MotoGP, elettronica e gomme contano più del “manico” del pilota?
Le Case stanno lavorando in una direzione “conservativa”, “poco” interessate alle potenze massime e a primeggiare sul giro veloce, come in qualifica, puntando a mantenere il “passo vincente” per tutta la corsa.
Nelle sue ultime interviste di fine anno, Jorge Lorenzo ha affrontato diversi temi della MotoGP esprimendosi anche sulla questione sempre bollente se oggi è la moto a fare la differenza o il pilota. Il maiorchino non ha dubbi: è ancora il pilota che incide maggiormente sul risultato. E’ davvero così con la tecnologia sempre più invadente, con la centralina elettronica unica, con le gomme monomarca ecc.?
In Formula 1 – dicitur – il rapporto è sbilanciato pro auto: 70% contro il 30% del pilota. In MotoGP sarebbe il contrario. E’ così? Nei tempi andati, Enzo Ferrari, per la F1 parlava di “fifty-fifty”. Il Conte Domenico Agusta di 49% (moto) e 51% (pilota). Il Comm. Alfonso Morini di 40% moto e 60% pilota. Erano (e sono) percentuali fluttuanti. Forse un divario così accentuato (70% il manico, 30% il mezzo) valeva ai tempi del motociclismo de: “I giorni del coraggio” di Surtees, Hailwood, Agostini ecc., o comunque valeva fino alla rivoluzione introdotta dall’avvento dell’elettronica in forme via via sempre più accentuate.
Fatto sta che le attuali MotoGP di 1000 cc di cilindrata e potenze di ben oltre 250 CV, senza elettronica sarebbero inguidabili. Moto che, pur non essendo… “telecomandate”, godono di sofisticatissimi supporti tecnologici anche se ancora prive di telemetria “diretta”. Di fatto ci sono comunque elementi così innovativi da poterli annoverare nella cosiddetta intelligenza artificiale e nel “machine learning”. Il tutto, non per rendere … “inutile” l’intervento del pilota ma per consentirgli di tirar fuori il massimo dalla propria moto, esprimersi al limite con il minor rischio, senza nulla togliere allo spettacolo, anzi – se possibile – accentuandolo.
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Ovviamente siamo sul crinale, nel senso che oggi, proprio grazie al supporto dell’elettronica, al TC, al Drive By Wire e di altre tecnologie progettuali e costruttive (gomme, telai, sospensioni, aerodinamica ecc.), nonché ai regolamenti “restrittivi”, c’è un “livellamento” di prestazioni e anche la possibilità che un numero maggiori di piloti sia capace di “domare” queste belve. Altro discorso è invece poter portare questi bolidi al limite senza fare… danni, abbassando il tempo sul giro, attaccando con assalti alla baionetta ma rimanendo… “in piedi”. In questo caso sono pochissimi i piloti – con un mix di doti speciali tecnico-agonistiche e psico-fisiche – che fanno la differenza grazie alla capacità di interpretare e sviluppare le tecnologie (insieme ai tecnici, l’elaborazione dati, l’ottimizzazione del lavoro per ogni gara ecc.), con talento, classe, tecnica, sensibilità, agonismo, determinazione e – perché no – stile di guida efficace e da show, davvero extra. Infine c’è quel tocco di magia – che solamente i “super” dispongono – che marca la distanza fra il fuoriclasse e il campione.
Insomma, il pilota che dispone del miglior “equilibrio”, del miglior feeling, della miglior concentrazione, mai sazio di vittorie, senza farsi condizionare psicologicamente dalle situazioni (problemi di moto, vicende di gara, pressione degli avversari ecc.), il pilota che sa adeguarsi all’evoluzione tecnica e che sa lavorare instancabilmente su particolari apparentemente insignificanti, è il pilota vincente. I risultati stanno lì a dimostrarlo.
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Ma torniamo a noi, cioè al peso della tecnica (quindi del mezzo) sul pilota alla vigilia di una stagione che si annuncia assai stimolante sul piano tecnico e agonistico ma che rischia però di diventare, ancor più del 2018, il campionato delle gomme e dell’elettronica con gare-trenino e duelli all’Ok Corral e show finali. In effetti si continua sul binario di scelte tecniche dettate da regolamenti imposti per esigenze di “livellamento” (di fatto per ridurre le distanze fra i concorrenti e rendere la corsa più combattuta e spettacolare, quindi più seguita dal grande pubblico e conseguentemente più redditizia sul piano del business) sin dal 2016 da Dorna con il beneplacito Fim incentrati sulla centralina unica e software unificato.
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Qui eravamo dal 2016, qui siamo in vista del 2019. Ciò – non dimentichiamolo – ha comportato la riduzione delle regolazioni imponendo il ripristino dell’ottimizzazione della mappa motore, del freno motore, dell’anti jumping e del traction control nonché nuova messa a punto della ciclistica e privilegiando così l’aspetto meccanico, con maggiori interventi sulle sospensioni. Quindi la difficoltà di messa a punto della nuova centralina si è riversata e si riversa anche sulla ciclistica e sulle gomme, con interrogativi inediti per Team e piloti costretti a trovare nuove risposte per un diverso equilibrio rispetto ai classici problemi della frenata, della percorrenza in curva, dell’accelerazione ecc. Ripetiamo: dal 2016 il peso delle due novità – centralina e gomme – hanno inciso e incidono non poco sulla competitività del mezzo e del pilota, quindi sui risultati delle corse anche se a svettare è stato il binomio Marquez–Honda.
Questo perché centralina e gomme – in negativo – sono un problema unico e all’opposto – in positivo – sono una opportunità per fare la differenza. Così è stato nel 2016, nel 2017, nel 2018 e così sarà anche nel 2019. A meno di stravolgimenti non previsti, ci saranno ancora gare tatticamente guardinghe, fino a pochi giri dal termine, con l’imperativo – per i piloti – di girare al “risparmio” e non strafare, coccolando in particolare i pneumatici, per non trovarsi alla fine nella esigenza di dover alzare i tempi sul giro, con la gomma posteriore ko che a sua volta, come noto, manda in crisi anche quella anteriore. Non che tutti gli altri elementi che formano il “pacchetto racing” siano insignificanti, ma il “fattore gomme” resta decisivo anche nel 2019.
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Le Case stanno lavorando in una direzione “conservativa”, “poco” interessate alle potenze massime e a primeggiare sul giro veloce, come in qualifica, puntando a mantenere il “passo vincente” per tutta la corsa. Il nodo principale è quindi la gestione dell’elettronica (ricordiamo con centralina unica Marelli uguale per tutti) specie in accelerazione, per poter trasmettere più coppia possibile alla gomma. A parte il complesso lavoro per il bilanciamento e il miglior assetto della moto (anche con lo sviluppo aerodinamico: ali ecc.) c’è quindi la ricerca di un equilibrio ottimale intervenendo sui rapporti del cambio e sul taglio di potenza.
Solo così si salvano le gomme. Così si gira forte sul giro, si tiene costantemente un alto ritmo, si può finire la gara in condizioni di competitività rischiando il meno possibile. Conta anche, evidentemente, la qualità del pilota, il suo stile di guida e la sua capacità di interpretare la corsa e di intervenire sul sistema di messa a punto dell’elettronica. Ma non basta. C’è tanto da fare ancora sul settaggio dell’elettronica, migliorare la percorrenza in curva ecc. E’, come abbiamo scritto più volte, una sfida fra giganti. E prima che in pista, la sfida è nei box, anzi – specie in queste giornate e nelle prossime settimane ancora – nei reparti corse delle Case, fra progettisti. Torneremo presto sull’argomento.
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