“Collare d’Oro” Coni: senza Rossi, per i tiggì il motociclismo non c’è

"Collare d'Oro" a dieci piloti di diverse epoche comprendenti un arco temporale di 68 anni, titolari complessivamente di ben 25 titoli mondiali di motociclismo

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 17 dic 2019
“Collare d’Oro” Coni: senza Rossi, per i tiggì il motociclismo non c’è

Sono stati consegnati ieri a Roma presso la Palestra Monumentale di Palazzo H dal premier Conte e dal presidente del Coni Malagò i “Collari d’Oro”, la più alta onorificenza dello sport italiano. Il motociclismo, presenti il presidente FMI Giovanni Copioli e il Segretario generale federale Alberto Rinaldelli, ha fatto la sua parte con dieci piloti premiati, a cominciare dal neo campione del Mondo Moto3 Lorenzo Dalla Porta, primo italiano a conquistare l’iride nella categoria cadetta del Motomondiale. Insigniti dell’alta onorificenza i piloti iridati prima del 1995, anno in cui fu istituito il riconoscimento Coni: lo splendido 90enne Carlo Ubbiali, 9 volte campione del Mondo (in 125: 1951, 55, 56, 58, 59, 60; in 250: 1956, 59, 60); Pier Paolo Bianchi, tre titoli (in 125: 1976,77,80); Luca Cadalora, tre titoli (in 125: 1986; in 250 1991,92); Eugenio Lazzarini, tre titoli (in 125: 1978; nella 50: 1979, 80); Fausto Gresini, due titoli (in 125: 1985, 87); Alessandro Gramigni, un titolo (in 125: 1992); Mario Lega, un titolo (in 250: 1977); Marco Lucchinelli, un titolo (in 500: 1981); Franco Uncini, un titolo (in 500: 1982).
Insomma, dieci piloti di diverse epoche comprendenti un arco temporale di 68 anni, titolari complessivamente di ben 25 titoli mondiali di motociclismo, sport che ha permesso all’Italia di raccogliere risultati di assoluto valore e riconoscimenti prestigiosi e tenere alto il tricolore a livello internazionale. L’alto riconoscimento era già stato assegnato in passato, fra i pochissimi altri centauri tricolori, alle nostre due punte di diamante: il 15 volte campione del Mondo Giacomo Agostini e il 9 volte iridato Valentino Rossi.

Grandi piloti, grande motociclismo, grande sport. Tutto bene, dunque? Dipende. Perché anche in questa occasione in cui il Coni ha premiato i titolari di ben 25 titoli mondiali di motociclismo (i piloti italiani svettano con ben 79 titoli iridati conquistati dal 1949 davanti a quelli del Regno Unito (53), Spagna (52), Germania (40), Svizzera (18), Stati Uniti (17), Australia (11), Giappone (8) ecc.) i riscontri mediatici sono stati assai scarsi e addirittura i cosiddetti grandi tiggì delle cosiddette grandi emittenti televisive si sono “dimenticati” della presenza dei nostri corridori e dei loro riconoscimenti frutto dei risultati straordinari che fanno onore al nostro sport e al nostro Paese. Qui non si vuole certo sottovalutare quel che rappresentano i campioni di altri sport, ci mancherebbe! Fatto sta che, specie nei tiggì, si fanno due pesi e due misure con le (rare) eccezioni che confermano questa realtà, quanto meno di sottovalutazione del motociclismo e dei suoi esponenti. Lo sport, si sa, oltre al fatto agonistico, vive di importanti riflessi mediatici, fra popolarità e audience, passione e business. Non è questa la sede per approfondire una questione complessa quanto discutibile, resta il fatto che ci sarà pure un motivo se le tv spendono l’85% del budget per il calcio e da questo poi discende il resto. Il calcio, specie in tv, resta il motore dell’informazione sportiva ma, come nel caso della copertura televisiva della cerimonia dei “Collari d’Oro” si dimostra che i criteri per dare spazio a certi sport e ai loro atleti sono anche “parziali” basati sulle regole dello sport show-business e anche sull’ignoranza (voce del verbo ignorare) dei media. Al binomio sport-tv si aggiunge il terzo elemento (fondamentale), lo sponsor. Neppure un 22enne che per la prima volta conquista per l’Italia un titolo Mondiale (Moto3) fa notizia. Idem per chi, a 90 anni, riceve il “Collare d’Oro” per i suoi 9 titoli iridati. Così per gli altri campioni. E se fra i premiati ci fosse stato anche Valentino Rossi? La risposta viene da sola: basta “pesare” la (forte) copertura mediatica alla recente 12 Ore del Golfo di Abu Dhabi. E’ una questione legata al campione carismatico, al campione-star anche quando i grandi risultati sono solo un ricordo? E se fosse anche (o soprattutto) una questione culturale?

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