MotoGP: Valentino Rossi, ultima chiamata?

Sepang e Valencia, o Rossi torna "super" o si avvia a chiudere la sua peggior stagione di sempre proiettando interrogativi sul 2020 e sul proprio futuro di pilota

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 30 ott 2019
MotoGP: Valentino Rossi, ultima chiamata?

Negli ultimi due round 2019 del 3 novembre a Sepang e del 17 novembre a Valencia per Valentino Rossi non sarà facile raddrizzare una stagione avara di soddisfazioni con risultati ben al di sotto delle aspettative. Dopo Phillip Island l’asso pesarese è settimo in classifica generale (153 punti) dietro al 6° Fabio Quartararo-Yamaha (163), poi 5° Petrucci-Ducati (169), 4° Vinales-Yamaha (176), 3° Rins-Suzuki (183), 2° Dovizioso-Ducati (240), 1° Marquez-Honda (375), dominatore assoluto del campionato e già iridato con quattro round di anticipo. Rossi addirittura rischia anche la settima piazza finale nel mirino dell’8° Miller (141) e con lo stesso 9° Crutchlow (133) ristabilitosi e in recupero dopo il secondo posto nell’ultimo GP d’Australia. Nei primi 17 Gran Premi Rossi è salito sul podio solamente due volte, agli inizi, con due secondi posti in Argentina e in America. Poi solo piazzamenti medi-mediocri, spesso anche “fortunosi”, assai lontani dal podio e appesantiti da quattro “zeri”. Quest’anno il Doc non ha mai brillato neppure in prova e in qualifica, a differenza di Vinales e di Quartararo (e anche di Morbidelli), spesso con le loro Yamaha in prima fila e anche in pole.

Insomma, finora in questa stagione Valentino ha proceduto col passo del gambero. Quindi, o il 9 volte campione del mondo a Sepang e a Valencia torna a girare con tempi da prima fila in qualifica, convincendo con una gara da podio alto, o si avvia a chiudere la sua peggior stagione agonistica di sempre proiettando interrogativi sulla prossima stagione e sul proprio futuro di pilota. Partito anche quest’anno con l’ambizioso obiettivo del decimo titolo (oramai una chimera ossessionante), Rossi non solo non ha mai rivestito lo strombazzato ruolo di anti-Marquez (il cannibale ha dimostrato di essere su un altro pianeta) ma non è stato in grado di rappresentare la “seconda forza” in campo e addirittura è uscito fin qui sconfitto nel confronto con gli altri piloti Yamaha, con il suo compagno di squadra Vinales e con il rookie Quartararo sulla M1 satellite, entrambi ben più convincenti e con risultati eclatanti, pur se privi di continuità. Non è qui in discussione né il valore del campione di Tavullia in una carriera straordinaria né tanto meno il suo ruolo di campione carismatico, di corridore-star che ha contribuito non poco a rendere il motociclismo lo sport più popolare dopo il calcio e dopo la F1. Fatto sta che Rossi ha vinto il suo ultimo titolo mondiale (il 9°) il 25 ottobre 2009, esattamente 10 anni fa e ha vinto la sua ultima gara il 25 giugno 2017 (Assen).

Al di là delle pur importanti classifiche e dei numeri negativi pesanti come un macigno sull’andamento di una carriera ben lontana dai fasti del passato, resta oggi una realtà di grande incertezza anche per la prossima stagione, con Valentino – presto 41enne – oramai nel ruolo di “perdente” anche all’interno della Yamaha, incapace non solo di arginare lo “tsunami” Marquez ma anche di non contenere più il sorpasso dei “giovani leoni” e non solo quelli su Yamaha. Questa la realtà. Anche dopo un circuito “amico” come Phillip Island i (molti) problemi tecnici accusati da Rossi sulla sua M1 restano e non sembrano risolti o addirittura risolvibili a breve. Ma, proprio perché le “stesse” Yamaha usate dal 9 volte campione del Mondo marchigiano dimostrano invece di essere competitive in mano a Quartararo (M1 satellite), Vinales (M1 ufficiale) e, pur a corrente alternata, anche a Morbidelli (M1 satellite), diventano ancora più preoccupanti le opache prestazioni del Doc, a dimostrazione di difficoltà oramai croniche, con pilota e Team in “stato confusionale”. La fiammata a Phillip Island del sorpasso alla prima curva che lo ha riportato al comando è degna di nota ma un fuoco di paglia, troppo poco per dimostrare l’inversione di marcia rispetto alle troppe prove precedenti assai poco convincenti. Quando poi alla fine si finisce ottavo dietro al Dovi, a Iannone sull’Aprilia, a Mir, a Bagnaia a un filo dal podio (composto dal tris Miller 3°, Crutcholow 2°, Marquez 1°) a quasi 16 secondi di distacco dalla vetta dove a mezzo giro dalla fine c’era anche il compagno di squadra Vinales in bagarre con Marquez, ci si può aggrappare a ogni “se” e a ogni “ma” illudendosi su un futuro diverso dal presente capace di riportare ai fasti del passato. La storia del motociclismo è piena di grandi campioni che da dominatori sono passati via via nel ruolo di comprimari (di lusso) innescando la parabola che li ha condotti al tramonto. Valentino non è un pilota per “fare numero” in pista e merita di uscire (a fine 2020?), oltre che a testa alta, da vincente. Mai dire mai. Comunque vada, il Doc merita il rispetto e gli onori di un “grande” straordinario campione, inimitabile personaggio.

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