Jonathan Rea: "Sono credente, ecco perché guardo sempre il Cielo"
Ai microfoni di WorldSBK.com il nordirlandese ha parlato anche della MotoGP: "Mi sarebbe piaciuto, ma non ho rimpianti"
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Foto: Half Light Photographic
Con ben 88 successi in WSBK e cinque titoli mondiali, Jonathan Rea è diventato il pilota più vincente della storia delle derivate di serie: un traguardo strepitoso che lo mette, numeri alla mano, al di sopra di leggende come Carl Fogarty e Troy Bayliss. Dopo l’ultimo appuntamento stagionale, il round di Losail, il portacolori del team Kawasaki KRT ha concesso una lunga intervista ai microfoni di WorldSBK.com, a cui ha rivelato anche aspetti molto personali della sua vita personale e sportiva.
Nato in Irlanda del Nord nel 1987, Johnny ha debuttato nel mondo del motociclismo grazie al padre: “Geograficamente è stato difficile provenire dall’Irlanda del Nord. Quando ho iniziato a gareggiare io e mio padre ogni fine settimana dovevamo prendere una barca per l’Inghilterra (…) Papà mi ha gestito in modo perfetto, mi ha capito persino nei momenti più difficili e penso che lui mi abbia formato e tutto quello che ha fatto ha avuto una grande importanza anche per tutti i risultati che ho ottenuto”. Dopo molti anni in sella, però, tutti quegli sforzi sono stati ripagati con grandi soddisfazioni: “Nel 2016 stavo pensando al ritiro. In passato il mio obiettivo era quello di vincere almeno un Titolo Mondiale. Mio nonno mi diceva sempre: ‘Un giorno diventerai Campione del Mondo’ ed ho portato sempre con me questa frase. Dovevo raggiungere questo obiettivo. Alla fine del 2015 potevo ritirarmi felicemente ma correre mi piace ancora troppo. Il mio obiettivo ora è quello di provare a continuare a vincere ancora dato che mi diverto troppo!”.
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Quanto è destinata a durare l’“Era Rea”, una parabola sportiva che sino ad ora ha visto Jonathan dominare un intero lustro nel Mondiale Superbike? “Non sono abbastanza stupido da pensare che vincerò per sempre. So che arriveranno nuovi piloti o nuove moto o pacchetti, forse un infortunio, ci saranno momenti difficili ma voglio provare a continuare ciò che sto facendo ora. Vediamo!”.
Il binomio Rea-Kawasaki sembra semplicemente imbattibile, ma dietro ai successi del duo in verde non ci sono “solo” un pilota fenomenale e un’ottima moto: “Circondati di buone persone” è il primo consiglio che mi sento di dare a chi fa parte del nostro ambiente (…). I ragazzi del team KRT per me sono dei fratelli e mi piace molto vivere il fine settimana quando c’è da impegnarsi tanto. Dopo una giornata difficile non vedo l’ora di andare a cena, di sedermi con i ragazzi e scherzare sulla normalità. Nel WorldSBK, la parte ingegneristica è importante ma a fare la differenza è la componente umana. Ho vinto Titoli Mondiali grazie all’ottimo pacchetto che avevo, ma non solo dato che devi saper gestire le aspettative e soprattutto mentre guidi devi divertirti”.
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Fare il pilota, però, non è tutto rose e fiori: significa rinunciare, almeno in parte, agli affetti e alla “vita normale”. Johnny questo lo soffre molto, e non lo ha mai nascosto: “Avere una famiglia è la cosa più difficile nella vita e che ti fa capire che oltre alle gare c’è molto altro. Amo questo sport, le moto sono tutto quello che conosco, ma so anche che questa è una vita egoista. Sei sempre in viaggio e non è normale quando hai due figli piccoli. Il mio futuro dipenderà da quello che faranno i miei figli”.
“L’equilibrio nel WorldSBK è perfetto e posso anche avere un certo livello di normalità a casa” ha proseguito “La differenza più grande tra vincere il mio primo Campionato e ora è che le persone hanno molto interesse e io sono molto impegnato per ragioni di marketing. Ma riesco ancora a fare il papà, il marito e ragazzo normale anche mentre sono impegnato negli allenamenti o con i vari media”.
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Vederlo in MotoGP sarebbe stato il sogno di molti tifosi, ma quel treno sembra ormai passato e il diretto interessato non sembra farne un dramma. “Una piccola parte di me avrebbe voluto avere una chance in MotoGP con un pacchetto competitivo” ha confessato “Ma non c’è mai stata questa possibilità e quindi non posso avere rimpianti. Ho fatto un sacco di errori, ma non ho rimpianti”.
In chiusura Johnny si è soffermato su un aspetto molto intimo e privato della sua vita, la religione: “Qualcosa che nessuno sa è che ho una grande fede e sento che qualcuno mi stia guardando. Quando sono confuso, chiedo aiuto e ricevo ottimi consigli”. “Ricordo che quest’anno nel corso di una gara uscendo dai box ho chiesto aiuto ed è successo qualcosa che non posso raccontare e che ha cambiato completamente la stagione” ha concluso “Ecco il motivo per cui nel corso del giro di rallentamento guardo sempre il cielo”.
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