Mugello, via il “dosso”? Sicurezza, piste e potenze
Modificare il tracciato del più bel circuito del mondo, smussando il “dosso” sul lungo dritto che porta alla prima curva della San Donato?
La bella notizia è che oggi, con la prima giornata di prove ufficiali (libere), inizia al Mugello il GP d’Italia, sesto round del Motomondiale 2019. La notizia meno bella, anzi decisamente brutta, è che si parla di modificare il tracciato del più bel circuito del mondo, smussando il “dosso” sul lungo dritto che porta alla prima curva della San Donato. Ieri, alla vigilia del GP, Dovizioso e Marquez hanno denunciato lo scollino verso la San Donato, ritenuto troppo pericoloso con le attuali MotoGP 4 cilindri (a V o in linea) 4 tempi aspirato di 1000cc., alesaggio 81 mm., moto da oltre 350 Kmh e con potenze vicine ai 300CV/litro.
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Guardando indietro, si può dire che quando i piloti (i big!), per motivi di sicurezza, cominciano a “bocciare” un circuito o parti di un circuito, prima o poi – minimo – il tracciato viene modificato, snaturandolo (vedi Assen, Imola, Misano ecc.) o, in caso contrario, quel circuito viene cancellato dal giro mondiale (vedi Monza, Spa, Le Castellet, Rijeca, Salzburgring, Nurburgring, Hockenheim per non parlare del TT ecc.). Non vogliamo qui ripetere cose scontate sulla sicurezza e sui piloti: la sicurezza viene prima di tutto ma il rischio nelle corse non è eliminabile. Anche senza il “dosso” lo stesso punto del Mugello è pericoloso perché a 350 Kmh se (Dio non voglia!) due piloti in scia si toccano, se un motore si blocca, se una gomma esplode ecc. succede il finimondo in pista e fuori. Sui piloti, con tutto il rispetto, sono loro che rischiano (volontariamente e coscientemente) e quindi hanno il diritto-dovere di esprimersi anche per esperienze e autorevolezza ma, essendo parte in causa e non super partes, non possono essere loro a decidere.
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A scanso di equivoci, ripetiamo: se è vero che tutto deve essere fatto per garantire il massimo di sicurezza sapendo però che (nelle corse) la sicurezza assoluta non esiste e che il “tutto”, anche snaturando curve e circuiti, può portare a snaturare le corse. Da anni, spostando sempre più i GP dall’Europa, c’è la tendenza di correre su circuiti “go-kart”: ciò, per motivi di sicurezza – si dice – ma soprattutto per motivi legati al motociclismo imperniato sul (mini) spettacolo – corse trenino decise nel rush finale, medie basse, gare brevi, curvette, sede stradale molto ampia, vie di fuga da perdersi ecc. – e sul (grande) business grazie alla torta dei diritti televisivi e dello sponsoring.
Difendere circuiti come il Mugello per come sono stati concepiti e per come sono anche oggi non è una questione di cuore legata alla nostalgia dell’amarcord. I 150 mila spettatori assiepano gli spalti di questo meraviglioso impianto perché quel circuito e quell’autodromo è fatto così, grande spettacolo e grande valore tecnico, anche con i suoi rischi. Allora? Non vogliamo liquidare la questione con questa frase: “O si smette con i lamenti o si smette di correre” ma aprire un altro fronte dove c’è un rapporto importante con la sicurezza, quello delle potenze delle attuali MotoGP. Oggi i motori di questi bolidi – pur ingabbiati da regolamenti restrittivi – dispongono di potenze attorno ai 240cv in configurazione gara ma in configurazione di qualifica sono sui 280cv e sul banco prova toccano i 300cv! Potenze poi “governate” in pista dall’elettronica, dall’aerodinamica, da gomme-iper, il tutto assai sofisticato e assai costoso. Insomma, prima c’è la corsa alla potenza, poi c’è la corsa a imbrigliare questa potenza. Forse, più che parlare del “dosso” del Mugello, non sarà ora di discutere (e ridiscutere) delle potenze e delle tecnologie delle attuali MotoGP?
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