SBK, il trionfo di Bautista-Ducati non chiude il campionato. La festa è appena cominciata.

La differenza fra la Ducati di Bautista e la Kawasaki di Rea si è vista anche “ad occhio”, confermata dai tempi cronometrici sulle varie parti del circuito australiano...

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 25 feb 2019
SBK, il trionfo di Bautista-Ducati non chiude il campionato. La festa è appena cominciata.

Dopo il “tre e zitti” di BautistaDucati V4 nel primo round iridato SBK a Phillip Island, Jonathan Rea non è certo ko ma deluso sì, se non addirittura frastornato. Non tanto per il risultato (peraltro l’asso della Kawasaki ha portato a casa più punti del 2018, oltre la superpole e il giro veloce nella gara sprint) quanto per “come” Bautista ha vinto e per “come” Rea ha perso.

Il primo, al debutto in SBK con la inedita V4 di Borgo Panigale, si è reso protagonista di un assolo (di fatto incontrastato in ognuna delle tre gare in programma) nella logica del “veni-vidi-vici”, facendo il bello e il cattivo tempo, per non dire che ha vinto con… una mano.

Il secondo, dopo gli ultimi quattro mondiali dominati su una moto allo zenit del suo sviluppo, si è trovato (per la prima volta) “sverniciato” da un avversario con un mezzo a Phillip Island nettamente superiore, specie in accelerazione e velocità di punta.

E lasciamo stare il rapporto fra le (quattro) Ducati in pista ben sapendo che i pesanti distacchi fra la 4 cilindri trionfatrice con Bautista e le altre 3 moto bolognesi, oltre alle diverse configurazioni e a componenti tecniche diverse, sono anche dovute ai piloti, con Davies che vive la… sindrome di Bautista, con Rinaldi a corto di esperienza (quindi di feeling) nel mettere a punto e portare al limite la nuova moto tutt’altro che semplice, con Laverty… spaesato.

A quando il riscatto dei tre ducatisti? Torniamo al dunque. La differenza fra la Ducati di Bautista e la Kawasaki di Rea si è vista anche “ad occhio”, confermata dai tempi cronometrici sulle varie parti del circuito australiano: sostanzialmente, ovunque, la differenza fra Bautista e Rea non è stata di “manico”, ma di motore.

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Alla fine, in due gare il 4 volte iridato si è preso 30 secondi di distacco e anche nella inedita mini gara di 10 giri non c’è stata storia. Per l’ex cannibale nordirlandese un macigno sul groppone, una mazzata. Alla fine Rea, a caldo, è apparso sfiduciato e pessimista sul futuro: “E’ evidente che con la nostra moto siamo in difficoltà rispetto alla nuova Panigale. Il gap da colmare nei loro confronti è enorme ed il problema è che non possiamo fare nulla. Abbiamo migliorato tutto ma è stato tutto inutile. Nel corso del campionato non credo che sia possibile diminuire questo gap. Ma io non mi arrendo”.

Poi Rea punta il dito contro gli attuali regolamenti “Non si dovrebbe permettere l’omologazione di una moto con oltre 16.000 motore”, moto peraltro definita dallo stesso Bautista: “Una MotoGP stradale”. Non entriamo qui – ma ci ritorneremo – sulla bega-regolamenti, un ginepraio da non uscirne più fuori, una patata bollente che prima o poi potrebbe esplodere. Diciamo però che, essendo oggi tutti i motori SBK 4 cilindri, se proprio si vuole imporre un tetto ai giri motore, i limiti devono essere per tutti uguali alla fine, non all’inizio, dove far girare un propulsore di serie a 16.000 giri diventa “discutibile” rispetto al suo effettivo uso e alla sua effettiva possibilità e tenuta.

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Ciò dovrebbe valere per ogni tipo di distribuzione, anche per i desmodromici. Tant’è. Phillip Island ha confermato quanto da sempre si sa: pilota forte più moto forte dà lì il risultato. Ma resta valida anche per il nuovo binomio la regola numero uno delle corse: nessuno è imbattibile. Vale anche per BautistaDucati quando, specie in Europa, si troveranno su circuiti con le caratteristiche ben diverse da quelle di Phillip Island e non sarà sempre festa.

Il “motorone” della V4 metterà a dura prova assetti, telaio e gomme e anche il pur bravo Bautista avrà le sue gatte da pelare. Rea era ed è tosto, anzi super tosto, bel manico bella testa: c’è solo da sperare che il suo nuovo compagno Haslam non costituisca un intralcio, la sua spina nel fianco, vera mina vagante. Il campionato è tutt’altro che chiuso. A Phillip Island, dove Pirelli con la sua gomma ha retto magistralmente alla prova smentendo i dubbi della vigilia, si è accesa la miccia per alimentare grandi duelli e grandi passioni. Basta aspettare.

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