Rossi e il “chiodo fisso” delle 4 ruote: gatta ci cova!
Se Rossi non torna ai vertici agli inizi 2020, il suo destino in MotoGP è segnato
Se, come dice l’antico adagio “A Carnevale ogni scherzo vale”, a Natale e dintorni non è uno scherzo quel che Valentino Rossi dice e ridice sul suo prossimo futuro da corridore. Che barba, si dirà! Sì, ma questo passa il convento e il motociclismo è, piaccia o non piaccia, soprattutto “questo” negli ultimi due decenni, vuoi per i risultati ottenuti in 20 anni e passa di carriera dal Doc, vuoi per la costruzione mediatica del personaggio cui va il merito di aver portato le corse oltre lo zoccolo duro degli appassionati facendolo diventare sport trasversale di massa. In Italia e zone limitrofe la notizia c’è se c’è Valentino. Il resto, tutt’al più, fa da contorno. Punto. Che c’è, allora, di nuovo, in questo periodo di pausa invernale e di “stanca” mediatica di fine anno? C’è che Valentino, dopo il suo recente podio nella 12 Ore del Golfo al volante di una Ferrari V8 da 500 CV, a destra e manca insiste su questa sua esperienza che lui definisce: “bellissima, chiusa con la ciliegina sulla torta: primi di categoria, ma soprattutto terzi over all, contro piloti veri”. Rossi, si sa, non fa e non dice niente a caso, per cui se nei suoi ultimi interventi l’automobilismo Endurance diventa dominante, addirittura ricordando i suoi primi passi con il kart come a voler sottolineare di essere un predestinato per le quattro ruote mettendo in secondo piano la MotoGP, “gatta ci cova”.
Tutti sanno che nella prima parte della stagione 2020, a cominciare dai test di Sepang e Losail finendo con il GP d’Italia al Mugello di fine maggio, si decideranno le sorti del futuro agonistico dell’asso di Tavullia. O, quanto meno, recupera il gap 2029 sul giro secco e tiene (almeno) il passo degli altri piloti Yamaha, o il destino del 9 volte campione del Mondo in MotoGP è segnato. Insomma, la stagione 2020 è per Rossi l’ultima spiaggia. Di fronte alla eventualità-quasi-certezza di un nuovo dominio del binomio Marquez-Honda e di prendere paga anche dai sempre più famelici “giovani leoni” (alcuni proprio in Casa), non basterà più dire: “Non vince ma resta comunque competitivo. E alla prossima si rifarà”. Rossi lo sa bene, avendo già preso le misure nel 2019, non senza l’amarezza di constatare di essere lui adesso il “non vincente”. Se 2+2 fa 4 e se è questo il vento che tira, lo sbocco di questa vicenda è segnato. A meno che l’ormai 41enne pesarese non si accontenti di passare in seconda fila (anche in terza) imboccando inesorabilmente e nel modo peggiore il viale del tramonto agonistico in MotoGP. A quel punto, il passaggio dal motociclismo (al massimo livello in classe regina) all’automobilismo (non certo nell’empireo della Formula uno), diventa lo sbocco “obbligato”. Ecco perché c’è, sul piano mediatico, tutto questo rullar di tamburi, con l’obiettivo di dimostrare che l’addio alla MotoGp e il passaggio all’Endurance è “normale” e previsto: in sostanza campionati dello “stello livello”. Ciò anche per cercare di preparare il terreno e spostare la marea “gialla” dei fan di Valentino che riempiono gli spalti degli autodromi e fanno audience in Tv, dalla MotoGP all’Endurance. Aspettare per credere.