Moto3, lo show c’è. Ma quanto vale per il passaggio in Moto2 e MotoGP?

C’è attesa per la Moto3, specie in Italia, dopo che la scorsa stagione il titolo è stato conquistato per la prima volta da un nostro “giovane leone”, Lorenzo Dala Porta, passato in Moto2

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 18 gen 2020
Moto3, lo show c’è. Ma quanto vale per il passaggio in Moto2 e MotoGP?

C’è attesa per la Moto3 2020, specie in Italia, dopo che la scorsa stagione finalmente il titolo è stato conquistato per la prima volta da un nostro “giovane leone”, Lorenzo Dala Porta, passato in Moto2. Gli italiani saranno protagonisti anche quest’anno con piloti e Team all’altezza. La Moto3, la cosiddetta classe cadetta, piace al pubblico sui circuiti e in televisione perché in pista è combattuta e fa show. Questo vogliono i fedeli e questo passa il convento. Mentre in passato le “piccole cilindrate”, a cominciare dalla 125 sostituita proprio dalla Moto3 seppur di 250 cc., servivano a formare anche tecnicamente i giovani piloti per il passaggio alle categorie superiori, oggi nella classe d’ingresso del Motomondiale ci si forgia per lo più sul piano agonistico, nella bolgia delle qualifiche e di corse-trenino con volatoni finali-show, da cardiopalma. Tutto ciò a causa dei regolamenti che impongono un “appiattimento” tecnico e anche perché in questa categoria sono oramai solo due le Case impegnate: Honda e Ktm, sostanzialmente con moto che si equivalgono. Non ripetiamo qui quanto più volte detto: l’obiettivo principale del contenimento dei costi per cui era nato il progetto Moto3 con motore 250 cc. monocilindrico bialbero 4 tempi è fallito anche per le caratteristiche di un propulsore – tant’è se ne dica – ben più sofisticato del precedente 125 2 tempi e costruito con materiali quasi da MotoGP, elettronica esclusa. Mentre è stato raggiunto l’altro obiettivo cui Dorna e Fim ambivano principalmente, quello delle corse-show.

Specie dopo le ultime stagioni, sorge il dubbio se qui vince davvero il pilota “migliore”. Se chi vince ha sempre ragione, il quesito neppure si pone. Fatto sta che gli interrogativi rimangono. Vuoi per le qualifiche diventate una questione di tatticismi esasperati al limite del ridicolo (con i piloti fermi nel proprio box a volte oltre il tempo massimo per non entrare in pista ed evitare di offrire agli avversari la scia e all’opposto buttarsi in pista per prendere la ruota altrui…), ma vuoi anche per corse-ammucchiate con la metà dei concorrenti in fila indiana dove passare dalla testa alla coda è questione di uno… starnuto. Non che il manico del pilota non conti, tutt’altro, ma oramai a fare la differenza è l’affiatamento con la squadra, l’esperienza del Team, l’affinamento di strategie e di tattiche di tipo… militare. Team, peraltro, che ha le mani legate sul piano tecnico essendo i motori sigillati e la stessa elettronica non consente interventi importanti, mancando ad esempio il controllo di trazione ecc. Si lavora molto sull’assetto e sulla … psicologia, sperando nella buona stella e nelle… disgrazie altrui. Il salto dalla Moto3 alla Moto2 c’è ma anche qui torna la stessa questione in una categoria da show ma tecnicamente “povera”, con moto che adottano tutte lo stesso propulsore Triumph e quindi con qualifiche-ammucchiate e corse-trenino. Il vero salto resta quello in MotoGP, dove, pur nella tenaglia di regolamenti dalla stessa filosofia di corse-spettacolo con in più la tagliola di gomme “furbe” ed elettronica con centralina unica, il pilota fa (ancora) davvero la differenza. Non resta che aspettare quanto sapranno fare nel 2020 gli ex piloti Moto3 passati in Moto2 nel 2018 e nel 2019 e attendere i risultati del neo iridato della classe minore 2029 Dalla Porta debuttante nella categoria di mezzo. Per tutti, l’obiettivo resta la MotoGP. Per i più, una chimera.

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