Surtees, inarrivabile “figlio del vento”: l’unico iridato nelle 2 e 4 ruote

Semplicemente ineguagliabile, Big John. Anche per il suo stile. Non solo in corsa...

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 12 feb 2019
Surtees, inarrivabile “figlio del vento”: l’unico iridato nelle 2 e 4 ruote

Nel motociclismo, si sa, tutti presi dall’attualità e avvitati nella spirale dello sport show-business, c’è poco spazio per l’amarcord, spesso dimenticandosi anche di chi è nel firmamento del Motorsport mondiale, stella luminosissima e imperitura.

Chi, fra i media anche di settore, ha in questi giorni reso doveroso omaggio a John Surtees nato l’11 febbraio 1934 e morto il 10 marzo 2017? Perché non mantenere vivo il ricordo di “Big John”, gentleman nei modi e nella sostanza “malato” di corse, tecnico raffinato, costruttore di grande coraggio e intuito, fuoriclasse senza aggettivi, l’unico nella storia ad aver conquistato il titolo di campione del Mondo sia nel motociclismo (7 volte!) che in Formula 1 trionfando anche nel campionato Usa CanAm?

Un “gigante” in pista e fuori, dalla dura scorza ma di grande umanità. Proprio dieci anni fa, a una mia domanda sul figlio Henry perito tragicamente in gara nel 2009 in Formula 2 a Brand Hatch, rispose: “Un bravo ragazzo, un bravo pilota: quando il destino ti chiama, ti chiama”. Gli si arrossarono leggermente gli occhi, non una lacrima una.

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John ha ricevuto in patria grandi onorificenze (l’ultima nel 2015 nominato dalla regina Elisabetta Comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico!) ma ha amato l’Italia e gli italiani anche perché deve ai nostri due più famosi Marchi delle corse – MV Agusta per il motociclismo e Ferrari per l’automobilismo – i risultati più fulgidi della sua luminosa e inimitabile carriera.

John ricordava sempre gli anni d’oro trascorsi dal 1956 al 1960 in sella ai bolidi di Cascina Costa (7 titoli mondiali vinti!) e dal 1962 al volante delle Rosse di Maranello (1 titolo mondiale nel 1964 che potevano essere almeno 3 senza il divorzio con la Casa modenese del 1966), con il conte Domenico Agusta e il comm. Enzo Ferrari messi da “Big John” sullo stesso piano per passione, competenza, volontà di primeggiare e anche per il… non facile carattere: “Due incomparabili geni e benemeriti del Motorsport mondiale di tutti i tempi”.

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Cosa poteva fare John, nato in una famiglia di corridori, il taciturno padre Jack sidecarista, la madre “dragonessa” Dorothy sulla ciabatta, il fratello Norman buon fantino nelle 125? A 17 anni, nel 1951, il debutto a Thruxton con una Vincent HRD 500, poi la dura gavetta con una Norton privat, quindi il primo exploit iridato all’Ulster, con la NSU “Sportmax” 250. Nel ’55 il ritorno da “ufficiale”, castigamatti, alla Norton: 88 corse 77 vittorie, 8 volte secondo, 2 volte terzo! Da lì, 21enne, il 19 ottobre 1955, su un tappeto di velluto (e di sterline) steso dal Conte Domenico Agusta, il gran salto quale primo pilota nello squadrone di Cascina Costa, degno erede del grande compianto Leslie Graham.

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In cinque stagioni di fuoco, dal 1956 al 1960, Surtees lotta contro un lungo elenco di grandi piloti della vecchia e della nuova generazione (Duke, Masetti, Lomas, Mc Intyre, Cavanagh, Milani, Dale, Armstrong, Campbell, Sandford, Monneret, Grant, Bandirola, Lorenzetti, Zeller, Muller, Artle, Minter, Venturi, Liberati, Hocking, Hailwood) ma svetta: sette titoli iridati (tre nella 350 e 4 nella 500), 38 Gran Premi vinti, imbattuto per quasi tre anni in 25 gare iridate consecutive, frantumati tutti i primati in tutte le piste, due sole cadute!

Surtees, corridore “scientifico” e dei “filotti” (nel ’59 vince tutti i GP della 350 e della 500), inglese con lo sguardo rivolto all’Italia, era davvero un gentiluomo d’altri tempi. Per “Big John”, viso tondo e slavato da eterno bambino timido e imberbe, figura da “francescano”, curvo e impacciato a piedi quanto armonioso e sicuro sulla moto, le corse erano la sua ragione di vita. Il canto ammaliante delle sirene delle quattro ruote lo strappa presto al motociclismo: a soli 26 anni chiude una straordinaria carriera sulle due ruote per una nuova sfida, inseguendo il mito di Nuvolari, Varzi, Rosemehier, Behra, Serafini, Ruffo. John passa dal Conte Agusta di Cascina Costa al “Drake” di Maranello e riesce dove anche calibri come Mike Hailwood e Giacomo Agostini falliranno, dopo.

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A Enzo Biagi confida: “Correre è fare della geometria, ci vuole immaginazione ad abbandonarti a curve, cerchi, parabole”.

Scrivevamo tempo addietro su Motoblog:

“John trasformava l’arte di correre in “arte di vincere”, sintesi di arte pura – nello stile di guida (è il primo che in curva sposta il corpo all’interno, disassato dalla moto), nello scalare le marce, (una doppia da cambio … elettronico), nell’impostare un curvone (svirgolate da brivido), nel superare un avversario in staccata – con tocchi mirabili alla Michelangelo, Raffaello, Leonardo. Una sintesi fra Nuvolari e Duke in moto, paragonato in F 1 a Stirling Moss nel temperamento. Manuel Fangio, 5 titoli iridati in Formula uno, considerava Surtees il pilota “più completo” del motorismo di tutti i tempi”

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Semplicemente ineguagliabile, Big John. Anche per il suo stile. Non solo in corsa. Bastava stargli accanto, osservarlo, quando seduto nel paddok – come se l’imminente battaglia che doveva sostenere di lì a poco in pista non lo riguardasse – prendeva il the con la moglie Pat. Campioni si nasce. Forse anche gentleman.

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