SBK, ma Rea “epic-five” non basta: mondiale di “nicchia”
Nella tenaglia fra Formula 1 e Mondiale di ciclismo, il GP di Francia che segna un passaggio storico della Sbk con il quinto titolo iridato consecutivo al binomio Rea-Kawasaki, non ha avuto riscontro sui grandi media. Perché?
La sintesi di questa stagione rocambolesca con Rea e la Kawasaki sugli altari e Bautista e la Ducati nella polvere sta in una spiccia dichiarazione del 32enne irlandese dopo la vittoriosa galoppata in Gara2 al Magny Course che, complice anche l’incidente fra Razgatlioglu e Bautista, gli consegna con due gare di anticipo il titolo mondiale Sbk, la sua quinta corona iridata consecutiva. “Noi non ci arrendiamo mai!”. Questo ha detto “epic-five”. Parole come pietre perché tradotte in fatti, corsa dopo corsa, prima durante dopo ogni round. Una constatazione che sa di monito e pesa quanto una sentenza. E’ questa la faccia vincente della medaglia dove, dall’altra parte – quella della sconfitta – Bautista come pilota e Ducati come Team e Casa hanno di che riflettere per capire fino in fondo il “perché” di una dura sconfitta alla Waterloo. La svolta di Imola con la prima vittoria di Rea dopo i primi quattro round trionfali di Bautista sulla inedita Rossa V4 vista come “castigamatti” (data la differenza di potenza e di velocità tradotti in tempi sul giro da paura e con distacchi in gara disarmanti!) non è stata colta da Borgo Panigale come segnale di allarme per unire le forze e rilanciare la sfida ma come inizio di dissapori e increspature fra pilota e squadra/Casa via via sempre più profonde con le note conseguenze negative gara dopo gara, l’epilogo di un campionato gettato alle ortiche e di un sodalizio infine saltato, con conseguenze assai incerte per entrambi, misurabili solo nel 2020. Nel motociclismo, sport individuale per eccellenza, quando si sale sul gradino più alto del podio in gara e quando si conquista l’alloro del titolo iridato, la vittoria è di tutti, pur se nelle dovute proporzioni. Quando si perde non è così perché prevale lo scaricabarile delle responsabilità fra pilota-Team-Casa dove sovente nel mirino viene messo il soggetto più esposto (chi sale sulla moto), in veste di “capro espiatorio”. Ducati, cui vanno tanti meriti in Sbk e in MotoGP, è spesso caduta in questo limite/errore, ogni volta tradottosi in boomerang.
Considerazione finale, per ora. Pur con la corsa al titolo chiuso anzitempo pro Rea-Kawasaki e quindi di forte interesse sotto il profilo tecnico-agonistico e benzina sul fuoco per interrogativi stimolanti e polemiche vecchie e nuove, il round di Magny Cours non ha avuto, non solo in Italia, un adeguato riscontro mediatico. Nella tenaglia fra la Formula 1 e il Mondiale di ciclismo, il GP di Francia che segna un passaggio storico della Sbk con il quinto titolo iridato consecutivo al binomio Rea-Kawasaki mettendo nella polvere una Casa dal blasone quale la Ducati, non ha avuto riscontro sui cosiddetti grandi media, di fatto ignorato dalle grandi emittenti Tv e dai grandi quotidiani cartacei e web. Inutile aggrapparsi agli specchi con i soliti “se” e i soliti “ma” o fare il pianto del coccodrillo. La situazione è questa – non solo in Italia – e di questa realtà si deve prendere atto, cercando di capire perché e che fare per cambiarla. La Sbk, questa Sbk, è sport di “nicchia”. Un round o un campionato possono essere più o meno combattuti con gaudio o disgusto degli appassionati ma la sostanza non cambia perché comunque vada in pista non c’è poi interesse mediatico adeguato. Qui si torna all’interrogativo se è nato prima l’uovo o la gallina: i media snobbano la Sbk perché non interessa al grande pubblico o il grande pubblico non è interessato alla Sbk perché i grandi media la snobbano. Così ci si avvita in una spirale negativa senza via d’uscita. C’è una questione di “prodotto”. Cioè questa SBK è poco appetibile, con una identità non definita, con campioni di scarso carisma, incapace di reggere il confronto-scontro con la ben più apprezzata quotata seguita MotoGP. E qui si torna, come nel gioco dell’oca, alla casella di partenza. Cioè cosa il promoter unico dei Mondiali (Dorna) vuole che sia la Sbk: se davvero è interessata a rilanciarla con uno spazio autonoma dalla MotoGP o si limita a un campionato di serie B, importante che non intacchi la “classe regina” considerata da tutti la gallina dalle uova d’oro. Il tentativo di raddrizzare la barca della Sbk con regolamenti farlocchi non ha risolto questa situazione che era e resta di crisi. Il 2020 si annuncia, come di solito s’annuncia la nuova stagione, bollente. Il rischio è che tutto resti come prima.