MotoGP, Puig “spara” su Pedrosa ma nel mirino c’è Rossi e la sua “macchina da guerra”
Oggi come allora conta solamente il risultato e Puig sa bene che, per raggiungerlo, ogni mezzo è (quasi) lecito, soprattutto usando dichiarazioni mirate e dosate per mettere quella pressione psicologica all’avversario capace spesso di fare la differenza.
In MotoGP tutto fa brodo e ognuno usa le “armi” che ha per portare acqua al proprio mulino lanciando messaggi agli avversari con l’obiettivo di indebolirli. Una volta, soprattutto ai tempi delle grandi Case italiane con i “padroni” nei box, nessuno osava aprir bocca, né i piloti e tanto meno manager o meccanici. Non mancavano polemiche e mugugni, ma chi esternava e non teneva la lingua a posto veniva presto messo in riga e …licenziato.
Uno come Alberto Puig, l’ex pilota spagnolo divenuto talent scout e dal 2018 Team manager della squadra ufficiale Honda in MotoGP in questa stagione “acchiappa tutto”, apparentemente ombroso e dallo sguardo problematico, è il classico personaggio di “collegamento” fra il motociclismo da “pane e mortadella” e quello attuale da “show-business”.
Puig si è fatto da solo, non sfondando come pilota ma come autorevole capo del box e stratega di gran fiuto, costruendosi la fama del “duro” capace di scavare trincee a difesa dei “suoi” assistiti e di tessere la tela per intrappolare il … nemico. Oggi come allora conta solamente il risultato e Puig sa bene che, per raggiungerlo, ogni mezzo è (quasi) lecito, soprattutto usando dichiarazioni mirate e dosate per mettere quella pressione psicologica all’avversario capace spesso di fare la differenza.
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In una recente intervista a “La Vanguardia” il 51enne ex pilota di Barcellona – dopo aver ribadito che il nuovo binomio in Honda Marquez-Lorenzo è uno stimolo vincente per piloti e Team – prima “striglia” il suo ex pupillo Dani Pedrosa per non essere stato all’altezza nel suo ruolo di pilota Honda 2018 e per aver scelto Ktm al posto della Casa dell’Ala dorata come tester quindi gira la torretta e punta il cannone contro il vero obiettivo: Valentino Rossi. Sentiamo. Puig, ovvero il realismo: “Rispetto Rossi, ma nella vita tutto ha il suo momento”. Puig, ovvero i puntini sulle “i”: “Che piaccia o no, Marc è il numero uno. A volte bisogna fermarsi e pensare”. Puig, ovvero l’avvertimento: “Márquez non si preoccupa affatto della corrente di opinione che cercano di generare dall’ambiente di Valentino”. Puig, ovvero la sentenza: “Al contrario nel suo comportamento (di Rossi ndr) abbiamo intravisto la sua debolezza“.
Il presidente USA Donald Trump e il dittatore coreano Kim Jong-un sembrano …“dilettanti” al confronto di Puig lo stratega che nella sua impostazione (non certo del tutto campata in aria) dà per scontato quel che scontato non è: cioè l’arrivo nel Team Honda-Hrc di Jorge Lorenzo come valore aggiunto (di stimolo anche per Marquez) e non come non impossibile generatore di tensioni e problematiche inedite che prima con il binomio Marquez-Pedrosa non c’erano. Su Rossi.
Nel 2018 il 9 volte campione del Mondo – anche per le altalenanti prestazioni della Yamaha – non ha vinto neppure una gara ma mantiene un livello di competitività e di volontà di combattimento al top dimostrando di essere tutt’altro che … “cotto”. Paradossalmente, se Valentino fosse oramai solo un comprimario, che dire di tanti altri piloti non certo superiori per talento e per capacità tecnico-agonistiche? La griglia della MotoGP non andrebbe oltre le prime due file, poco più.
Sulla “corrente di opinione” generata dall’”ambiente di Valentino” si può concordare con Puig, non fosse altro per l’invadenza del territorio e l’invadenza mediatica del suo clan&dintorni, non di rado eccessiva con esternazioni fuori… dal vaso. Anche qui una domanda: e se anche la “corrente di opinione” pro Valentino fosse un tassello di quella strategia di pressione sugli avversari e pro-fan 46, lo strumento non secondario che ha prodotto eccellenti risultati sul piano sportivo e su quello dell’immagine, con Valentino tutt’ora vessillifero e pilota-immagine della MotoGP? Ma, si sa, il troppo stroppia.
Perché gli “orpelli” e le “pressioni” non hanno lo stesso peso e non danno lo stesso risultato anche per l’immagine e per il … business quando si trionfa o quando trionfano gli altri. Le trovate geniali di Valentino e dei “suoi”, come quella storica del giro d’onore dopo il trionfo 125 al Mugello 1997 con la bionda gonfiabile Claudia Skiffer (in funzione anti-Biaggi) sul serbatoio della sua Aprilia, da vincente segnano un’epopea ma da perdenti farebbero la stessa fine della gallina al guinzaglio e di altre zingarate di papà Graziano. Il 2019 è già qui. A febbraio Rossi compie 40 anni. Sarà la stagione della verità. O torna davanti o Puig potrebbe dire con il suo sorriso a metà: “Io l’avevo detto”. Speriamo di no. In MotoGP di Rossi c’è ancora bisogno.
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