Motomondiale, si riparte. Quando il “letargo” finiva con la Mototemporada
In questo motociclismo odierno non esiste più, di fatto, la fase del lungo letargo invernale a differenza dei decenni passati, l’epopea definita de: “I giorni del coraggio”, né peggiore né migliore di oggi, certamente assai diversa ma vissuta con la stessa intensità e con la stessa passione dai piloti in pista e dagli appassionati ai bordi dei circuiti...
Il grande motociclismo è in fermento. Già questo week end inizia in Australia a Phillip Island il mondiale SBK, oggi a Jerez via alla tre giorni di prove ufficiali Moto3 e Moto2 seguite a ruota dai test della MotoGP del 23-25 febbraio a Losail dove il 10 marzo si disputa il primo round stagionale.
Non solo. C’è già il tam-tam mediatico che rilancia i temi di interesse della stagione 2019, aprendo interrogativi e polemiche vecchie e nuove. Di più: per non farci mancare niente, si approfitta del compleanno (e che compleanno!) dei 40 anni di Valentino Rossi per inondare tv, giornali e social sul 9 volte campione del Mondo: grasso che cola – al di là delle diatribe fra fan e contro fan -per il motociclismo tutto.
E’ importante che si parli comunque di motociclismo, poi ognuno prende quel che ritiene buono e utile scartando la “fuffa”, nella logica che non è vero che esiste un motociclismo di “puri e duri” e non è vero che i “pochi e buoni” migliorino le corse. In questo motociclismo odierno non esiste più, di fatto, la fase del lungo letargo invernale a differenza dei decenni passati, l’epopea definita de: “I giorni del coraggio”, né peggiore né migliore di oggi, certamente assai diversa ma vissuta con la stessa intensità e con la stessa passione dai piloti in pista e dagli appassionati ai bordi dei circuiti, spesso tracciati improvvisati lungo i viali cittadini, o presi … a prestito pro tempore, da spazi adibiti ad altra funzione, come ad esempio accadeva all’autodromo di Modena situato nell’aeroporto all’ombra della Ghirlandina.
E a Modena, ogni 19 marzo, si disputava la prima corsa stagionale tricolore aperta ai big internazionali, una pre mondiale di fatto: un vero e proprio rito officiato con passione e arte, con l’intervento di decine di migliaia di spettatori non solo italiani ma anche esteri: svizzeri, tedeschi, austriaci, francesi, olandesi ecc. Come abbiamo già scritto, una volta, dal dopoguerra agli anni ’70, le corse di moto entravano in un lungo letargo invernale, come se non esistessero più.
Il motomondiale terminava di solito agli inizi di settembre con il GP d’Italia a Monza, poi, dopo il boom delle moto del Sol Levante, con il GP del Giappone ad ottobre. In Italia la stagione internazionale si chiudeva con le due ultime gare autunnali – quasi sempre soleggiate – di Vallelunga (Roma) e di Ospedaletti (San Remo). Poco o nulla si sapeva delle corse in Sud Africa, a dicembre, dove mai partecipavano piloti o case italiane.
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Quindi da ottobre ai primi di gennaio, per tre mesi, il motociclismo si “spegneva” come non ci fosse mai stato e mai dovesse tornare. Il vero letargo durava “solo” tre mesi perché dopo la Befana (6 gennaio) iniziava la conta sul calendario in … vista del 19 marzo, per l’attesissima apertura tricolore nel vecchio e spettacolare autodromo nel cuore di Modena, di fatto una specie di immenso stadio con vista sull’intero tracciato.
A Modena, dal 1961, si sono scritte pagine di grandi corse con le vittorie di Franco Farnè (Ducati) nelle 125, Provini (Morini 250) e Liberati (Gilera 500). Nel 1962, Francesco Villa (Mondial 125), Provini (Morini 250), Hailwood (MV Agusta 500); nel 1963, Torras (Bultaco 125), Provini (Morini 250), Hailwood (MV Agusta 500); nel 1964, Spaggiari (ultima vittoria MV Agusta 125), Agostini (prima vittoria Morini 250), Venturi (Bianchi 500); nel 1965, Mandolini (Mondial 125), Provini (Benelli 250), Agostini (MV Agusta 500); nel 1966, Bryans (Honda 125), Provini (Benelli 250), Agostini (MV Agusta 500); nel 1967, Walter Villa (Mondial 125, Grassetti (Morini 250), Pasolini (Benelli 500); nel 1969, F. Villa (Honda 50), Walter Villa (Montesa 125), Pasolini (Benelli 250 e 500). Purtroppo, di questi campioni, pochi sono ancora fra noi, rapiti o dalla dea bendata in pista o per malattia.
Modena era un round, il primo di ogni stagione, della Mototemporada. Cioè del funambolico tour con tappe che iniziavano, appunto, il giorno di San Giuseppe (non mancavano sul circuito cartelli dei “falegnami” con dediche al loro santo…) a Modena, proseguivano sui circuiti cittadini e non a Riccione, Rimini, Cesenatico, Cervia Milano Marittima, Imola, Pesaro, Monza, Vallelunga, San Remo Ospedaletti e nei primi anni in molte altre città.
Per non parlare dei tanti circuiti cittadini teatro del campionato velocità juniores 125-175-250 e side. La Mototemporada emiliano-romagnola (allargata geograficamente) era un tour pre-mondiale e, comunque, oltre ai piloti big del mondiale (stranieri e italiani), contava sulla forte presenza di Case Made in Italy quali MV Agusta, Benelli, Morini, Bianchi, Aermacchi, Mondial, Ducati, Villa, MotoBi, Paton, Linto, Parilla, Rumi (prima anche Moto Guzzi e Gilera e poi Morbidelli, Minarelli, MBA, Sanvenero, Aprilia): una presenza che garantiva qualità tecnico-agonistica e show anche se – come abbiamo più volte scritto su Motoblog – non era tutto oro quel che luccicava.
Oggi il motociclismo ha cambiato contenitori e contenuti ma la sostanza resta la stessa: sport di passione, di spettacolo, di tecnica, di rischio. Insistiamo con i nostri Amarcord perché tanti lettori lo chiedono e perché siamo convinti che senza memoria storica non c’è futuro e non si comprende neppure il presente.
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