MotoGP Jerez, il gioco si fa duro
Decisivi i prossimi undici round europei e, fra questi, particolarmente i primi sei di Jerez (5 maggio), Le Mans (19 maggio), Mugello (2 giugno), Barcellona (16 giugno), Assen (30 giugno), Sachsenring (7 luglio)
Lasciando da parte le dichiarazioni scritte dei piloti MotoGP per lo più frutto degli uffici stampa dei Team fatte con lo stampino e ad uso e consumo dei diretti interessati, in primis degli Sponsor, da Jerez si uscirà in modo diverso da come si entra. Non che i primi tre round 2019 in Qatar, in Argentina e in Texas siano stati inutili e che l’attuale classifica (con Dovizioso 54 punti, Rossi 51, Rins 49, Marquez 45, Petrucci 30, Miller 29, Nakagami 22, Crutchlow 19, P. Espargaro 18, Quartararo 17, Morbidelli 16, Vinales 14) sia fasulla. Ma è indubbio che, così come il Campionato si chiuderà il 17 novembre in Europa a Valencia, saranno decisivi i prossimi undici round europei e, fra questi, particolarmente i primi sei di Jerez (5 maggio), Le Mans (19 maggio), Mugello (2 giugno), Barcellona (16 giugno), Assen (30 giugno), Sachsenring (7 luglio).
Quindi, nei prossimi due mesi agonisticamente bollenti, la classifica assumerà ai vertici contorni ben definiti, forse con un pilota saldamente in testa, se non proprio in fuga. Qui non si vuole azzardare pronostici ma “pesare” le forze in campo ben sapendo che nel motociclismo tutto può sempre accadere. Senza nulla togliere ai circuiti di Losail, Termas De Rio e Cota, Jerez e gli altri cinque successivi sono altra cosa, ben più probanti per i piloti e per le moto.
In assoluto non c’è (oggi) la moto migliore, quella che fa la netta differenza. E, comunque, la moto migliore non è quella superiore in qualche segmento (HP, velocità di punta, accelerazione, guidabilità, frenata, ecc.) ma quella che fa il miglior tempo sul giro e tiene il passo più rapido in gara. Ducati mantiene un leggero vantaggio sulla Honda, tutt’ora più “bizzarra” nella guida ma oramai senza più gap consistenti rispetto alla V4 bolognese, neppure per potenza, velocità, accelerazione. Il binomio Marquez-Honda resta favorito perché c’è un pilota “extra” capace di esprimersi con quel pizzico in più: è la genialità del super fuoriclasse che alla fine (non è già successo?) potrebbe fare la differenza. Se così non fosse, se cioè Marquez-Honda come “pacchetto” non fosse un pelino sopra, il binomio Dovizioso-Ducati avrebbe già partita vinta. Ma Andrea con la Rossa non è già in testa al campionato? Sì. Ma la classifica sconta lo “zero” di Marquez dopo l’autolesionistica caduta in Texas quando lo spagnolo stava dominando la gara, a dimostrazione di quanto scritto sopra.
Partita chiusa pro Marquez-Honda? No di certo. L’antico adagio: “Nessuno è imbattibile” vale anche per Marquez, fenomeno non privo di sbavature, non per pressioni altrui, bensì per il peccato della… esagerazione. Non solo. Le inziali e pesanti difficoltà (anche per … sfiga) di Jorge Lorenzo potrebbero alla fin fine costituire un “valore aggiunto” per Marquez. Se anche a Jerez tali difficoltà dovessero permanere, poi al maiorchino non resterebbe che il ruolo di “gregario” di lusso, dando nei successivi round man forte al compagno di squadra Marquez. A quel punto il duo Marquez-Lorenzo diventerebbe una forza d’urto difficilmente arginabile. Nel motociclismo, si dice, non c’è gioco di squadra. Forse non si vede, ma si è sempre fatto e si fa: se serve e se si può. E’ strategia e non viene certo sbandierata ai quattro venti.
Chi, negli altri Team, può impostare e rendere fattibile il gioco di squadra facendo la differenza in pista e in campionato? Non in casa Ducati, con Petrucci già in affanno ed eventualmente con Miller più nel ruolo di “saltabirilli” che in quello di aiutante in campo della Rossa. Il Dovi deve quindi vedersela da solo puntando tutto sulle proprie forze: è un bel passista ma da Jerez bisogna tornare all’attacco e il circuito spagnolo non è quello notturno di Losail. Non in casa Yamaha, dove Rossi ha ripreso in mano la leadership della squadra con Vinales in chiaroscuro, impegnato per tornare a battersi davanti, tutt’altro che propenso a favorire l’asso pesarese. A Rossi, poi, viene meglio giocare da solo anche perché pensa che il compagno di squadra sia, oltre che un impiccio, il primo vero avversario da battere. Non a caso Valentino, pur non vincendo da molto tempo, gode per essere ancora lì ai vertici dimostrando che nella Casa dei tre diapason è ancora lui il direttore d’orchestra. Idem in Suzuki, dove Rins, passato da outsider a protagonista, cerca solo il bis trionfale del Texas, a questo punto indeciso se fare da “spettatore” interessato nel braccio di ferro Marquez-Dovizioso (più Rossi?) sfruttando i loro eventuali errori o fare il jolly, sempre all’attacco, disinteressandosi della classifica 2019. E gli altri? Gran bagarre per dimostrare che fra i “secondi” (e i “terzi”) c’è già, pronto, il ricambio per la futura MotoGP. Di certo Jerez non deluderà il gran pubblico sugli spalti e davanti alla tv.