Valentino Rossi “trionfa” al Ranch. Ma è solo show

Rossi, padrone del Ranch, dimostra così di essere anche padrone in pista. Almeno qui. Ben altra aria ha tirato nel mondiale MotoGP, dove il 9 volte campione del Mondo ha raccolto davvero poco

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 2 dic 2019
Valentino Rossi “trionfa” al Ranch. Ma è solo show

Vinta sabato “l’americana”, Valentino Rossi domenica fa il bis con il fratello Luca nella “100 Km dei Campioni”, la tradizionale kermesse pre-natalizia che sull’ovale di Tavullia fa spettacolo e fa notizia. Rossi, padrone del Ranch, dimostra così di essere anche padrone in pista. Almeno qui. Ben altra aria ha tirato quest’anno nel mondiale MotoGP, dove il 40enne pesarese 9 volte campione del Mondo ha raccolto davvero poco. Nel 2020 il riscatto? Sarà dura, ma sognare si può e il Doc ci proverà ancora. Torniamo al Ranch. Dove c’è Rossi c’è show, c’è gran tifo dei fan, forte interesse mediatico e anche un mix di interrogativi, legittimi, e polemiche, anche insensate quanto non strumentali. Fatto sta che a fine stagione questo passa il convento e di questo si parla. Senza girarci attorno, la domanda è una sola: qual è il valore tecnico-agonistico di questa “Americana” e di questa “100 Km dei Campioni”? La risposta potrebbe essere una sola (“chissenefrega!”), o anche un’altra a chi proprio insiste (“che-te-ne-frega?”). Tradotto significa che ognuno a casa sua fa quel che vuole, invitando chi vuole. Il Ranch è “casa Rossi” o “cosa di Rossi”. E punto. Non è obbligatorio correrci, nè esserci. Altro discorso sarebbe voler dare un significato diverso alla tiratissima sfida “privata” tra “quattro amici” facendola passare per una “vera” competizione ufficiale fra campioni di quella specialità, con moto e pista adeguate, con in palio un titolo “vero”. Questa è una competizione tirata ma “leggera” e non si pone altro obiettivo che quello di suonarle in moto coi traversi all’amico-nemico di turno, “fare festa” sapendo che è solo una parentesi per divertirsi e fare divertire. A Dio piacendo.

“Far ridere è una cosa seria”, diceva Totò. “Ed è terribilmente difficile”, aggiungeva il Principe De Curtis. Già. Valentino dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, di saperci fare: non solo tagliando il traguardo davanti (almeno qui!) a una quarantina di piloti che non sono proprio degli illustri sconosciuti contenti di arrivare dietro, ma vincendo nel Gran Premio delle idee e, perché no, in quello della passione che non foss’altro producono interesse mediatico e– proprio grazie al Ranch e a quel che gli ruota attorno – sono la fucina di “galletti” e di “giovani leoni”, vivaio importante per il futuro del motociclismo Made in Italy. Questione di business? Ma non si è ripetuto fino alla noia che questa è l’era del motociclismo show-business, con i suoi “pro” e i suoi “contro”? Ecco, Valentino, al di là anche dei risultati – peraltro complessivamente eccellenti – in pista e fuori, e al di là delle sbavature di percorso – anche queste tutt’altro che insignificanti in pista e fuori – è stato ed è l’emblema di questo motociclismo né migliore né peggiore di quello del passato, ma diverso. Se proprio vogliamo cercare il pelo nell’uovo, c’è caso mai da chiedersi perché, ad esempio, fa più notizia la due giorni “Luna park” del Ranch a Tavullia degli ultimi due giorni di test del WSBK a Jerez. La risposta? Fin troppo scontata proprio perché niente è scontato e si semina sempre quel che si raccoglie, anche nel motociclismo. Valentino, solo per scherzo, ha definito “l’americana” e la 100 Km la “gara più importante dell’anno” dimenticandosi di aggiungere che è anche la “gara dei record”: delle risate e degli sfottò. Suvvia, ridere fa bene. A tutti.

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