Moto2: tanto show ma “basso” livello? Mattia il gigante
Il rischio è che, al di là degli obiettivi - per primo quello di formare e promuovere piloti per il salto in MotoGP - la Moto2 diventi una categoria di “parcheggio” o di “ritorno” all’indietro dopo prove ritenute inadeguate nella premier class.
L’ultima gara della Moto2 in Texas ripropone interrogativi sul ruolo e sul livello tecnico e agonistico di una categoria che è per lo più avvincente sul piano dello show ma poco convincente sul suo reale “peso” qualitativo.
La Moto2 è considerata la categoria di mezzo fra la Moto3 classe di accesso al Motomondiale per i “giovani leoni” e la MotoGP“classe regina” cui tutti puntano, con piloti, Case, Team, moto, sponsor, comunicazione, business al top. Ora, senza voler sminuire la Moto2, cui però pesa negativamente il marchio di categoria “monomarca”, è un fatto che dal 2010, anno del debutto della classe di mezzo, nessun pilota iridato in Moto2 – con l’eccezione di Marc Marquez campione nel 2012 – ha mai vinto il titolo in MotoGP.
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Il rischio è che, al di là degli obiettivi – per primo quello di formare e promuovere piloti per il salto in MotoGP – la Moto2 diventi una categoria di “parcheggio” o di “ritorno” all’indietro dopo prove ritenute inadeguate nella premier class. Senza togliere nulla – anzi nel pieno rispetto e con il massimo plauso – a piloti come Luthi che vince in Texas davanti a Schrotter e Navarro o come Mattia Pasini, straordinario quarto a un filo dal podio, non ci si può non porre la domanda: cos’è davvero la Moto2?Dove va? A cosa serve? Perché quando tornano protagonisti ai vertici piloti di lungo corso – pur brillantissimi – al giro di boa di carriera o addirittura richiamati in servizio oltre … zona Cesarini, piloti in grado di tenere a bada le nuove leve considerate diamantine e prossime al gran salto, il dubbio che la Moto2 non sia poi così ricca di “fenomeni”, viene.
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Se l’ultra 33enne svizzero Thomas Luthi– già iridato 125 … 14 anni fa (2005), già in Moto2 9 anni fa (dal 2010) e in MotoGP nel 2018 senza ottenere neppure un punto – mette tutti in riga – di forza – in Texas ed è terzo in classifica generale a 2 punti dal secondo e a 5 dal primo, non solo conferma di essere un corridore coriaceo e veloce ma che ai giovani leoni rampanti mancano (ancora?) gli artigli per diventare Re della foresta.
Idem, e di più, per l’ormai 35enne Mattia Pasini che non ha certo bisogno di presentazioni e che richiamato pro tempore in Texas per sostituire l’infortunato Fernandez dopo essere stato lasciato (ingiustamente) a piedi a fine 2018, giganteggia (senza aver di fatto mai provato la nuova moto) con un capolavoro di gara lambendo il podio, dimostrando quel che si sa, cioè un gran bel manico, e di più. Tutto qui.
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Forse i “galletti”(anche?) in Moto2 cantano (troppo) ma non realizzano. Le eccezioni ci sono ma non fanno altro che confermare la regola. In MotoGP, come noto, in Texas ha vinto il 24enne Rins davanti al 40enne Rossi. Capito?