamo con un ricordo di 50 anni fa sul Mondiale 1969, l’ultima stagione senza le limitazioni dei regolamenti (dal 1970 la quarto di litro max 2 cilindri, cambio 6 marce, peso minimo 100 Kg ecc.), in particolare la classe 250.
Le Case italiane che hanno conquistato il titolo mondiale della 250 dal 1949 al 1969 sono state: Guzzi 3 volte: (1949 e 1951) con Bruno Ruffo, (1952) con Enrico Lorenzetti; Benelli 2 volte (1950) con Dario Ambrosini, (1969) con Kel Carruthers; MV Agusta 4 volte (1956, 1959, 1960) con Carlo Ubbiali, (1958) con Tarquinio Provini; Mondial una volta (1957) con Cecil Sandford. Nel 1963 la Morini sfiorò il titolo iridato con Tarquinio Provini. Altre Case italiane – dal 1949 al 1969- hanno costruito 250 pregevoli: Ducati, Aermacchi, Bianchi, MotoBI, Paton ecc.
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Torniamo alla Benelli che, dopo aver conquistato con la monocilindrica 250 il titolo mondiale 1950 con Ambrosini, si ritira dalle corse nel ‘51 per la morte dell’asso cesenate caduto in prova al GP di Francia di Albi. La Casa pesarese rientra a fine ’59, a Monza, prima con una nuova monocilindrica affidata al giovane pesarese Silvio Grassetti (su quella moto saliranno anche Hailwood, Duke, Dale, Spaggiari) poi con la inedita 4 cilindri.
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Il prototipo fu presentato a Pesaro nel giugno 1960: il primo “evento” in cui il motociclismo divenne anche show per il tam-tam mediatico mai cisto prima. La macchina, vista da vicino, esprimeva un senso di potenza e incuteva davvero timore. Il rombo prodotto dai quattro megafoni fatti a mano col martello da una lastra piana, era davvero un crescendo rossiniano.
Tecnicamente innovativa e pregevole. Invertendo la tradizione corrente, i quattro cilindri (alesaggio e corsa di mm 44 x 40,6 = 247,2 cc) sono con asse verticale, raffreddamento ad aria. Fusioni in lega leggera speciale. La distribuzione a due alberi in testa, con due valvole inclinate per cilindro e molle valvole elicoidali (il quattro valvole arriverà con Pasolini, ci fu anche un tre valvole) è comandata da un treno di ingranaggi centrali, la trasmissione primaria è affidata a una coppia di ingranaggi con il minore posto sull’albero a gomiti fra il primo e il secondo cilindro di sinistra.
[img src=”https://media.motoblog.it/b/ben/benelli-story/2ProviniBenelli2504.jpg” alt=”Test ieri e oggi. 55 anni fa il debutto “stradale” di Provini sulla Benelli 250 “4”” size=”large” id=”525873″]
Frizione a secco, cambio a sei marce (poi a sette e test con l’otto marce), alimentazione con quattro Dell’Orto da 20 mm, accensione a batterie con quattro bobine e ruttore quadruplo, lubrificazione a carter secco e serbatoio dell’olio separato. Il telaio, evoluzione di quello della mono bialbero, è in tubi a culla doppia inferiore, freni integrali in lega con l’anteriore a quattro ganasce (poi con Provini la prima moto GP con freni a disco) e doppia leva di comando, pneumatici da 2,50 x 18” davanti e 2,75 x 18” dietro.
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Peso, 122 kg. Potenza di questo primo propulsore: 37 CV a 12.500 giri, velocità con carenatura in alluminio, oltre 220 kmh: quindi top mondiale per la categoria. La pluri frazionata debutta il 15 aprile 1962 alla Coppa d’Oro Shell “premondiale” di Imola, dove il rombo della “rossa” pesarese fa esplodere la “collina del batticuore” con il giovane Silvio Grassetti in fuga, poi appiedato dal ko di una valvola del motore. Il successivo primo maggio, a Cesenatico, in 50 mila salutano la prima straordinaria vittoria della “quattro”, stavolta in splendida livrea verde metallizzata: trionfo storico di Grassetti dopo una caduta agli inizi, prima sconfitta delle Honda ufficiali iridate 4 cilindri di Tom Phillis e Jim Redman e delle Morini ufficiali mono di Provini e Tassinari.
Con quella stessa moto e senza neppure un motore di scorta il Team pesarese va in furgone a Barcellona dove il 6 maggio al Montjuic c’è il GP di Spagna. Grassetti compie un capolavoro … a metà: in testa davanti allo squadrone Honda di Mc Intyre, Redman, Phillis fin quasi alla fine, è costretto ad alzare bandiera bianca per le bizze della solita valvola.
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Poi Hockenheim GP Germania, con il pilota pesarese ancora sfortunato, primo fino alla penultima tornata, quarto sul traguardo per … benzina finita. Furono, da quel 1962 al 1969, anni infuocati. La 250, va ribadito, era la categoria top del mondiale e la quattro cilindri pesarese (capitolo a parte per le sorelle maggiori 350 e 500 guidate da Renzo Pasolini, Mike Hailwood, Jarno Saarinen, Walter Villa) si è conquistata un posto d’onore nell’olimpo delle moto GP di tutti i tempi. Ciò grazie anche alla qualità dei suoi piloti: in primis Silvio Grassetti (cui va l’onere e l’onore del debutto e del primo travagliato step di sviluppo della plurifrazionata nel triennio 1961-62-63); Tarquinio Provini (un mito, ex Mondial, MV Agusta, Morini, il più tecnico e innovatore, il più vittorioso e sfortunato per l’incidente del 25 agosto 1966 al TT inglese); Renzo Pasolini (il più amato e coriaceo, l’anti Agostini); Amilcare Ballestrieri, Walter Villa, Eugenio Lazzarini, Angelo Bergamonti, Remo Venturi, Gilberto Parlotti, Phil Read – Santiago Herrero, gran test a Modena senza seguito per la successiva morte dello spagnolo al TT – e Kel Carruthers.
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La 250 “4”, riveduta più volte e poi completamente rifatta, fu sempre protagonista nella lotta per la vittoria e per il podio, e sette anni dopo, nel 1969 (anno in cui Grassetti diventa vice campione del mondo della 350 con la Jawa 4 cilindri 2 t. ufficiale dietro ad Agostini MV Agusta), con l’australiano Kel Carruthers, modesto quanto forte, conquistò il titolo di campione del Mondo nell’ultimo round ad Abbazia dopo battaglie memorabili con il compagno Pasolini, con Herrero, Read, Grassetti, Gould, Sheene, Andersson, Parlotti ecc.
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Ricordiamo i protagonisti di quel progetto, una avventura straordinaria. Innanzi tutto l’ing. Aulo Savelli, che, oltre a curare il bialbero mono 250, su indicazione dell’Ing. Giovanni Benelli iniziò a scarabocchiare fogli della “4” fin dal 1958, passando in due anni dalla carta alla pista. Un team ristretto ma affiatato: il tecnico Armaroli, i vecchi motoristi dell’epoca di Dario Ambrosini, Filippucci e Maroccini, il telaista Ivo Mancini, quindi le nuove leve, con Primo Zanzani ex deus ex machina Motobì corse, un giovanissimo Giancarlo Cecchini, poi l’era Provini con capo Omer Melotti e sempre Cecchini motorista uomo “d’oro”.
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Giovanni Benelli comandante supremo, Mimo Benelli organizzatore generale, Paolo Benelli (figlio dell’indimenticabile Tonino) e il conte Innocenzo Nardi Dei, comandanti in campo. Una decina di meccanici e, soprattutto, una intera fabbrica di oltre mille persone a “disposizione” del reparto corse. Un qualcosa di straordinario, oggi impensabile. Dal 1962 al 1969 la 250 “4” ha tagliato il traguardo 150 volte: 50 vittorie, di cui 10 iridate, decine e decine di podi e giri record, vittorie al TT e in gare internazionali.
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Un titolo mondiale (Carruthers), 5 titoli italiani di peso (2 Provini, 2 Pasolini, 1 Grassetti), sempre sul podio. Nell’ultima versione il motore erogava oltre 55 Cv a 17.000 giri (ma tirava fino a 20.000!), con la moto a oltre 250 Kmh. Non contenti, alla Benelli preparavano in gran segreto l’arma che forse avrebbe domato i giapponesi: la 250 8 cilindri a V! Ci pensarono i nuovi regolamenti a tarpare le ali ai sogni della gloriosa Casa del Leoncino.
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