MotoGP, col coronavirus un “altro” campionato?

MotoGP fra rinvii e cancellazioni: il Motomondiale va salvato e serve quel piano B di “recupero” che forse DORNA non aveva e non ha pronto

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 2 mar 2020
MotoGP, col coronavirus un “altro” campionato?

Non è la prima volta, nella storia del Motomondiale, che un round viene posticipato o addirittura cancellato. Ma è la prima volta che questo accade non per problemi di sicurezza in pista o di meteo ma per un allarme sanitario con il rischio di epidemia generalizzata. Il problema c’è ed è internazionale, anzi globale. Ci riferiamo, evidentemente, al coronavirus e alle ripercussioni nel motomondiale, specificatamente nella MotoGP. La Dorna ha fatto di tutto per far svolgere a Losail regolarmente l’8 marzo il primo round della classe regina ma alla fine le autorità del Qatar con le loro ultime disposizioni sulla sicurezza non hanno consentito altra soluzione se non quella della cancellazione. L’alternativa di mettere in quarantena gli italiani e altri componenti del Circus provenienti da Paesi “a rischio” non poteva essere considerata. La stessa decisione di far disputare comunque le gare della Moto2 e della Moto3 perché già presenti a Losail da giorni per i test lascia perplessi sollevando interrogativi e polemiche e non escludendo altri sbocchi, compreso anche quello della loro cancellazione in zona Cesarini. Così, dunque, una vera e propria sberla, l’apertura stagionale dell’8 marzo. Ancora assai incerte le sorti dei due successivi Gran Premi di Thailandia (22 marzo) e degli USA (5 aprile) e forse anche del GP d’Argentina (19 aprile). A seguire, a questo punto sul filo del trapezio, le prime tre tappe in Europa: Jerez (3 maggio), Le Mans (17 maggio), Mugello (31 maggio).

Insomma, tutto è legato all’evoluzione del coronavirus, non solo in Italia, ma in tutta Europa e nel mondo. E’ un fatto che così il campionato MotoGP già rischia di essere falsato e che il Motomondiale già subisce un duro colpo con ripercussioni negative di cui nessuno oggi può prevederne l’entità. I fatti di queste ore dimostrano che anche lo show del grande sport internazionale deve fare i conti con la realtà. Non si può che prenderne atto sperando che le autorità sanitarie, istituzionali e politiche nazionali e internazionali siano in grado, a breve, di far fronte a questa situazione di emergenza arginando e bloccando l’epidemia che, al di là degli aggettivi, tale resta e fa danni alle persone e non solo. Altre discipline sportive e altri campionati motoristici (vedi la Formula 1 o il WSBK con il round del Qatar già cancellato) sono a rischio subendone i primi contraccolpi. Il Motomondiale va salvato e serve quel piano B di “recupero” che forse DORNA non aveva e non ha pronto. La questione non è che così già salta il record dei 20 Gran Premi stagionali ma che con l’annullamento (possibile) di alcuni GP diventi un “altro” campionato che può alterare i valori in campo e metterne in discussione la sua credibilità. In altre parole, in questi casi, c’è chi può essere favorito e chi danneggiato in ottica di campionato. Ma di fronte a motivi superiori c’è poco da fare. Gli italiani, si sa, sono parte fondamentale del Circus, più degli stessi giapponesi e spagnoli. Non è un fatto di bon ton che i “nostri” siano un po’ considerati quali “untori” e trattati come tali. C’è da sperare, anche qui, che sia solo la conseguenza della quantità dei contagi e non altro: per dirla diversamente, che non siano gli italiani a fare da capro espiatorio. Occhi aperti, dunque. E non solo. Guai soffiare sul fuoco. Vale per tutti. Ma guai aspettare la manna dal cielo.

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