MotoGP, la “questione” dei fratelli Marquez ripropone l’interrogativo: chi comanda nel motomondiale?

Dopo l'addio alle corse di Jorge Lorenzo e l’ingresso-bomba di Alex Marquez nello stesso team ufficiale Honda-HRC del fratello maggiore Marc, si susseguono interrogativi e polemiche

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 22 nov 2019
MotoGP, la “questione” dei fratelli Marquez ripropone l’interrogativo: chi comanda nel motomondiale?

Dopo l’ingresso-bomba di Alex Marquez nello stesso team ufficiale Honda-HRC del fratello maggiore Marc, si susseguono interrogativi e polemiche. Tutto legittimo, per carità. Vale sempre l’aforisma di Oscar Wilde: “Non importa che se ne parli bene o male. L’importante è che se ne parli”. Già. Ma cogliere questa occasione per “quantificare” il potere di Marc Marquez nel Motomondiale non solo significa scoprire l’acqua calda ma sollevare una questione di lana caprina. Intanto perché, pur in un quadro generale oggi totalmente diverso (non solo nel motociclismo), è sempre stato così. Chi vince dominando per lungo tempo ha il potere di influenza e di orientamento che può condizionare chi comanda (una volta la FIM, poi la DORNA): ciò in riferimento al pilota o alla Casa costruttrice. Non c’è bisogno di scomodare la storia del Mondiale per cercare conferme. Chi mostra incredulità per la formazione della nuova coppia della premiata Ditta dei fratelli Marquez farebbe bene a “scendere dal pero” guardando in faccia la realtà di una MotoGP dove il “potere” da oltre un ventennio è targato DORNA, con Don Carmelo unico “deus ex machina”. Il resto – compreso i piloti e la formazione delle squadre – conta, e può incidere come è stato nell’era delle Case italiane ante 1957, poi di quella anni ‘60 della MV Agusta (e Agostini), quindi nell’epopea dorata ultra decennale di Valentino Rossi e come è negli ultimi anni nell’era Marquez, ma il pallino è in mano a Ezpeleta.

La questione nazionalistica, piloti spagnoli ecc., è fuffa: alla multinazionale DORNA, e ai suoi azionisti della imperante globalizzazione, interessa il business e tutto gira e si fa girare in funzione del business. I due Marquez insieme nel Team number one del Motomondiale sono il nuovo leit motiv della stagione 2020: ciò fa (già) notizia (a prescindere) e crea interesse e alimenta il giro economico per cui non si vede proprio come la soluzione decisa da Honda possa dispiacere a DORNA. Tradotto in immagine e comunicazione, cioè in soldoni, DORNA ha già fatto “tombola!”. Dorna non è stata esclusa dalla vicenda ma, pur con discrezione, ha esercitato un ruolo di osservatore speciale e di “filtro” soprattutto con l’obiettivo di tradurre il problema (della sostituzione in HRC di Jorge Lorenzo dopo il suo addio alle corse) in opportunità: una occasione per portare “valore aggiunto” al campionato sempre in cerca di nuovi stimoli e garantire a tutti la grande “torta” da dividere sulla base dei risultati. Davvero si può pensare che, con tutto il rispetto per Crutchlow e Zarco, l’ingresso in HRC di uno di questi due piloti avrebbe suscitato lo stesso interesse che far correre insieme due fratelli (non due qualsiasi: un 26enne 8 volte campione del Mondo e un 23nne 2 volte iridato) nello stesso grande Team ufficiale, un fatto mai accaduto prima nel motomondiale? E’ davvero si può pensare che o Crutchlow o Zarco in HRC avrebbero costituito nel 2020 un problema per Marc Marquez?

Non scherziamo. Puig. “Abbiamo ingaggiato Alex Marquez in HRC non per il suo cognome ma per i suoi risultati. Honda sta cercando un pilota per il suo futuro e Alex è giovane”. E Rossi: “Alex in HRC? Non ruba niente”. Frasi dovute? Chissà! E’ un fatto che portando Marc e Alex Marquez in HRC la Honda apre una nuova sfida in MotoGP ricca di aspettative e potenzialità ma anche non priva di rischi e insidie sia per il più forte Team del Motomondiale che per i due Marquez, l’uno oggi il più forte pilota in campo, l’altro al debutto nella classe regina. Spetterà poi alla pista, quando sarà ora, dimostrare che l’operazione dei fratelli Marquez insieme in HRC non è stata un buco nell’acqua o un boomerang per gli stessi protagonisti. Resta la questione di fondo: chi decide in MotoGP? In uno sport complesso come il motociclismo non c’è un protagonista unico. Ogni componente è un ingranaggio che fa girare la giostra: ha ruoli diversi e interessi di “parte” che legittimamente vuole difendere. Ci riferiamo ai piloti, alle Case costruttrici, alle Aziende della componentistica, ai team, agli sponsor, alle televisioni, agli organizzatori dei singoli Gran premi, a chi gestisce non solo il motomondiale-MotoGP ma anche il WSBK, il CEV ecc. cioè la Dorna nel ruolo indiscusso di monopolista privilegiato. Le varie componenti non sono quindi sullo stesso piano. Il rischio è che ci sia chi decide per tutti, magari con diritto di… imposizione e di veto. Un “padrone” unico che dice di salvaguardare gli interessi generali ma che poi soprattutto fa gli interessi propri. La Dorna è una Società che sta sul mercato, per cui deve far tornare i conti. Ok. Ma questi suoi conti quanto pesano nell’equilibrio generale delle corse? Dov’è finito il soggetto “super partes” garante degli interessi generali, cioè la FIM (federazione motociclistica internazionale)? Lo sport, quindi anche il motociclismo, deve restare “autonomo” dalla politica. Ma non c’è il rischio che questa autonomia sia un buon pretesto per poter avere carta bianca, senza che nessuno disturbi il “manovratore”? Perché i soldi pubblici (cioè nostri) ci sono anche qui: chi paga gli interventi nei circuiti? Chi sostiene l’industria? Ecco. Un’occasione buona, questa del caso “Fratelli Marquez&C”, per guardare oltre. Magari per gettare, finalmente, un sasso nello stagno.

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