MotoGP 2019: Valentino Rossi, il ruolo di “outsider” gli va stretto

La vera forza di Valentino sta nella volontà, non scalfita, della “sfida”, una sfida più con se stesso che con gli avversari: scendere in pista non per partecipare ma per competere puntando a vincere.

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 2 gen 2019
MotoGP 2019: Valentino Rossi, il ruolo di “outsider” gli va stretto

Nel motociclismo c’è sempre un brulicare di oracoli per predire il futuro, in particolare adesso per scrutare la MotoGP 2019, soprattutto per “pesare” le chance di Valentino Rossi, in gran forma al traguardo dei suoi primi 40 anni. Questo motociclismo di luminarie dominato dal business e da passioni non prive di schegge di fanatismo trova però sempre nella sentenza della pista la propria ragion d’essere anche se, con un campione come Rossi sempre in gioco, l’interesse e la tensione restano elevati a favore del fenomeno pesarese anche quando a vincere sono altri.

In effetti, dando a Cesare quel che è di Cesare, cioè il doveroso tributo al magico Marquez e al coriaceo Dovizioso, questa MotoGP trova ancora sempre in Rossi il… “deus ex machina”. Al di là delle classifiche del 2018 e al di là delle polemiche – per lo più stantie o di comodo – è ancora il fuoriclasse pesarese a fare notizia, vuoi perché resta il “simbolo” del motociclismo show-business dell’era Dorna, vuoi per il palmares straordinario di 23 anni di carriera (9 titoli mondiali, 383 GP con 115 vittorie e 232 podi) che lascia un segno indelebile, vuoi perché anche nell’ultima stagione, pur non vincendo neppure una gara e mancando della “falcata” e della “frustata” dei migliori tempi passati, Valentino ha dimostrato in pista di essere comunque solido e competitivo: il terzo posto nella classifica finale dietro al “ciclone” Marquez e a Dovizioso (gran bel pilota che però rischia di passare come eterno secondo) e davanti al giovane arrembante ma altalenante compagno di squadra Vinales ne è la controprova.

Stavolta a riaccendere il fuoco sulla “questione Rossi” sono due ex eccellenti quali Agostini e Stoner che sul sito motogp.com – cioè la voce del promoter Dorna – senza giri di parole insistono sulla validità che Valentino continui a correre anche superati i 40 anni in quanto “pilota veloce, competitivo, motivato”.

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Siccome niente avviene per caso, va ricordato che anche a metà campionato 2018 Dorna lanciò in un video sul sito ufficiale motogp.com interviste a cinque ex campioni con gli stessi Agostini e Stoner e l’aggiunta di Roberts, Rainey, Schwantz. L’obiettivo, in quella fase di pausa estiva, era quello di lodare Rossi insistendo sulla sua competitività nella corsa al titolo così da aggiungere pepe sull’interesse del campionato.

Adesso, in vista della riapertura stagionale, si potrebbe dire, arieccoci o, se più piace, “arieccoli!”. Il campionato 2019 presenta molti validi motivi di interesse (in primis la verifica dell’inedito binomio Honda MarquezLorenzo ecc.) ma – evidentemente – questa MotoGP ha ancora “bisogno” di Valentino Rossi, non come outsider di lusso o “padre nobile”, ma come protagonista eccellente in grado di battersi per la vittoria in gara e in campionato.

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Desiderio realistico o velleitario? Il 2018 è dietro le spalle ma da lì si riparte: il number one, indiscutibile, è stato Marquez che ci ha messo (molto) del suo; il suo degno avversario è stato Dovizioso (in sella alla moto più competitiva del lotto), cresciuto ancora ma con il gap della discontinuità. Rossi, più che terzo incomodo, ha fatto da collante fra i due protagonisti assoluti (inarrivabili) e gli inseguitori, giunti alla fine alle sue spalle.

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Ciò detto in estrema sintesi sul 2018, il 2019 è l’anno dei 40 anni (li compirà il prossimo 16 febbraio) di Rossi, una stagione decisiva per l’assalto (l’ultimo?) al titolo iridato numero dieci e, soprattutto, per verificare l’effettiva competitività del “Dottore”. Valentino corre ancora perché – come ripetono anche Agostini e Stoner – “si diverte” e – aggiungiamo noi – anche perché, correndo, tiene desto, alimentandolo, un giro di interessi economici di grande portata.

La vera forza di Valentino sta nella volontà, non scalfita, della “sfida”, una sfida più con se stesso che con gli avversari: scendere in pista non per partecipare ma per competere puntando a vincere. Si può dire tutto, di Valentino, ma non che abbia mai tirato i remi in barca, tanto meno alzato bandiera bianca, sempre pronto – se non a fare miracoli come nei giorni di gloria – a cogliere ogni spiraglio di occasione propizia e conquistare il miglior risultato possibile.

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D’altronde, che da quasi un ventennio Valentino Rossi sia il corridore più seguito e amato lo sanno tutti. Perché – pur ovviamente non privo di limiti in pista e fuori – è un fuoriclasse, il pilota più longevo e vincente di questo motociclismo show-business, perché va forte, non molla, ha carisma e buca lo schermo. Rossi è già proiettato in un ruolo oltre quello di pilota – talento scout, promoter, business-man ecc. – ma finché resta in pista in MotoGP, non ha alternativa: deve correre battendosi con gli altri e deve puntare alla vittoria.

Un fuoriclasse non vive di ricordi. Con i piazzamenti, pur di valore ma senza vittorie, il titolo non si conquista. Rossi lo sa. Al di là delle ripetute manfrine pre gara – anche per tatticismi mediatici e di pressione psicologica verso avversari sempre più numerosi e agguerriti – sui “limiti” della Yamaha, in pista c’è un sostanziale livellamento tecnico e la differenza nel 2018 l’ha fatta il pilota, cioè Marquez. All’indomito Valentino, se vuole tentare il colpaccio, non resta che il cambio di passo e fare il … Marquez. Non facile, per il 40enne campione di Tavullia. Anche perché, si sa, è sempre meglio essere la versione originale di se stessi che non la brutta copia di qualcun altro.

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