MotoGP: Rossi, 10 anni fa l’ultimo titolo iridato

Rossi, 10 anni fa l'ultimo titolo iridato. Il Doc non vince una gara dal 25 giugno 2017, in Olanda ad Assen, avviandosi a chiudere male una delle stagioni più negative della sua lunga e splendida carriera

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 24 ott 2019
MotoGP: Rossi, 10 anni fa l’ultimo titolo iridato

Il 25 ottobre 2009, esattamente 10 anni fa, l’allora 30enne Valentino Rossi vinse il suo nono titolo mondiale. L’asso di Tavullia pareva all’epoca lanciatissimo per conquistare altre corone iridate, addirittura in grado di bruciare ogni record, persino quello dei 15 titoli mondiali di Giacomo Agostini. Non fu così. Perché il Doc, pur vincendo altre battaglie, da allora ad oggi ha sempre perso tutte le guerre. I motivi sono diversi e non è questa la sede per ricordarli, ripetendoci. Prima del round di Phillip Island, Jeremy Burgess, non proprio l’ultimo arrivato (già capotecnico di Spencer, Gardner, Doohan e dello stesso Rossi che con lui vinse l’ultimo titolo della 500 e che con lui visse il non felice biennio in Ducati), dice la sua sullo “status” di Rossi, una bocciatura dal sapore di una sentenza: “Vale finisce la gara nella stessa posizione in cui si è qualificato. Forse è rimasto in giro un po’ troppo a lungo”. Dipendesse da lui, Jeremy darebbe quindi al suo ex pupillo il “benservito”. Una opinione come tante altre (ci sono pure quelle che affermano il contrario), ma indubbiamente assai autorevole, che cade come un macigno sugli interrogativi rispetto al futuro agonistico del pilota pesarese. Di fronte al “dubbio amletico” sul correre solo nel 2020 o anche nel 2021 e magari oltre, Burgess taglia corto, lasciando intendere che per il Dottore è giunta l’ora dell’addio alle armi.

Non è Rossi, dunque, il pilota che darà l’assalto alla vetta dei 15 titoli di Agostini ma sarà presumibilmente il “nemico” Marc Marquez – già lanciatissimo a 26 anni con i suoi 8 Mondiali – ad agganciare presto i 9 titoli di Valentino (il piano nobile in compagnia di Ubbiali e Hailwood) e tentare l’impresa delle imprese per il campione dei campioni, il più titolato di sempre. Rossi, come detto, non vince un titolo mondiale da 10 anni e non vince una gara dal 25 giugno 2017, in Olanda ad Assen, avviandosi a chiudere male una delle stagioni più negative della sua lunga e splendida carriera, forse la peggiore in assoluto. Che succede? Che i (molti) problemi tecnici accusati da Rossi sulla sua M1 restano e non sembrano risolti o addirittura risolvibili a breve. Ma, proprio perché le “stesse” Yamaha usate dal 9 volte campione del Mondo marchigiano dimostrano invece di essere competitive in mano a Quartararo (M1 satellite), Vinales (M1 ufficiale), Morbidelli (M1 satellite), diventano ancora più preoccupanti le opache prestazioni del Doc, a dimostrazione di difficoltà oramai croniche, con pilota e Team in “stato confusionale”.

Ora, in questi casi, è difficile dire se è nato prima l’uovo o la gallina, se cioè i risultati non arrivano per limiti del pilota, della moto, del Team. Questo è oggi, piaccia o no, lo stato della fiera. Che non cambia di una virgola il giudizio eccellente su un fuoriclasse dalla carriera straordinaria, vincente in tutte le categorie con moto di diverse Marche: un campione carismatico che ha contribuito a rendere il motociclismo sport di massa a livello internazionale, ben oltre i suoi tradizionali confini degli appassionati. Una realtà che però pone dubbi sulla possibilità che, a ridosso dei 41 anni, Rossi possa tornare alle vette e agli splendori del passato. Forse il problema, più che nelle deficienze della M1, stanno nella “rivoluzione” portata da Marquez il “cannibale” e nell’entrata sulla scena delle nuove leve, a cominciare da Quartararo. Nessuno può comunque dire a Rossi quel che deve fare. Sarà lui, ovvio, a decidere quando attaccare il casco al chiodo. Sapendo che o la musica cambia o, prima o poi, qualche nota stonata salirà dagli spalti inficiando le marce trionfali dei tempi che furono.

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